Sta arrivando una nuova sentenza Bosman che potrebbe riscrivere il calcio europeo

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea potrebbe costringere l'Uefa a rivedere le regole restrittive sulla registrazione dei giocatori.

Tutti gli appassionati di calcio di una certa età ricordano chi è e che cosa ha fatto Jean-Marc Bosman. O meglio: tutti gli appassionati di calcio di una certa età ricordano la sentenza a suo nome che, ormai sono passati 28 anni, cambiò radicalmente il calciomercato e quindi il calcio europeo, aprendo di fatto l’era della libera circolazione di manodopera – quindi dei calciatori – all’interno dell’Unione Europea. In pochi, però, ricordano che Jean-Marc Bosman era ed è belga, essendo nato a Liegi, nella parte francese del Paese. Dallo stesso luogo, più o meno, potrebbe arrivare la spinta per una nuova rivoluzione: il Royal Antwerp, infatti, ha presentato un reclamo contro le regole Uefa in merito alla compilazione delle liste di calciatori utilizzabili nelle coppe europee. Per la precisione, il club belga ha contestato la regola degli otto giocatori cresciuti in ambito nazionale, una quota necessaria da assolvere. Ebbene, è arrivato il primo pronunciamento ufficiale – da parte di Maciej Szpunar, avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione Europea – e pare che il reclamo abbia buone possibilità di essere accettato.

Ma andiamo con ordine: a partire dalla stagione 2008/2009, la Uefa impone che le liste delle squadre iscritte alle competizioni europee debbano rispettare alcuni parametri, tra cui quello degli otto giocatori allevati in un vivaio locale. In particolare, almeno quattro di questi devono essere formati dal club in questione, nel senso che devono aver giocato per tre stagioni, tra i 15 e i 21 anni, tra le giovanili e la prima squadra, indipendentemente dalla loro nazionalità; gli altri quattro, invece, devono rispettare lo stesso parametro in qualsiasi club dello stesso Paese, indipendentemente dalla loro nazionalità. Per essere ancora più chiari: l’Anversa deve avere in lista almeno quattro giocatori che sono stati allevati nel vivaio dell’Anversa, non importa che siano belgi; deve arrivare fino a otto, ma gli altri slot possono essere occupati da atleti cresciuti nel settore giovanile dell’Anderlecht, del Genk e così via, e anche in questo caso non importa che siano belgi. Diverse leghe nazionali, tra queste anche la Serie A, hanno ripreso questa regolamentazione per la compilazione delle liste interne – anche se ogni campionato adatta a modo suo alcuni punti fondamentali, per esempio quello che riguarda la registrazione degli extracomunitari.

La restrizione relativa ai giocatori cresciuti in un vivaio nazionale, quelli fuori da un certo club, è stato contestato dall’Anversa attraverso un reclamo ufficiale presentato alla Federcalcio belga e all’Uefa. Alla base dell’istanza c’era e c’è l’idea per cui la regola in questione impedirebbe a un club professionistico di reclutare e schierare giocatori che non soddisfano il requisito della formazione locali o nazionali; inevitabilmente, questa limitazione ridurrebbe le possibilità dei calciatori di essere acquistati e poi schierati in campo, in aperta contrapposizione al principio della libera circolazione dei lavoratori nel territorio UE. Insomma, una versione aggiornata del caso Bosman.

Maciej Szpunar, come detto, ha scritto delle parole significative sulla questione: secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, l’avvocato generale della CGUE ha redatto un parere in cui questo tipo di sistema, che in pratica equipara un calciatore cresciuto in una società a quello cresciuto in un’altra società, «non è compatibile con le regole sulla libera circolazione: tra i giocatori di formazione locale non dovrebbero essere inclusi calciatori provenienti da società diverse da quella in questione. In questo modo vengono discriminati indirettamente i giocatori di altri stati membri». Come spiega anche Politico in questo articolo, le opinioni dell’avvocato generale non sono vincolanti, ma di solito vengono seguite da chi è deputato a emettere la sentenza. Sentenza che dovrebbe arrivare tra pochi mesi, e che minaccia di cambiare per sempre il calcio europeo, esattamente come avvenuto col caso Bosman nel 1995. La Uefa ha già emesso una nota in cui dice di aver preso atto della raccomandazione dell’avvocato generale «al fine di migliorare le regole esistenti». Da parte sua, in una dichiarazione ufficiale, la dirigenza del Royan Antwerp ha detto di aver apprezzato «il rigore dell’analisi dell’avvocato generale, che richiama i fondamenti del diritto dell’UE». Stiamo per vivere un’altra rivoluzione?