Gianluca Scamacca, è tornato l’unicorno

La Serie A ritrova un attaccante dal profilo unico. Ora Gasperini dovrà trovare il modo di sfruttare il suo enorme potenziale.

Subito dopo aver firmato con l’Atalanta, che lo ha riportato in Italia dopo una stagione tormentata al West Ham, Gianluca Scamacca ha indicato in un’intervista il motivo principale della sua scelta: «Gasperini mi ha detto che ho qualità nascoste, che però lui vede. È la cosa che mi ha colpito di più». Scamacca sa bene di essere una bomba sul punto di esplodere, fin da quando era poco più di un ragazzino. E, per saltare l’intro di quella che sarebbe dovuta essere la carriera di uno dei più forti nove italiani della nuova generazione, se n’era andato nei Paesi Bassi, al PSV. Quando parla, sembra sempre concentrato sul momento della deflagrazione: nelle sue interviste più recenti, ancora da giocatore degli Hammers, si è detto sicuro che «chi lo avrebbe preso avrebbe fatto un affare» e che nella stagione appena iniziata «se fosse stato bene, avrebbe segnato venti gol1. Non si è mai preoccupato di dare di sé l’immagine di uno che vola basso, né si è censurato: come quando è in campo, non censura la sua smania di stravolgere ogni partita, né la fede incrollabile nella sua capacità di riuscire a fare anche le cose più difficili.

Come con tutti gli altri giocatori unici ma non ancora indispensabili, si finisce per parlare sempre di ciò che Scamacca può diventare e di ciò che ancora non è. Al limite, di quello che avrebbe potuto o dovuto essere per funzionare, come il suo compagno di reparto Michail Antonio, che due mesi fa ha elogiato le sue doti tecniche fuori dal comune, ma in sostanza ha detto che per giocare in attacco con Moyes «devi saperti arrangiare, devi essere un combattente», e che quindi Scamacca non lo è. Come sempre, c’è uno scarto tra Scamacca e le aspettative degli altri, e questo finisce per polarizzare i giudizi su di lui, anche se si tratta di un giocatore ancora giovane: o ci si sofferma sulle sue inconsistenze fino a sottendere l’inganno, oppure si riempiono i buchi della sua carriera con la bellezza che produce quando impatta di collo pieno un pallone a mezz’aria e fulmina la porta da molto lontano. Il suo modo di muoversi in campo e il suo corpo affilato, ricoperto di tatuaggi, bastano a rompere anche solo per l’impatto visivo la monotonia estetica di una qualsiasi partita di calcio. Il suo modo di giocare è ancora più appariscente: acrobatico, estroso, con punte di egoismo che, vista la pulizia tecnica e la facilità con cui si connette con i compagni e il suo ruolo di grosso centravanti di manovra, fanno sembrare le sue giocate rischiose delle azioni ancor più indisciplinate. Forse, Scamacca è semplicemente un giocatore difficile da capire.

Alle parole di Michail Antonio, Moyes ha risposto non rispondendo, ma in effetti l’attaccante giamaicano ha centrato un punto importante: il corpo di un metro e novantacinque, i gol di testa segnati in carriera e la sua incredibile facilità di calcio restituiscono spesso un’immagine di centravanti un po’ stereotipata e riduttiva, troppo lontana dal calciatore che è davvero Scamacca. Pur essendo alto quasi due metri, deve crescere molto nel gioco spalle alla porta  – lo ha detto persino Dionisi, e anche con toni inaspettatamente accesi, verso la fine della stagione a Sassuolo, nel pieno del suo calo di rendimento  –  almeno per quanto riguarda l’abilità nell’usare un fisico del genere e resistere ai contatti. La lacuna più evidente quando ha lasciato la Serie A, infatti, era proprio la capacità di difendersi dalle marcature a uomo parecchio aggressive, al punto da patire i difensori particolarmente forti in anticipo; la sua stagione in Premier League, rivedendo alcune delle sue migliori partite, sembra essere stata una discreta palestra in questo fondamentale, ma rimane l’aspetto del suo gioco su cui dovrà continuare a lavorare.

