Il Milan è rinato grazie alla difesa

Pioli ha ritrovato solidità con un nuovo assetto, e così ha ridato linfa a una squadra che sembrava perduta.

Nelle ultime undici partite del campionato 2021/22, vale a dire le nove vittorie e i due pareggi che, di fatto, l’hanno portato a vincere lo scudetto, il Milan di Stefano Pioli ha subito solamente due gol. Erano e sono in pochi ad aver contezza di questo dato, del fatto che i rossoneri hanno conquistato il titolo perché erano, prima di ogni altra cosa, una squadra fortissima in difesa. Forse non tutti lo ricordano anche a causa del modo in cui difendeva il Milan: in Italia siamo storicamente abituati a considerare la fase passiva come una prova di tattica ma anche di eroismo e sopravvivenza, una sorta di battaglia da combattere necessariamente corpo a corpo, sudore e sangue, mentre gli uomini di Pioli la interpretavano in modo decisamente più contemporaneo e quindi aggressivo, si basavano sul pressing, sulla riconquista alta e sui successivi ribaltamenti in campo aperto, avevano un’identità profondissima e l’hanno rispettata fino in fondo, fino a cogliere il successo più importante.

Anche se a prima vista non sembrerebbe, questi dati statistici e questa storia c’entrano molto, moltissimo, con la vittoria nella doppia sfida al Tottenham, con il ritorno del Milan ai quarti di finale di Champions League undici anni dopo l’ultima volta: contro gli Spurs, infatti, la squadra rossonera ha rischiato poco, pochissimo, praticamente niente, a Londra come a Milano. E l’ha fatto rispettando e rispolverando quell’identità tattica che l’ha sempre contraddistinta, che dieci mesi fa l’ha portata allo scudetto. Certo, alcuni uomini e alcuni meccanismi del Milan di oggi sono diversi rispetto a marzo, aprile e maggio 2022: Pioli ha varato l’inserimento di un terzo difensore centrale e così ha rinunciato a un uomo in più nella trequarti avversaria, ha lanciato Malick Thiaw e ha cucito un nuovo ruolo addosso a Messias, ora arretrato e in grado di giocare in spazi più chiusi, e pure a Theo Hernández, inoltre ha dato e sta dando maggior libertà e maggiori responsabilità a Leão. Tutto questo, però, non ha modificato completamente il software del Milan, i cardini filosofici intorno a cui gira la squadra rossonera: il pressing aggressivo e la riconquista alta sono ancora lì, così come la capacità di ribaltare velocemente il fronte di gioco. Anzi, la presenza di un terzo difensore dall’approccio ultramoderno – stiamo parlando di Thiaw, ovviamente – ha accentuato questa sensazione di radicalismo difensivo, ma soprattutto ha riacceso la spia della solidità arretrata dopo che, a gennaio 2023, sembrava essersi spenta per sempre.

È proprio questo l’aspetto più importante del discorso sul Milan, sull’andamento di questa stagione e sull’evoluzione del progetto: Pioli si è inventato questo nuovo sistema al culmine di una crisi di gioco e di risultati che dava l’impressione di essere irreversibile, addirittura c’era qualcuno che aveva iniziato a ventilare l’ipotesi di un esonero, di un cambio in panchina per fine ciclo ormai sopravvenuta. Inoltre, il fatto che l’allenatore rossonero avesse deciso di coprirsi, di rendere meno frizzante il gioco con il passaggio alla difesa a tre, una mossa profondamente italiana, aveva ammantato il tutto di malinconia, come se il suo cambiamento – non solo tattico, ma anche ideologico e culturale – fosse destinato a essere regressivo. E invece è andata e sta andando diversamente, nel senso che il Milan ha un nuovo assetto ma non ha rinunciato a essere una squadra aggressiva e quindi propositiva. Anche in Champions League. Anche in casa del Tottenham.

Sembra incredibile, ma il giocatore che vedete in questo video ha giocato solamente due partite di Champions League in tutta la carriera

Proprio a Londra, ieri sera, Kane e Son Heung-min – entrambi non saranno in gran forma, ma formano ancora una delle coppie d’attacco più forti e meglio assortite del mondo – sono stati annullati da Tomori, Kalulu e Thiaw, tre difensori sempre precisi nei movimenti per rompere la linea e negli anticipi e nelle coperture preventive: era come se i tre centrali del Milan giocassero insieme da sempre e invece erano solo alla terza gara stagionale dal primo minuto con questo assetto. Va detto che la prestazione matura e consapevole della difesa rossonera va fatta risalire anche a una pessima prova del Tottenham, una squadra poco creativa ma anche in evidente difficoltà fisica, incapace di accelerare in modo convincente. In un contesto del genere, spinti anche da un ambiente incandescente, calciatori come Tomori, Kalulu e Thiaw – fisicamente diversi tra loro ma tutti straripanti, rapidi, concentrati – non potevano che esaltarsi e in effetti si sono esaltati. Il Milan è sembrato inscalfibile ma anche tranquillo, sicuro del fatto che non avrebbe subito gol. Certo, da questo punto di vista l’impatto del rientro di Mike Maignan è stato molto importante: la parata compiuta nel finale su Kane è il momento che resta negli occhi e nella storia, ma prima di quella giocata ci sono stati altri interventi forse non molto difficili ma comunque significativi, che hanno trasmesso sicurezza alla difesa e a tutta la squadra, e una gestione della difesa spesso protagonista e quasi “da libero”.

I dubbi e quindi le nubi nel cielo rossonero si stanno diradando, si sono diradati nel momento giusto, quello più importante: la discontinuità in campionato, la crisi post-Mondiale e la necessità di ricostruire  – unite al percorso alieno del Napoli – hanno reso quasi impossibile il bis scudetto, però ora siamo praticamente a primavera e il Milan è una squadra di nuovo viva, coerente con se stessa anche se diversa da quella che ci aspettavamo, pienamente all’altezza dei quarti di finale di Champions League, un traguardo importante raggiunto in modo netto e meritato – si potrebbe dire anche agile, ma forse sarebbe troppo presuntuoso. Il fatto che tutto questo sia frutto di una rivoluzione tattica, anche se in chiave difensiva, è un’ulteriore medaglia da apporre sulla giacca di Pioli: ha individuato il problema, ha cercato e trovato gli uomini giusto per provare a risolverlo, ha fatto un tentativo e ha avuto delle ottime risposte, modificando il Milan senza tradire troppo la sua identità. È proprio questo, in fondo, ciò che fa un allenatore, l’essenza del suo lavoro.