C’è vita dopo Tania Cagnotto

L’Italia dei tuffi sta entrando in un’età dell’oro: i talenti ci sono, sono giovani, e stiamo già vedendo i primi risultati.

Il 9 agosto 2020, all’età di 35 anni, Tania Cagnotto annunciava il suo ritiro dall’attività agonistica. La campionessa azzurra spiegò le motivazioni della sua scelta tramite un post su Instagram: «So che tanti volevano vedermi ancora una volta sul trampolino e mi spiace di avervi deluso, ma in questo lockdown, come sarà successo a tanti altri, ho avuto tempo di riflettere e capire cosa fosse più importante per me. Non avevo più la forza di volontà (che per 20 anni mi ha guidato) di impegnarmi e sacrificarmi nel modo in cui un’Olimpiade lo richiede. Ebbene sì, questa volta ho scelto la vita, la famiglia e poco dopo il destino ha voluto regalarmi una nuova vita dentro di me, già felice per la mia scelta». In realtà questo non fu il primo annuncio di ritiro dalla carriera agonistica di Tania Cagnotto, che già nel maggio del 2017 aveva comunicato la scelta di lasciare le gare per la nascita della sua prima figlia: Maya è nata a Bolzano il 23 gennaio 2018. Dopo la gravidanza, però, Tania – convinta anche dalla sua compagna di trampolino Francesca Dallapé – decise di tornare a gareggiare, con l’obiettivo di partecipare a quella che sarebbe stata la sua ultima Olimpiade, a Tokyo nel 2020. Come sappiamo, però, la pandemia fece slittare quell’edizione, la seconda gravidanza fece il resto e Cagnotto non poté partecipare più ai Giochi.

È così che il nostro movimento dei tuffi si è ritrovato l’atleta più riconoscibile e vincente della sua storia, vincitrice di 41 medaglie tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, l’unica donna italiana ad aver conquistato un oro mondiale. Prima di lei solo Klaus Dibiasi, negli anni Settanta, riuscì a conquistare la medaglia dal metallo più pregiato per l’Italia in un Campionato Mondiale. Insomma, il vuoto che lasciava Tania Cagnotto era di quelli difficili da colmare, e sul futuro del movimento italiano dei tuffi iniziavano a sorgere dubbi e preoccupazioni. Come ripartire dopo anni di successi e grandi soddisfazioni? Come rimanere competitivi a livello internazionale?

Esattamente otto anni dopo l’ultima grande gara internazionale di Tania Cagnotto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, in cui conquistò il bronzo nel trampolino 3 metri, abbiamo finalmente una risposta: l’Italia è una tra le nazioni europee più competitive a livello internazionale. e le soddisfazioni sono arrivate eccome. Lo dicono i numeri: l’Italia è tra i quattro Paesi europei ad aver vinto più medaglie dal 2017 ad oggi, tra Europei, Mondiali e Giochi Olimpici, 33 totali. E quattro podi sono stati conquistati nelle ultime tre edizioni dei Mondiali. Meglio dell’Italia, negli ultimi sette anni, hanno fatto solo la Gran Bretagna (55 medaglie), la Germania (40) e la Russia, ferma a 53 solo perché non ha potuto partecipare alle ultime edizioni di Europei e Mondiali. Nel Campionato Europeo dello scorso anno, disputato al Foro Italico di Roma, l’Italia ha vinto il medagliere dei tuffi alla pari con la Gran Bretagna, collezionando 12 ori: un nuovo record per una spedizione azzurra in una singola manifestazione internazionale.

Questi ottimi risultati nelle competizioni internazionali ci dicono, dunque, che il nostro movimento è in salute, in forte crescita. Ovviamente il confronto va fatto con le altre nazioni europee: ha poco senso confrontarsi con Cina e Stati Uniti, cioè con nazioni che da sempre dominano la disciplina dei tuffi e che hanno tradizione, budget, centri di preparazioni neanche lontanamente avvicinabili a quelli italiani. Giusto per stabilire le proporzioni: la Cina ha vinto 175 medaglie ai Mondiali dalla prima edizione di Belgrado 1973, e battere gli atleti cinesi in qualsiasi specialità dei tuffi è un’impresa quasi impossibile per qualsiasi Paese al mondo.

