Walid Cheddira, esagerato

Il clamoroso inizio di stagione dell'attaccante del Bari: con 13 gol in 10 partite tra campionato e coppa, è la grande sorpresa della Serie B.

A Venezia i tifosi baresi non si riusciva a contarli. Erano ovunque, compatti in curva, sparpagliati in tribuna, festosi e vivaci sui battelli per raggiungere l’isolotto di Sant’Elena. Un esodo che ai più può dire poco, ma a questi tifosi molto: l’idea di essere ritornati lì dove esiste qualcosa per cui appassionarsi e finanche essere felici, dopo i quattro anni, di purgatorio travestito da inferno, trascorsi tra Serie D e Serie C. A un certo punto, con il risultato fermo sull’1-1, Salcedo lancia in profondità con un gran pallone Walid Cheddira: la situazione ideale per l’attaccante italo-marocchino, che si lancia in avanti, brucia i difensori in velocità, salta il portiere e viene atterrato. Calcio di rigore.

Il momento è decisivo. Non c’è più Antenucci, il rigorista designato, uscito qualche minuto prima dal campo dopo aver realizzato la rete dell’1-0. Tocca quindi a Cheddira. Sotto la curva occupata dai tifosi baresi, l’oooh di attesa aumenta la tensione tutt’intorno. Non quella dell’attaccante 24enne: rincorsa, piccola finta, apre il piattone. Portiere da una parte, palla dall’altra. Dagli spalti si leva un coro che non si sentiva da fin troppo tempo. Inneggia a “Walino”, come lo hanno soprannominato i tifosi del Bari, un diminutivo tipicamente barese che sembra sottintendere: sei uno di noi. Quel coro era stato riservato, negli anni dell’ultima promozione in Serie A, quando c’era Antonio Conte in panchina, a Paulo Vitor Barreto (lui, soprannominato “Vitino”). Una specie di viaggio indietro nel tempo.

I gol di “Walino”, in questo avvio di stagione, sono stati 13 in 10 partite, tra campionato e Coppa Italia. Cinque in due gare di Coppa, otto su otto in B. Segna, in pratica, una rete ogni 66 minuti. Nella scorsa stagione, la sua prima a Bari, in Serie C, aveva realizzato sette gol complessivi. Aveva cominciato da titolare, poi era scivolato un po’ indietro nelle gerarchie, con Paponi preferito titolare al fianco di Antenucci, qualche volta si era accomodato in panchina per far spazio a Simeri, finché non aveva riconquistato un ruolo importante nelle settimane decisive del campionato. Un anno in cui aveva lasciato intravedere tutte le sue qualità – rapidità, capacità di allungare la squadra e tenere perennemente in apprensione la difesa avversaria – ma che era stato povero sotto l’aspetto realizzativo (le maggiori perplessità sul suo conto vertevano, appunto, sulle molte occasioni sbagliate).

Come per incanto, il Cheddira della Serie B non sbaglia mai: tutto quello che tocca si traduce in gol. In questo avvio di stagione i numeri – impressionanti – sono sufficienti a tratteggiare l’onnipotenza che risiede nei suoi piedi, ma poi c’è molto altro: è un discorso di presenza, perché con lui in campo c’è sempre la possibilità di ribaltare velocemente l’azione – e in questo senso il Bari di Michele Mignani ha una tipologia di gioco diretta in grado di esaltare le qualità dell’italo-marocchino – o di agevolare un’uscita pulita giocando palla a terra. Il modo in cui è complementare con le caratteristiche del suo partner d’attacco, Antenucci, è un ulteriore plus nella pericolosità della squadra biancorossa: l’ex Spal arretra per cucire il gioco e al tempo stesso libera lo spazio per Cheddira, che può così sfruttare la sua velocità in profondità. Non è perciò sorprendente che il Bari, rivelazione fin qui del torneo, al primo posto con 18 punti insieme alla Reggina, abbia il miglior attacco del campionato, con 18 reti. Nella classifica marcatori della Serie B, i primi due sono appunto i titolari del reparto offensivo dei Galletti (13 gol in due).

Al tempo stesso, il Cheddira della B appare molto più completo di quello visto in C: oltre alla spaventosa media realizzativa, infatti, il numero undici biancorosso dà l’impressione di leggere meglio le situazioni di gioco. È cresciuto soprattutto nella capacità di difendere il pallone spalle alla porta – del resto, con quasi 1,90 metri di altezza, il 24enne ha la possibilità di farsi valere con il fisico – ma in generale colpisce per l’istinto di avere la giocata sempre pronta, quasi avesse affinato le sue doti “cerebrali”. Vedere, per esempio, l’azione dell’1-0 contro il Venezia, quando il senso della giocata gli impone, sull’imbeccata di Bellomo, di servire Antenucci di prima intenzione, battendo sul tempo il rientro della difesa avversaria.

