Nel gol di Di Lorenzo all’Eintracht c’è tutto il bello del Napoli di Spalletti

Sta nascendo una nuova squadra-brand.
di Redazione Undici 22 Febbraio 2023 alle 12:42

Quando viene realizzato un gol di grande impatto estetico, cioè un gol che arriva grazie a una o più giocate individuali di grande qualità, la componente tattica dell’azione in questione passa quasi sempre in secondo piano. Un esempio per far capire cosa intendiamo: tutti ricordiamo la perfetta intesa sull’asse Insigne-Callejón nel Napoli di qualche anno fa, i cross a giro del primo e i perfetti tempi di inserimento del secondo, ma finiamo per dimenticare che per isolare e dare la palla sui piedi di Insigne appostato nello spazio di centrosinistra, per riuscire mettere Callejón a centro area, sempre nello stesso punto, bisogna lavorare molto sul campo d’allenamento, sugli automatismi di possesso, sui movimenti coordinati lontani dal pallone. Ecco, il gol di Di Lorenzo segnato ieri contro l’Eintracht Francoforte potrebbe appartenere a questo gruppo di azioni belle che rischiano di essere dimenticate, fagocitate dalle intuizioni e dalle esecuzioni dei singoli: il passaggio filtrante e a giro di Anguissa, il controllo sontuoso e il tacco di Kvaratskhelia e la conclusione piazzata di Di Lorenzo sono dei momenti effettivamente accecanti, decisamente appaganti, che in quanto tali definiscono e raccontano l’essenza del Napoli di Spalletti. Ma dietro queste tre giocate, prima di queste tre giocate, c’è tanto altro. C’è una qualità tattica che merita di essere evidenziata.

Tutto parte dal solito possesso avvolgente del Napoli, da una trasmissione di palla a ritmo contenuto agevolata anche dal fatto che il Francoforte era ridotto in dieci per via dell’espulsione di Kolo Muani. Le continue rotazioni portano la squadra di Spalletti ad avere quattro uomini (Kim Min-jae, Kvaratskhelia, Olivera e Zielinski) in pochi metri quadri, tutti piuttosto vicini alla fascia sinistra, e la palla è nei piedi di Kvara. Che, però, si trova in posizione più larga rispetto a Mathias Olivera, il terzino di parte: uno dei meccanismi più utilizzati dal Napoli è proprio la sovrapposizione interna del laterale basso mentre l’esterno offensivo resta aperto a garantire ampiezza, così da creare una linea di passaggio in più, anche solo potenziale, tra le maglie della difesa avversaria.

È qui, a questo punto, che la squadra di Spalletti cambia marcia, accelera in modo vertiginoso: Kvara sfrutta il sovraccarico in zona palla per chiamare l’uno-due a Zielinski, che a sua volta asseconda il movimento del compagno con un passaggio di quelli che, attraversando una moltitudine di gambe, riescono a spaccare le linee avversarie. Kvara riceve, fa una finta che manda a vuoto Kamada e può attaccare uno spazio un po’ più ampio, in cui però vengono richiamati tre giocatori avversari. Nuovo scarico sull’uomo libero, Anguissa, e nuovo inserimento senza palla, sempre in verticale, a creare una nuova linea di passaggio. Nel frattempo, si vede Osimhen che galleggia sulla linea del fuorigioco e tiene occupato un centrale avversario, lo stesso centrale che però deve andare a coprire su Kvara, proiettato in profondità nella zona di centro-destra. È l’ultima rotazione, ed è letale: tutti collassano di nuovo su Kvara, e allora si apre un doppio spazio: in ampiezza per Lozano e fronte porta per Di Lorenzo. A quel punto, arrivano le giocate di cui abbiamo già parlato: il passaggio filtrante e a giro di Anguissa, il controllo sontuoso e il tacco di Kvaratskhelia e la conclusione piazzata di Di Lorenzo. Tutto bellissimo, tutto perfetto. Palla in buca d’angolo.

Un gol da vedere e rivedere

Come ultima postilla tattica: non sfugga il fatto che il terzino Di Lorenzo si trovi a tirare quando è in posizione di mezzala, più stretto rispetto all’esterno offensivo di parte – ricorda qualcosa? Anche questa è pura tattica, ed è ciò che rende bellissimo il Napoli di Spalletti: ogni azione, per quanto intrinsecamente estemporanea, nasce da principi e movimenti che sono codificati. Che questa squadra ha ormai mandato a memoria. Per esempio: basta andare a ripescare gli highlights di Cremonese-Napoli 1-4, giocata qualche mese fa, per vedere Kvaratskhelia che conquista un rigore con lo stesso identico inserimento profondissimo da sinistra verso il centrodestra dell’area di rigore.

Prima abbiamo citato l’asse Insigne-Callejón, e non è stata una scelta a caso: è evidente che ci sia una differenza enorme tra quel Napoli e quello di quest’anno. Non c’è – perché non potrebbe essere misurata – una differenza ontologica, quindi è impossibile dire quale versione della squadra azzurra sia migliore. Fatto sta, però, che quel meccanismo così fruttuoso, oggi, è stato sostituito in modo efficace e convincente e anche appagante. Il Napoli di Spalletti è una nuova squadra-brand che però gioca in modo diverso rispetto a quella che fu allenata da Sarri. Magari avrà un possesso meno raffinato e corale, ma esplora molto di più la profondità – grazie a Lozano e soprattutto a Osimhen – e sa sempre come variare spartito di partita in partita, e dentro la stessa partita. Se ne sono accorti anche a Francoforte.

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