Scamacca non è, quindi, il tipo di calciatore che per il momento è in grado, come dice Antonio, di «arrangiarsi con poco» e che può essere lasciato da solo a raccogliere palloni lunghi e fare a sportellate con la difesa. Non è ancora a suo agio nel duello corpo a corpo, né possiede il cambio di passo per guidare in autonomia transizioni pericolose: anche se dà l’impressione di poter condizionare una partita nel secondo che impiega a caricare un tiro, paradossalmente è un profilo che dipende molto dal contesto per stabilizzarsi sui suoi picchi. Il suo calcio fiorisce quando può venire incontro, muoversi su tutta la trequarti e toccare tanti palloni, avere tante opzioni di passaggio: ciò che lo rende una specie di unicorno, in Serie A, è proprio la rarità del suo bagaglio tecnico rapportato a quello degli altri centravanti e al suo fisico fuori dal comune, la sensibilità con cui sa mettere giù il pallone e girarsi con il controllo a seguire, rifinire l’azione con palloni verticali precisi, servire i compagni sulla corsa, chiudere triangoli. Ha un’indole associativa preziosa, ma come detto è anche un calciatore incostante e, nel senso migliore del termine, irregolare, che ama fratturare l’azione con tiri da ogni posizione e giocate personali. Tutto ciò che fa, dagli assist con cui mette in porta i compagni che si inseriscono a gol come quello segnato due stagioni fa a San Siro contro il Milan, una specie di tributo a quello del suo idolo Ibrahimovic di quindici anni prima in un Inter-CSKA Mosca di Champions League, sono frutto di ispirazioni, di una tendenza istintiva alla giocata.

È forse questa la conseguenza tecnica più evidente del fatto che, a 24 anni, Scamacca non ha ancora annullato lo scarto tra realtà e possibilità: la sua prima stagione da titolare ad alti livelli è stata proprio quella con il Sassuolo, con cui ha segnato relativamente tanto (16 gol), ha mostrato il suo luccicante repertorio tecnico, ma dopo un girone sorprendente è andato gradualmente calando, senza mai dare la sensazione di essere il centro del gioco dei neroverdi, o almeno quanto le sue qualità gli avrebbero consentito; al West Ham ha avuto dei lampi, ma ha faticato sia per le richieste che per gli infortuni. In poche parole, la sua carriera l’ha testato ancora troppo poco ad alti livelli, quando solitamente un coetaneo con le sue doti ha già giocato in diversi tipi di contesto, dando un’idea abbastanza solida di quali siano i propri margini.

L’ultimo Scamacca visto in Serie A era un attaccante molto forte: 16 gol segnati, alcuni davvero stupendi

In una sua lettera pubblicata su Cronache di Spogliatoio, ha detto ha detto che sta aspettando l’incastro giusto per poter esplodere: lo step successivo, per Scamacca, sarà diventare un giocatore più continuo, disciplinare la sua componente istintiva quel poco che basta per sviluppare ulteriormente quella associativa. Per un calciatore come lui è difficile che un’evoluzione del genere passi per il sacrificio della parte più esuberante del suo talento: probabilmente ha solo bisogno di vedere crescere la qualità intorno a sé, trovare posto in un sistema il più possibile affine alle sue caratteristiche – quindi basato sul possesso e sul fraseggio – e, in maniera naturale, inserirsi in quel flusso di calcio. L’Inter, in questo senso, sembrava averlo scelto per sostituire Dzeko all’interno di un contesto sempre alla ricerca del dominio – e quindi in grado di sollecitarlo di continuo – in cui la punta viene continuamente incontro, palleggia con le mezzali, cambia campo innescando gli esterni sul lato debole o chiude con loro uno-due: le sue doti associative, oltre alla continua minaccia, aerea e non, che costituisce la presenza in area di un calciatore in grado di coordinarsi e calciare in tutti i modi in tempi brevissimi, sembravano fatte per la squadra di Inzaghi e viceversa.

All’Atalanta troverà presumibilmente un sistema meno elaborato in possesso, più verticale – e questo potrebbe richiedergli un sforzo lievemente maggiore. Ma, allo stesso tempo, lavorerà con un allenatore che ha saputo esaltare le caratteristiche di tipi molto diversi di punte e fatto toccare il picco di rendimento a calciatori ancora sospesi tra aspettative e realtà, come Ilicic e Muriel: Gasperini l’ha chiesto esplicitamente e di certo costruirà il reparto in modo da esaltare sia le sue caratteristiche che quelle di un freak fisico come El Bilal Touré, che potrà integrare la coppia con una forza in progressione e un uso del corpo ben diversi da quelli dell’italiano, oppure di un dribblatore come Ademola Lookman, qualora dovesse restare. Molto dipenderà da come l’Atalanta, ceduto Højlund, deciderà di ridisegnare il suo attacco. L’importante, per Scamacca, quest’anno a Bergamo come in futuro, sarà avere una squadra che non scambi il senso di onnipotenza che lascia trasparire in ogni singola giocata per autosufficienza, che non si limiti ad appoggiarsi alla sua straordinaria coordinazione, con cui crea gol meravigliosi dal gol dal nulla, o all’illusione che il suo corpo pesi più del suo talento, ma che cerchi di stimolare tutti i lati del suo particolarissimo profilo tecnico. All’esplosione, questa volta, sembra mancare poco, forse solo un po’ di benzina.