Nel frattempo, grazie a quello che sta dimostrando in campo, Cheddira ha guadagnato la prima convocazione con il Marocco, con cui è sceso in campo in due amichevoli a settembre. Nato a Loreto, nelle Marche, l’attaccante barese avrebbe potuto selezionare anche l’Italia, ma ha lasciato intendere che la decisione di rappresentare la Nazionale nordafricana è in pratica definitiva. Oltretutto, il Marocco giocherà i Mondiali: la chiamata per il Qatar appare molto probabile.

La carriera di Cheddira, perciò, sta procedendo speditamente: una traiettoria inaspettata, considerato che appena un anno fa era un attaccante di riserva, una semplice scommessa del bravissimo ds biancorosso Ciro Polito, di una squadra di Serie C, seppur di vertice. Oggi, invece, per Cheddira si parla anche di un probabile sbarco in A a breve termine, con squadre come Sampdoria e Torino interessate a rilevarlo. E pensare che, a 24 anni, per la punta biancorossa si tratta della prima volta in B: nel 2019 giocava ancora in Serie D, con la Sangiustese, dove il Parma lo aveva pescato per poi girarlo in prestito in C, tra Arezzo, Lecco, Mantova e appunto Bari. La società pugliese lo ha riscattato a titolo definitivo quest’anno, per una cifra che è stata molto più bassa dei 700mila euro pattuiti un anno fa: 380mila o 150mila euro (più una percentuale sulla futura rivendita) a seconda dei vari report, comunque una valutazione che fa intendere come il Parma non lo considerasse un giocatore su cui puntare fortemente.

Curiosamente, proprio il Parma è stata l’unica squadra contro cui, finora, Cheddira non ha segnato (anche se, in quell’occasione, si è procurato un calcio di rigore e ha servito un assist): prima c’era stata la doppietta al Padova e la tripletta al Verona in Coppa Italia, poi, dopo la prima giornata a Parma, l’italo-marocchino non si è più fermato, segnando per sette giornate di fila. I gol, appunto: arrivati in tutti i modi. Di rapina, come contro Palermo e Spal, di testa, contro Cosenza e Brescia, o aiutandosi con un controllo sofisticato. Come a Cagliari, la rete probabilmente che più salta all’occhio della lista: sul suggerimento in verticale di Maita, Cheddira si aggiusta la palla con il petto, che gli salta alta ma che riesce comunque a colpire prima dell’uscita del portiere, indirizzandola verso la porta. La riprova di un istinto per il gol, debordato quasi all’improvviso.

Cheddira si è specializzato in altri gol ad alto coefficiente di difficoltà, come quello contro il Cosenza: l’attaccante è bravissimo a coordinarsi di testa e soprattutto a dare contemporaneamente forza e angolo a un pallone quasi senza peso. Un cross all’apparenza innocuo è diventata la palla-gol che ha deciso la partita, con Cheddira di mezzo. Curiosamente, qualche settimana dopo l’italo-marocchino ha segnato un gol molto simile al Brescia, quello del provvisorio 3-0. Ma è il successivo, quello del 4-0, che esplica al meglio la qualità principale del barese: un senso di pericolosità costante. Qui addomestica un pallone un po’ casuale per lanciarsi a rete, bruciando la resistenza avversaria, e toccando morbidamente con il destro per scavalcare il portiere – sottolineando come, quest’anno, abbia dalla sua una freddezza sotto porta sconosciuta lo scorso anno.

Nel complesso, Cheddira sintetizza un po’ tutto quello che oggi viene richiesto a un attaccante moderno: atletismo, forza, versatilità, capacità di associarsi con i compagni, bravura nell’attaccare lo spazio e dare una mano con il pressing anche nelle situazioni senza palla. È un giocatore che, anche in solitaria, tiene in apprensione l’intera difesa avversaria con i suoi movimenti e i suoi tagli. Quando parte palla al piede, poi, lanciato negli uno contro uno, sembra sempre che possa succedere qualcosa. Ha in sé questa sensazione di volare come su un tappeto magico, l’idea di una forza misteriosa che lo sospinge verso la porta. Un senso di leggerezza, quello di tutto il Bari, un senso di rinascita.

 

Foto in evidenza, credits @sscalciobari