La rivoluzione di Osimhen e Kvaratskhelia

I due attaccanti del Napoli hanno cambiato il dna del loro club, e così hanno travolto il campionato.

Chi gioca contro Victor Osimhen dà la sensazione di essere perennemente in tensione. L’impressione è che i difensori costretti ad affrontarlo siano un po’ come gli spettatori di un film horror: sanno che prima o poi accadrà qualcosa che potrebbe farli trasalire, e allora hanno paura della paura. Persino quando l’azione è molto poco promettente se non anonima, per esempio su una rimessa laterale battuta dagli avversari nella metà campo del Napoli, il centravanti nigeriano si muove come un pitone dietro una roccia, solo che la sua roccia è il centrale che si occupa di marcarlo: cammina alle sue spalle, fa finta di scattare, poi alla fine arriva un lancio lungo, Osimhen scatta davvero ed è davvero difficile contenerlo. Perché Victor Osimhen è veloce sul lungo ma anche esplosivo sul breve, inoltre è fatto di un materiale apparentemente infrangibile, di una fibra durissima che gli fa rimbalzare addosso tutti i difensori avversari che provano a ingaggiare un duello con lui.

Sì, forse è un po’ banale iniziare un’analisi di campo sul Napoli campione d’Italia parlando di Victor Osimhen. E in fondo è anche un po’ strano, visto che Osimhen è il centravanti del Napoli da tre stagioni eppure lui e il Napoli non erano mai stati così forti, così dominanti. Il punto, però, è proprio questo: il vento è cambiato, il Napoli 2022/23 è il primo vero Napoli di Osimhen, vale a dire una squadra costruita e mentalizzata per sfruttare le caratteristiche dell’ex attaccante del Lille, per permettergli di sprigionare con continuità le sue doti fuori scala.

Sono i dati a dirlo in modo chiaro: il Napoli ha un’anima tecnico-tattica storicamente votata al possesso, è una squadra che ama impostare le sue azioni coinvolgendo il portiere, i difensori centrali, i terzini, e infatti è prima in Serie A per numero di passaggi brevi tentati per match (292); allo stesso tempo, però, la squadra di Spalletti occupa il primo posto anche nella graduatoria dei passaggi medi, ovvero quelli tra i 13 e i 25 metri (243 per match); inoltre cerca il lancio lungo, ovvero tenta passaggi più lunghi di 25 metri, per più di 73 volte a partita.

A cosa serve lanciare in profondità verso Osimhen/1

Una rivoluzione passa e si racconta sempre attraverso i numeri, attraverso le statistiche che danno una forma compiuta alle idee, ai cambiamenti. Le statistiche relative al gioco del Napoli, come detto, descrivono una squadra che continua a praticare la costruzione dal basso, ma che poi sa diventare elettrica, rapidissima, a volte anche iper-verticale, in fase di rifinitura e di conclusione. Questa metamorfosi tattica ma anche politico-culturale, perché inevitabilmente legata agli addii di due uomini-simbolo come Mertens e Insigne, alla sopravvenuta fine dell’ultimo ciclo, è scoppiata nel nome di Victor Osimhen. Ma ha ricevuto un impulso in più, probabilmente quello decisivo, dall’arrivo di Khvicha Kvaratskhelia. L’uomo che ha cambiato l’essenza e l’idea stessa del tridente, per il Napoli.

Ciò che rende fortissimo e decisivo Khvicha Kvaratskhelia, soprattutto nel contesto del campionato italiano, è la sua capacità di andare velocissimo. E, di conseguenza, di rubare tempi di gioco ai suoi avversari, di farlo grazie alla pura rapidità delle sue gambe ossute ma anche a una conduzione di palla frenetica eppure ipertecnica, quindi imprevedibile per la totalità dei calciatori che si ritrovano a fronteggiarlo. Lo abbiamo visto nitidamente in occasione del rigore conquistato nella gara casalinga contro la Fiorentina, un penalty fischiato al termine della – consueta, immancabile – azione personale a convergere sul destro in piena area di rigore: per quanto ci abbiano provato, i difensori avversari non sono riusciti a sporcargli il possesso, a impedirgli di portare la palla come e dove voleva lui. E alla fine gli hanno fatto fallo.

