Nella prossima Premier League, il tempo perso per esultare si trasformerà in recupero

Un altro piccolo passo verso il tempo effettivo.

Da tempo, ormai, le esultanze dopo un gol sono una parte fondamentale nell’identità dei calciatori: hanno un valore d’immagine che diventa inevitabilmente commerciale, quindi sono studiate, perfezionate, inevitabilmente meno spontanee rispetto al passato. Basti pensare a gesti iconici come il Siuuum di Cristiano Ronaldo – che è stato imitato anche da atleti di altri sport, per esempio i tennisti – oppure la posizione del loto di Erling Haaland. Oggi, insomma, le esultanze sono diventate una parte importante dello spettacolo-calcio. Nonostante tutto questo, però, i giocatori faranno bene a non perdere troppo tempo nei loro momenti di celebrazione: dalla prossima stagione di Premier League, infatti, gli arbitri useranno il cronometro per rilevare i secondi di gioco “perso” per festeggiare dopo un gol. E lo trasformeranno in tempo di recupero alla fine delle due frazioni di gioco.

Il comitato arbitrale inglese ha stabilito che il tempo passato a esultare per un gol sarà considerato un periodo «di non gioco«, e quindi da recuperare a fine primo o secondo tempo. E quindi, come detto, gli arbitri dovranno tener conto anche di quei secondi – o meglio: di quanti secondi sono stati utilizzati per festeggiare – nel calcolare i minuti di recupero da far disputare. Questa scelta del legislatore Ifab e dalla PGMOL (Professional Game Match Officials Limited) ha l’obiettivo di favorire la fluidità del gioco e l’aumento di minuti di gioco effettivo nel corso dei match di Premier. I dati Opta dell’ultima Premier League mostrano che, nell’ultima stagione, il tempo effettivo medio di una partita sia stato di 54 minuti e 49 secondi. Troppo pochi, secondo i vertici della lega. E allora è tempo di intervenire laddove possibile, in attesa che venga istituito il vero tempo effettivo.

In questo senso, la decisione del comitato arbitrale inglese si innesta sulla strada evidentemente tracciata dalla Fifa. Che, ricorderete, nell’ultimo Mondiale in Qatar ha incoraggiato gli arbitri ad assegnare recuperi molto consistenti. Non a caso, diverse partite della fase finale hanno durate extralarge, spesso superiori ai 100 minuti, naturalmente senza tener conto dei tempi supplementari: il match con i recuperi più lunghi fu quello tra Inghilterra e Iran, durato complessivamente 117 minuti, in cui l’arbitro assegnò 14 minuti da recuperare dopo il 45esimo e 13 una volta scaduto il 90esimo. Anche ai Mondiali femminili, in corso negli stadi di Australia e Nuova Zelanda, le cose stanno andando più o meno allo stesso modo: finora la partita tra Zambia e Giappone, durata ben 109 minuti è stata quella più lunga. Completano questo podio le sfide Colombia-Corea del Sud (108 minuti complessivi) e tra Canada e Irlanda (107).