Se guardiamo all’Italia, quello che conforta di più è la potenzialità degli atleti che ora compongono la squadra azzurra: l’età media dei convocati italiani, uomini e donne, per i Mondiali in corso a Fukuoka è di 25 anni. I tuffatori più in là con l’età sono Elena Bertocchi e Giovanni Tocci, già vincitori di medaglie ai Mondiali: Bertocchi ha conquistato due bronzi, mentre Tocci si è classificato terzo nella gara dal trampolino di 1 metro al Campionato Mondiale 2017. Poi c’è Lorenzo Marsaglia, 26enne e ancora alla ricerca del suo primo grande risultato in un Mondiale, ma con quattro medaglie europee già nel proprio palmarés.

Tra gli under, i più promettenti sono sicuramente Chiara Pellacani e Matteo Santoro. Pellacani, per risultati già ottenuti e margini di crescita, è considerata l’erede naturale di Tania Cagnotto: nel 2018 a Glasgow, a soli 16 anni, ha vinto – in coppia con Elena Bertocchi – la sua prima medaglia europea, l’oro nella gara sincronizzata dal trampolino di 3 metri; la coppia si è ripetuta anche ai Mondiali di Fukuoka, con un terzo posto e conquistando il pass per le Olimpiadi di Parigi 2024. Ma il trionfo più importante è arrivato ai Mondiali di Budapest dello scorso anno, quando ha vinto l’argento nel sincro misto, dal trampolino da tre metri, proprio in coppia con Matteo Santoro. Per familiarizzare con le potenzialità di Santoro, basti pensare che stiamo parlando del più giovane tuffatore italiano ad aver vinto una medaglia ai Mondiali o agli Europei: aveva 14 anni quando, nel 2020, riuscì a vincere l’oro europeo nel sincronizzato 3 metri misto, sempre accanto a Chiara Pellacani. Ovviamente il prossimo obiettivo di Santoro deve essere cimentarsi in gare individuali, ma il momento non sembra essere lontano: finora gli allenatori hanno preferito che gareggiasse solo in coppia, ma tra qualche anno l’Italia dei tuffi potrebbe ritrovarsi con un atleta di altissimo livello.

Grandi meriti per questa crescita evidente, per le enormi potenzialità della squadra azzurra, vanno ascritto al commissario tecnico, Oscar Bertone: la sua è stata una sorta di rivoluzione interna nel movimento, fondata sul reclutamento dei talenti più promettenti direttamente dai centri di preparazione federali; Bertone inoltre ha costruito un gruppo unito, coeso e disposto anche a sacrificarsi per le esigenze della squadra. È stato lui stesso a raccontarlo: «Abbiamo una Nazionale competitiva in ogni gara. Ci tengo a sottolineare che ho la fortuna di allenare un gruppo affiatatissimo, in cui non vi sono prime donne e in cui vi è un clima bellissimo, certe volte anche commovente; vi è un’unione perfetta tra staff e atleti. Questo è uno dei segreti dei nostri successi». La grande coesione dell’intera squadra si è percepita chiaramente nella reazione di tutti squadra dopo l’ultima medaglia vinta ai Mondiali di Fukuoka, quella conquistata da Pellacani e Bertocchi: il commissario tecnico è scoppiato in lacrime, un attimo dopo tutti sono andati ad abbracciare le due vincitrici del bronzo.

Bertone, poi, è stato bravo a circondarsi di uno staff con tanti anni d’esperienza nel mondo dei tuffi, con figure come quelle dell’ex tuffatore Nicola Marconi, vincitore di otto medaglie a livello europeo, o di un’allenatrice di ottima esperienza come Benedetta Molaioli. Non bisogna dimenticare poi Giorgio Cagnotto, un’istituzione per i tuffi italiani, uno scout abilissimo nel riconoscere il talento. Gli atleti descrivono i membri dello staff come delle persone sempre disponibili all’ascolto, sempre precisi nel dare i consigli tecnici giusti al momento giusto, una dote fondamentale per gestire una squadra giovane come quella italiana. Proprio per questo, naturalmente, c’è ancora tanto da lavorare, soprattutto per ottenere grandi risultati con costanza sui grandi palcoscenici globali, ma un cosa è certa: l’eredità di Tania Cagnotto non poteva finire in mani migliori, probabilmente.