La storia di Will Still, che ha imparato ad allenare su Football Manager e oggi è imbattuto con il Reims

Ha solo trent'anni, ma già una lunga storia in ambito manageriale. Che comincia, proprio così, da un videogioco.

Nello scorso weekend, lo Stade Reims ha fermato all’ultimo minuto il potentissimo Psg: al Parco dei Principi, i parigini erano passati in vantaggio con Neymar, ma al 96′ una rete di Balogun ha gelato l’intero stadio. Un gol che ha permesso a Will Still, allenatore belga di origini inglesi trentenne del Reims, di mantenere l’imbattibilità alla guida del club: in dodici partite, Still non ha mai perso, raccogliendo tra campionato e coppa sei vittorie e sei pareggi. Still è tornato a Reims a inizio stagione per fare il vice di Oscar Garcia, ma dopo l’esonero di quest’ultimo a ottobre è diventato prima tecnico a interim, quindi, dopo il grande impatto in termini di risultati, confermato con pieni poteri. Il Reims si è risollevato fino a metà classifica, con un rassicurante vantaggio di undici punti sulla zona retrocessione, dopo 20 giornate di campionato. E non importa se la società, per ogni gara di Still come head coach, deve versare 27mila euro di multa, visto che il tecnico non possiede la licenza per allenare in Ligue 1.

«Se qualcuno mi avesse detto che a trent’anni sarei stato allenatore di un club di Ligue 1, gli avrei detto di darmi un pugno in faccia», ha scritto lo stesso Still sul Guardian, nella rubrica “The Coaches’ Voice”. La sua è una storia di tanta gavetta, considerato che il primo incarico lo aveva avuto a circa vent’anni: era assistente della formazione Under 14 del Preston, la città dove si era trasferito per studiare da allenatore. Dopo l’esperienza inglese, Still è rientrato in Belgio, dove è stato assistente in alcuni club, tra cui Lierse, Sint-Truiden, Standard Liegi e Beerschot – in alcune di queste squadre ha avuto anche l’opportunità, per brevi periodi, di fare da head coach. Dopo il Beerschot, il tecnico ha avuto una prima esperienza al Reims nel 2021, per poi tornarci all’inizio di questa stagione e cogliere al volo l’opportunità di imporsi all’attenzione generale.

Ma la sua è anche una storia particolare, visto che, come ha testimoniato lui stesso, la passione per allenare gli è nata su Football Manager. «Non me ne sono mai reso davvero conto, ma Football Manager ha avuto sul serio una grande influenza sulla mia carriera. Da bambino ero fissato: io e mio fratello ci giocavamo continuamente. Giocarci così tanto probabilmente mi ha acceso quel fuoco che ancora oggi mi tiene vivo a bordo campo». Still ha detto che, anche quando era già entrato a far parte degli staff professionistici, continuava a provare cose su Football Manager – che poi avrebbe, in qualche modo, replicato nella realtà. «Quando ero al Sint-Truiden, cercavo di vincere il campionato sia nella realtà che nel videogioco!».

Per il Guardian, Smith ha ripercorso la sua storia. «La mia prima esperienza all’academy del Preston è stata fantastica: è lì che ho capito che allenare sarebbe stata la mia vita. Quando sono tornato in Belgio, ho cercato delle possibilità a livello professionistico. Ho bussato a tutte le porte – “Sono giovane, non sono nessuno, ma ho questa esperienza del Preston, posso essere d’aiuto in qualche modo?”, era la mia frase. Ma ottenevo solo rifiuti su rifiuti. Alcuni mi dicevano che mi avrebbero richiamato, ma non succedeva mai. Stavo cominciando a perdere le speranze. Alla fine, l’ultimo allenatore che avevo contattato mi disse sì: si trattava di Yannick Ferrera, tecnico del Sint-Truiden in seconda divisione. “Puoi filmare una partita?”, mi chiese. “Puoi fare un montaggio?”. Risposi di sì, andai a visionare il nostro prossimo avversario. Ho cominciato come video analyst, ma passavo tanto tempo sul campo e, in via non ufficiale, diventai un assistente – facevo cose tipo i calci piazzati, i torelli, e così via».

A Lierse, Smith ha debuttato da head coach: aveva solo 24 anni. «Dissi al presidente: con tutto il rispetto, forse dovresti prendere qualcuno con più esperienza. “No, mi piaci tu, hai un sacco di buone idee. Lo farai tu”. Abbiamo fatto cose importanti: quando diventai capo-allenatore, eravamo penultimi, ma riuscimmo a risalire la classifica rapidamente. Passai da essere un signor nessuno a una persona conosciuta, almeno in città. La gente mi fermava per strada, giornali e televisioni parlavano di me».

Dopo essere stato capo-allenatore con il Lierse e con il Beerschot, ecco la grande opportunità con il Reims. «Era ottobre: mi dissero che sarei stato promosso dopo l’esonero di Garcia, e inizialmente l’incarico sarebbe durato fino al Mondiale. Voleva dire: sei partite in cui raccogliere il possibile. E poi, così mi hanno detto, avrebbero sistemato la situazione. Quando ho preso in mano la squadra, avevamo vinto una sola volta, eravamo in zona retrocessione. Nelle mie sei partite prima del Mondiale, siamo rimasti imbattuti, abbiamo vinto due volte e siamo risaliti fino all’undicesimo posto. La proprietà era così contenta di come le cose stavano andando che mi hanno confermato a capo della squadra».