Osimhen Lookman Martínez Nzola, a una prima lettura la classifica marcatori della Serie A 2022/23 mostra chiaramente che nelle prime posizioni non ci sono giocatori europei né italiani, e che il primo italiano non è, incredibilmente, Ciro Immobile, ma Mattia Zaccagni, al quinto posto con 8 reti in 17 partite – meno di una ogni 180 minuti. Per il resto, proviamo ad analizzare cosa possiamo intuire, facilmente oppure tirando conclusioni anche azzardate, da questi nomi in ordine di marcature. Partiamo da Osimhen, finalmente in testa dopo due anni difficili: in fondo lo conosciamo – è un attaccante devastante, nello stretto dell’area piccola, sulle palle alte, in progressione in campo aperto – e da quando è arrivato a Napoli è stato sempre frenato da infortuni e Covid, altrimenti avrebbe segnato ben più di 24 reti in due stagioni. Quest’anno ha mostrato un’efficienza e una brutalità uniche, motivo per cui il traguardo delle 30 reti non è così utopico.
Stupisce, piuttosto, la cifra di Ademola Lookman, a quota 11 gol, uno che prima di Bergamo non aveva mai segnato molto. Anzi: Lookman era poco conosciuto quando è arrivato, perché non aveva brillato nei passaggi precedenti in Inghilterra e Germania. Gasperini, per sostituire Ilicic, ha scelto lui, e il nigeriano sta bruciando le difese della Serie A esattamente come aveva fatto lo sloveno nelle mani di Gasp. Come Ilicic, Lookman si è trasformato, a Bergamo, in un’ala capace di segnare quanto una prima punta, e il merito è della sua duttilità oltre che dei suoi mezzi tecnici. Si è visto in occasione di molti dei gol segnati in questa prima parte di stagione con l’Atalanta: Lookman sa attaccare l’area di rigore quando l’azione si sviluppa sulla fascia, ma ha soprattutto una freddezza micidiale – per ora – nello scegliere il momento migliore per calciare in porta, quando parte palla al piede da sinistra. Lookman dribbla e finta parecchio, ma mai in eccesso. Diversi gol sono arrivati così: dopo una sterzata, una franata, un accenno di tiro poi trattenuto, tutti stratagemmi necessari a mettersi nella condizione di scoccare il miglior tiro possibile.
Al terzo posto c’è Nzola, attaccante che Gotti sta sfruttando al meglio dopo anni altalenanti, al quarto l’inesauribile Lautaro, che sta tenendo a galla l’Inter quasi da solo, uno Zaccagni perfettamente inserito negli schemi di Sarri, un Leão più prolifico del solito ma comunque ancora discontinuo, un’altra presenza fissa come Arnautovic, infine un redivivo Dybala a parimerito con la rivelazione Kvaratskhelia.
Guardando alle classifiche del 2021/22 (Immobile, Vlahovic, Martínez, Simeone, Abraham, Scamacca, Berardi, Osimhen, Arnautovic, Pasalic, Dzeko, Deulofeu, Pinamonti, Dulofeu), 2020/21 (Ronaldo, Lukaku, Muriel, Vlahovic, Immobile, Simy, Insigne, Berardi, Martínez, Joao Pedro, Ibrahimovic, Zapata, Quagliarella), 2019/20 (Immobile, Ronaldo, Lukaku, Caputo, Joao Pedro, Muriel, Zapata, Ilicic, Dzeko, Belotti, Martínez, Mancosu, Berardi, Petagna), e confrontandole con l’attuale, che cosa se ne deduce? È una domanda difficile, e probabilmente la risposta sarebbe: tutto il contrario di tutto. Quindi, in breve: niente.
A prima vista, e almeno fino a ora, nel 2022/23 sono mancati i centravanti più puri, a guardare le squadre nelle prime posizioni della classifica: il Milan sta incontrando grandi difficoltà a segnare, e Leão non è ancora entrato in uno stato di forma paragonabile a quello della seconda parte del 2022/23, quando prese per mano tutta la squadra in un filotto di vittorie straordinario; la Juventus è priva di Vlahovic, e tenuta sveglia dai gol di Milik, pur con numeri discreti senza che siano straordinari; Immobile sta pagando qualche infortunio, una vena realizzativa inferiore a quelle – mostruose, va detto – degli ultimi sei anni laziali, e probabilmente un’età ormai non freschissima. Abraham non è quello che si definisce un killer, e Lukaku non è praticamente mai sceso in campo in forma. Zapata, complici anche gli infortuni e i 31 anni, continua nella parabola discendente delle ultime due stagioni, ed è a quota 1 gol in dodici partite giocate: l’Atalanta, oltre a Lookman, conta soprattutto su Koopmeiners e sul giovane Hojlund.
Ecco, la gioventù e il suo contrario. Eccezion fatta per il Napoli, la Roma e la Juventus (con Vlahovic), i “nove” di peso di quasi tutte le squadre di prima fascia non sono giocatori definibili – calcisticamente – “giovani”. Giroud, Zapata, Lukaku e Immobile sono anzi molto esperti, e anche Leão, Lautaro, Osimhen hanno accumulato ormai una certa esperienza. Di Messi e Ronaldo, ultimamente, si è detto soprattutto che il maggior pregio di entrambi è stata la longevità, caratteristica rara, quasi unica, da coltivare per oltre dieci anni. Naturale che giocatori forti, ma lontani dallo status di fenomeni, siano soggetti a discese ardite e talvolta risalite.
D’altra parte, questo campionato è uno di quelli in cui si sta segnando meno tra quelli disputati ultimamente: con la media di poco più di 2,5 gol per partita, la Serie A 2022/23 è la meno prolifica delle ultime sette edizioni. Si deve arrivare al 2015/16 per trovare un campionato con la stessa – identica – media gol per partita, mentre i più recenti hanno fatto registrare dati più vicini – e talvolta superiori – ai 3 gol a match.
La classifica si legge anche come lo specchio di una Serie A in cui segnano molto le squadre di testa, e quelle di bassa classifica non riescono a trovare i cannonieri che avevano più spesso trovato negli anni passati. Sì, l’eccezione è Nzola, e anche Dia della Salernitana a quota 7: ma difficilmente vedremo un exploit come quello che fu di Simy nel Crotone del 2020/21, di Caputo nel 2018/19 e 2019/20, né la costanza avuta, per parecchie stagioni, da João Pedro, Belotti o Quagliarella. Ci sono, infine, grandi assenti su cui era lecito scommettere dopo un’ottima stagione precedente: Vlahovic su tutti, ma il serbo è anche stato ostacolato da problemi muscolari, ma anche Pinamonti che sta faticando a Sassuolo, e la coppia della Fiorentina – Jovic e Cabral – che non riesce a ingranare in nessuna soluzione.
Molto diversa, in questo senso, la classifica della Premier League: Haaland, a quota 25 gol fatti in 19 partite, è un alieno, Kane una certezza, ma le sorprese delle piccole non mancano: e sono soprattutto Mitrovic del Flham e Toney del Brentford. L’Arsenal porta in top 10 ben 4 giocatori – Odegaard, Trossard, Saka e Martinelli, il Manchester si gode una grande forma di Rashford, mentre la crisi del Liverpool si vede anche dall’assenza di Darwin, e dalla presenza dei soli Salah e Firmino a quota 7 – mentre il Chelsea si deve accontentare addirittura di Havertz a 5.