Khvicha Kvaratskhelia nasconde il pallone

La velocità di Kvaratskhelia non si manifesta soltanto nello stretto, quando gioca a biliardo tra le gambe degli avversari, ma anche in campo largo, in spazi aperti. Ed è proprio qui, grazie a questa tendenza alla verticalità portata anche dall’esterno sinistro del tridente, non solo dalla punta centrale, che il Napoli è diventato la squadra ammirata per tutta la stagione: Osimhen e Kvaratskhelia parlano la stessa lingua tattica prima ancora che tecnica, gli bastano un pallone lanciato in profondità, due o tre tocchi, per creare un’occasione da gol. Un’azione piuttosto importante di questa stagione racconta perfettamente questa dinamica, e inoltre amplia il discorso anche al terzo uomo del tridente. Si tratta quella che ha portato a realizzare la rete del 2-0 contro la Juventus, nel corso della gara del 13 gennaio finita 5-1 in favore degli azzurri:

A cosa serve lanciare in profondità verso Osimhen/2

In questa azione Matteo Politano fa la stessa identica giocata fatta in casa della Roma, una giocata solo apparentemente elementare: si fa dare il pallone e lo lancia subito col piede forte, in profondità, ovviamente alla ricerca di Victor Osimhen. Che poi è anche fortunato, vince un rimpallo prima di servire Kvaratskhelia, ma il punto è che tutto succede nel giro di pochissimi istanti. Ed è una cosa voluta, cercata, evidentemente provata in allenamento, perché Osimhen sa che deve aggredire quello spazio alle spalle dei difensori avversari, che il pallone arriverà esattamente lì, e allora si muove per farselo dare. E per andarselo a prendere. Per questo non si può parlare di una giocata elementare, piuttosto si deve parlare del lavoro di Spalletti, del fatto che l’arrivo di un giocatore-freak come Kvaratskhelia l’abbia spinto a varare un sistema offensivo estremamente riconoscibile ma anche fluido, duttile, modellabile come la creta subito dopo la cottura. Perché, come detto, il Napoli continua a saper muovere il pallone dal basso e ovviamente ha segnato molti gol al termine di lunghe manovre di accerchiamento, dopo aver portato tanti giocatori nella metà campo avversaria. Ma ora è una squadra che sa segnare anche in modi diversi.

E poi c’è un altro elemento di flessibilità: il terzo uomo del tridente è un elemento intercambiabile, cioè che può avere caratteristiche tecniche completamente diverse in base al contesto di ogni singola gara. In alcune partite della stagione, infatti, anche Hirving Lozano – un calciatore che nei suoi primi tre anni al Napoli non ha mai avuto un rendimento davvero continuo e convincente – ha potuto beneficiare di una squadra finalmente più verticale: schierato sempre dal lato del suo piede forte, spesso ha permesso al Napoli di attaccare in modo più diretto anche a destra. Certo, rispetto al tridente con Politano c’è meno qualità pura, soprattutto nelle rifiniture al limite dell’area di rigore. Ma è in coppia con Lozano, cioè in coppia con un esterno offensivo che garantisce sempre ampiezza, che Di Lorenzo ha mostrato il meglio di sé come mezzala di supporto, all’apice di quegli inserimenti interni dei terzini bassi che sono un altro dei cardini del calcio di Spalletti.

Di Lorenzo mezzala

L’impatto di Osimhen e Kvaratskhelia sul Napoli è stato enorme, in questa stagione. Ci sono le evidenze tattiche di cui abbiamo parlato finora, quindi non c’è bisogno di snocciolare le statistiche sui gol fatti, sugli assist, i passaggi chiave, i dribbling riusciti, i duelli vinti: per chi ha seguito gli azzurri negli ultimi anni, il cambio di stile offensivo è parso evidente fin dalla prima gara stagionale, il netto 2-5 in casa dell’Hellas Verona. In realtà l’inizio di questa trasformazione risale all’arrivo di Luciano Spalletti, un allenatore che ha sempre avuto un debole per il calcio giocato in campo lungo, o comunque per una fase offensiva con tendenza alla verticalità. Solo che il Napoli non era ancora pronto: c’erano delle evidenti resistenze interne, delle nostalgie mai del tutto sopite per certi periodi del passato. E il fatto che un anno fa non fosse bastata la detonazione definitiva di Osimhen, per dare una scossa all’ambiente, deve far riflettere in questo senso.

Poi però il Napoli ha fatto delle scelte chiare e nette e per questo – come succede quasi sempre – impopolari, ha chiuso definitivamente un ciclo e ha aperto la finestra per far entrare aria nuova. Solo che questo banco d’aria proveniente dalla Georgia, rispondente al nome di Khvicha Kvaratskhelia, si è rivelato qualcosa di più: un uragano. E così il Napoli, per merito di Spalletti, si è adattato al meglio. Al punto da trovare la chiave giusta per esaltare anche Osimhen. Questo processo di adeguamento non è riuscito per niente alla Serie A, che infatti è stata travolta da una nuova coppia di campioni, da un tridente tutto nuovo, da una squadra migliorata anche dal punto di vista emotivo. Anche questo non è proprio un caso, probabilmente.