Ormai ci siamo, manca una settimana e qualche ora all’inizio dei Mondiali e quindi si possono iniziare a fare dei bilanci. Ovviamente non sul torneo in sé, ma sulla marcia di avvicinamento, e quindi su un tema che mai come quest’anno ha smosso le cronache sportive: gli infortuni dei giocatori candidati a partecipare alla Coppa del Mondo. In questo senso, The Athletic ha fatto un’operazione-verità: partendo dai dati, scremandoli, ha scritto un reportage in cui mostrato come il numero degli infortuni capitati in queste ultime settimane, a ridosso dell’inizio di Qatar 2022, non sia così tanto lontano da quello registrato prima delle edizioni canoniche, disputate in estate. Certo, le defezioni di Pogba, Kanté, James, Di María, Werner e altri big sembrano andare in un’altra direzione, ma qualità e quantità degli infortunati sono parametri lontanissimi tra loro. Basti pensare alla differenza tra infortunio traumatico e infortunio muscolare.
Ma andiamo con ordine: secondo le rilevazioni di The Athletic, gli infortuni registrati nelle migliori 13 Nazionali qualificate sono 42. E la stragrande maggioranza di questi stop (88,1%) di queste sono problemi ai tessuti molli e ai muscoli. Un altro aspetto da tenere in considerazione, ovviamente, riguarda il contesto temporale: siamo a novembre, la stagione dei club – ma anche delle Nazionali – è iniziata da tre mesi o poco meno, e inoltre il mondo del calcio è reduce da due anni e mezzo fortemente influenzati e distorti dalla pandemia. Insomma, non siamo solo al primo Mondiale giocato nell’inverno boreale, ma anche all’apice di un periodo mai così denso di partite. Eppure le statistiche – estrapolate dal sito statistico Dinnery – mostrano che in Premier League, al momento, ci sono 39 calciatori infortunati e quindi in dubbio per un’eventuale convocazione con la loro Nazionale: un numero assolutamente in media rispetto alla vigilia dei Mondiali 2018 (35) e alla fine della stagione 2018/19 (36). Anzi, un numero ben oltre la media si è registrato solo alla vigilia degli Europei 2020, disputati un anno dopo causa pandemia: gli infortuni nel massimo campionato inglese erano 45, ma come detto su questo dato pesava il calendario compresso di una stagione disputata in piena pandemia, dopo che leghe nazionali e coppe europee erano terminate ad agosto.
Sempre guardando alla Premier League, un riferimento perfetto visto che le squadre inglesi sono le uniche nei cinque campionati top a disputare ben due coppe nazionali, i dati di Dinnery mostrano che nelle prime dieci settimane di questa stagione sono state riscontrate 101 lesioni a tessuti molli, rispetto a una media di 99,33 nelle ultime quattro stagioni – da questo confronto è però stata esclusa l’annata 2020/21, quella condizionata dal Covid, nel corso della quale venneri riscontrate addirittura 141 infortuni muscolari. Insomma, al momento si può dire che questo calendario così particolare non abbia prodotto dei cambiamenti significativi nell’incidenza degli infortuni. Lo confermano anche degli esperti in materia: The Athletic ha interpellato Robin Thorpe, componente dello staff sanitario del dipartimento calcistico Red Bull ed ex Manchester United, e secondo lui «i dati non sono ancora sufficienti per dare giudizi definitivi. Alcune cose potremmo saperle e verificarle solo dopo, ma la narrazione relativa all’aumento degli infortuni non può essere verificata. Anzi, ripensandoci bene potremmo dire che i giocatori in inverno sono più freschi, visto che il Mondiale d’estate si disputa dopo una stagione di club durata anche dieci mesi».
Un altro aspetto interessante è stato evidenziato da Chris Barnes, ex componente dello staff sanitario del Middlesbrough, del West Bromwich Albion e del Nottingham Forest, attualmente sotto contratto con l’Uefa: «Rispetto a quindici o anche solo a dieci anni fa, viviamo un’era completamente diversa: i club e i giocatori non sono mai stati meglio attrezzati per far fronte alle esigenze di una Coppa del Mondo, che sia estiva o invernale. Oggi le società e le Federazioni lavorano a stretto contatto, ogni esercizio di ogni allenamento è stato monitorato e ogni dato è stato registrato. Il personale è più qualificato e ha strumenti tecnologicamente più avanzati. E allora i giocatori sono più forti e più preparati. Questo non vuol dire che non ci saranno infortuni, ma che l’intensità e il ritmo dell’allenamento sono state concordate in precedenza, ritagliate sulle esigenze di ogni atleta. E allora i problemi fisici potrebbero essere già stati ridotti, o risulteranno ridotti, rispetto al passato».