L’avversaria del West Ham in Europa League è una squadra serba sovvenzionata da Orbán

Si tratta del TSC Bačka Topola, ed è solo uno dei club sostenuti più o meno ufficialmente dal premier ungherese.

Viktor Orbán è un grande appassionato di calcio. E negli ultimi anni ha investito molto denaro nella crescita del suo sport preferito, riportando di fatto l’Ungheria nella media borghesia d’Europa dopo decenni di mediocrità. Dietro questa passione/azione, però, c’è sempre stato e c’è ancora un calcolo politico. Intendiamoci: nulla che sia illegale o nuovo, dal punto di vista storico, del resto il legame tra il calcio e gli uomini di potere è sempre stato ed è ancora molto forte – e poi, come dire, i veri problemi dell’Ungheria e del governo di Orbán sono da cercare altrove. Ma alcune storie sono davvero particolari, anche perché si espandono al di fuori dei confini nazionali. Per esempio quella del TSC Bačka Topola, una squadra serba che si è qualificata per la prima volta nella sua storia al tabellone principale dell’Europa League dopo aver risalito l’intera piramide del calcio nazionale: la prima promozione nel massimo campionato del TSC risale al 2019, un anno dopo ha partecipato ai preliminari di Europa League e pochi mesi fa ha chiuso il campionato al secondo posto, alle spalle dell’irraggiungibile Stella Rossa, conquistando l’accesso ai turni estivi di Champions League. Ad agosto è arrivata la sconfitta contro il Braga, ma questo non ha impedito al TSC di accedere ai gironi di Europa League. E di essere sorteggiato nello stesso raggruppamento di West Ham, Olympiacos e Friburgo.

Ora, direte: cosa c’entra la storia di una piccola squadra serba con Viktor Orbán? Lo ha spiegato il Guardian in questo lungo reportage sul TSC: in pratica, il club di Bačka Topola – cittadina della Vojdovina a 36 chilometri dal confine ungherese – è sovvenzionato direttamente dal ministro presidente di stanza a Budapest. A ottobre 2018, per dire, Orbán ha partecipato alla cerimonia di apertura di una nuova Academy calcistica nella zona, ha assistito a un torneo in una struttura costata 9,5 milioni di euro e ha anche premiato la squadra vincitrice. Come detto prima, dietro questo comportamento c’è una precisa strategia politica: la Vojvodina, infatti, è una regione in cui abitano circa 185mila ungheresi. E molti di questo hanno diritto alla cittadinanza e possono votare alle elezioni di Budapest.

La vicinanza di Orbán al TSC è stata confermata in maniera ufficiale dal presidente del club, Janos Zsemberi: «Dall’Ungheria ci hanno aiutato ad arrivare dove siamo ora», ha detto al Guardian. «Il governo ci ha dato il suo sostegno, in segno di rispetto verso la comunità ungherese della nostra regione. Ma rimaniamo un club serbo». Come se non bastasse, il TSC porta sulle maglie il logo di MOL Group, la più importante azienda ungherese, una multinazionale nel business del gas e del petrolio; inoltre, da Budapest sono arrivati finanziamenti ingenti per il settore giovanile – si parla di 30 milioni di euro di liquidità – e due delle figure chiave nella storia del club sono stati Ferenc Arok, ex ct della Nazionale australiana diventato consulente calcistico di Orbán, e l’allenatore Zoltan Sabo, morto nel 2020 per complicazioni legate al Covid, entrambi ungheresi.

Il caso del TSC non è isolato, e non è neanche l’unico fuori dall’Ungheria: il club serbo, intanto, collabora in modo continuativo con la Puskas Akademia, club fondato nel minuscolo villaggio natio di Orbán (Felcsút, poco più di mille abitanti) e che ora gioca stabilmente nella prima divisione ungherese, e negli anni si è imposto come uno dei migliori modelli formativi del Paese; altre società sovvenzionate in modo più o meno ufficiale da Orbán militano nel campionato slovacco e rumeno, e rappresentano dei territori abitati da tanti ungheresi, per appartenenza diretta o per discendenza: si tratta del Sepsi e del DAC Dunajska Streda. Anche nel calcio croato c’è un piccolo feudo di Orbán: l’Osijek è rinato grazie agli investimenti di Lorinc Meszaros, oligarca che ha acquisito il club nel 2016 e che è direttamente collegato con la Puskas Akademia.

Quella che fa capo a Orbán, e quindi al governo ungherese, non può essere una vera e propria multiproprietà calcistica privata, come quella della Red Bull o del City Football Group. Però opera più o meno nello stesso modo. L’ha spiegato ancora Zsembri: «Noi del TSC e altre squadre in giro per l’Europa riceviamo denaro dalle stesse fonti, quindi finiamo per condividere i nostri percorsi, le nostre esperienze. Cresciamo insieme». Ma cosa ottiene, in cambio, il premier ungherese? Semplice: prestigio e soprattutto considerazione da parte degli ungheresi che vivono negli altri Paesi, e che vedono prosperare le proprie squadre. Un capitale virtuale che poi si traduce in voti, o comunque in influenza propagandistica, a ogni tornata elettorale.

Ovviamente non tutti, in Ungheria e non solo, apprezzano questo tipo di strategia di business sportivo da parte di Orbán. Anche perché, come scrive anche il Guardian, gli ungheresi in patria lamentano mancanza di servizi e infrastrutture. Problemi che potrebbero essere risolti, o comunque mitigati, utilizzando i fondi dello Stato che invece vengono spesi nel calcio. Inoltre, anche all’estero ci sono delle critiche: in Romania, per esempio, una partita tra Sepsi e Universitatea Craiova giocata a gennaio 2023 è stata sospesa a causa dei cori anti-ungheresi dei tifosi ospiti. Anche i giocatori del TSC sono stati attaccati dalle curve serbe, con cori che li definiscono «ungheresi». E non certo con benevolenza. La risposta che arriva dall’ambiente del TSC, però, è piuttosto semplice: Djordje Lakic, tifoso del club da moltissimi anni, ha spiegato che «molti serbi ci dicono che non dobbiamo sostenere il TSC perché è finanziato dal governo ungherese, e io dico sempre la stessa cosa: perché nessun imprenditore o politico serbo non ha mai supportato il nostro club? Perché non si sono organizzati e non hanno raccolto soldi per aiutare il club e portarlo dov’è ora?». Non fa una piega, in effetti. Ma solo a guardarla dal punto di vista del tifo.