José Mourinho è il peggior allenatore della Roma negli ultimi dieci anni, dicono i dati

Da Garcia a Paulo Fonseca, nessuno ha vinto così poche partite. Sia in Serie A che in tutte le competizioni.

La sconfitta incassata a Genova contro il Genoa, un netto 1-4 che non ammette molte recriminazioni, ha sancito l’inizio della crisi della Roma. È una questione di numeri: la squadra giallorossa ha messo insieme cinque punti in sei partite, lo stesso identico score della stagione 2010/11, quella iniziata peggio nell’era dei tre punti. Allora in panchina c’era Claudio Ranieri e l’unica vittoria arrivò contro l’Inter, con tre sconfitte su tre in trasferta – Cagliari, Brescia, Napoli – e due brutti pareggi all’Olimpico contro Cesena e Bologna. Stavolta in panchina c’è Mourinho, e l’unico risultato davvero positivo (in campionato) è arrivato contro Empoli (7-0); poi parggi con Salernitana (2-2) e Torino (1-1) e tre sconfitte: a Verona, in casa contro il Milan e a Marassi.

Le statistiche della Roma, insomma, sono eloquenti. Anche perché sono oggettive, incontrovertibili. E lo sono anche se volessimo andare più ad ampio raggio, per esempio considerando l’intera esperienza di Mourinho sulla panchina giallorossa. Questo è lo score del tecnico portoghese: 37 vittorie, 20 pareggi e 25 sconfitte in 82 gare di Serie A, per una percentuale di vittorie del 45%; se vogliamo considerare anche tutte le altre competizioni, quindi Coppa Italia, Europa e Conference League, i numeri cambierebbero in questo modo: 57 vittorie, 27 pareggi e 33 sconfitte in 117 partite ufficiali, percentuale di vittorie pari al 48%. Abbiamo inserito anche la percentuale di vittorie perché quel dato ci permette di fare un confronto diretto col passato. E, quindi, di poter affermare che José Mourinho è l’allenatore giallorosso che ha avuto il peggior rendimento complessivo, se guardiamo agli ultimi dieci anni.

Tutti i suoi predecessori dal 2013 a oggi, infatti, hanno messo insieme una percentuale maggiore di vittorie rispetto alle gare giocate: Rudi Garcia, se guardiamo solo alla Serie A, aveva il 57% di gare vinte, quota che scendeva al 51% considerando tutte le competizioni; il suo successore, Luciano Spalletti (era 2016-2017), arrivò al 73% in Serie A e al 66% in tutte le competizioni; Eusebio Di Francesco oscillò tra il 54% in gare di Serie A e il 53% considerando anche Coppa Italia e Champions League; il Ranieri-bis, tra febbraio e maggio 2019, raggiunse il 50% di gare vinte; Paulo Fonseca, infine, aveva una quota del 51% in gare di campionato e del 50% considerando anche le altre manifestazioni.

Questi, come detto, sono puri dati statistici. Poi è chiaro che alcune vittorie vadano pesate. Nel senso: nessuno di questi allenatori è riuscito a portare un trofeo a Roma, mentre Mourinho ha vinto la Conference League del 2022. E ha sfiorato la vittoria in Europa League pochi mesi fa. Allo stesso tempo, però, il percorso nelle coppe europee – la scelta anche virtuosa, verrebbe da pensare, di puntare molto sulle coppe europee – non può nascondere il dato oggettivo per cui la Romadi Mourinho abbia tenuto un rendimento quantomeno incerto, ma possiamo definirlo anche deludente, nelle gare disputate in Serie A. Non a caso, viene da dire, i giallorossi non hanno mai raggiunto il quarto posto che vale l’accesso alla Champions League. E raramente hanno avuto una classifica che gli permettesse di accarezzare in modo concreto questa ambizione. Insomma, siamo al terzo anno e il progetto di Mourinho a Roma fa ancora fatica a decollare. Il vero problema è proprio questo, a pensarci bene: le criticità riscontrate nelle ultime stagioni sono ancora lì, non sono state superate, la squadra giallorossa è già attardata in campionato e ha giocato un solo big match, per altro perdendolo, contro il Milan. Che sia arrivato il momento di fare una riflessione sul futuro dell’allenatore?