L’unico punto debole del Manchester City è la rosa corta?

Guardiola e il suo club hanno scelto di non avere troppi giocatori a disposizione. Ma ora la coperta di Pep sembra piuttosto corta.

Il Manchester City ha perso la prima partita della sua stagione, 1-2 in casa dei Wolves. Niente di clamoroso o di particolarmente strano, in fondo parliamo di una squadra che l’anno scorso ha vinto tutto quello che poteva vincere, nel vero senso della parola, e che aveva cominciato la nuova annata con sei vittorie in sei gare di Premier League. Il punto, però, è che la sconfitta di Wolverhampton è arrivata tre giorni dopo quella di Newcastle, uno 0-1 che ha estromesso Guardiola e i suoi uomini dalla League Cup. Insomma, se una sconfitta non fa rumore, due cominciano a smuovere qualcosa. A maggior ragione se sono consecutive. Uno dei dubbi sollevati intorno al City riguarda la lunghezza della sua rosa: se oggi apriamo la home page del Times, per esempio, troviamo un articolo dal titolo “Kovacic proves no replacement for Rodri in City midfield”, e non c’è bisogno di traduzione; allo stesso modo, in questa analisi, invece, The Athletic si è chiesto se «la mancanza di profondità della rosa possa essere un problema superabile, per Pep».

Ma di cosa stiamo parlando, esattamente? Il Manchester City è davvero carente dal punto di vista numerico e quindi tecnico? Al momento, la rosa di Guardiola – se teniamo conto dei giocatori che sono stati convocati nel corso di questa stagione – è composta dai seguenti giocatori: i tre portieri Ederson, Ortega e Carson; gli otto difensori Walker, Lewis, Gómez, Akanji, Aké, Rúben Dias, Gvardiol, Stones; i sette centrocampisti Foden, Phillips, Rodri, Kovacic, Bernardo Silva, Matheus Nunes, De Bruyne; in cinque attaccanti Haaland, Álvarez, Bobb, Grealish, Doku. In totale sono 23 giocatori, in effetti non proprio tantissimi per una squadra chiamata a giocare sette competizioni in questa stagione – in ordine di apparizione: il Community Shield perso contro l’Arsenal, la Supercoppa Europea vinta contro il Siviglia, la Premier League, la Coppa di Lega, la Champions League, la FA Cup e il Mondiale per club. Il numero, poi, si abbassa ulteriormente se pensiamo che De Bruyne e Stones sono fermi da inizio stagione, che il 23esimo uomo resta il terzo portiere Carson e che l’esterno Oscar Bobb, aggregato in prima squadra a partire da quest’anno, ha solamente vent’anni e ha messo insieme 47 minuti in Premier League e altri sette in Champions, più una partita da titolare in Coppa di Lega. Insomma, non è proprio una prima scelta.

Dal punto di vista degli incastri tecnico-tattici, in effetti il Times ha ragione: manca un sostituto naturale di Rodri. E l’assenza di Stones, utilizzato l’anno scorso come secondo mediano di costruzione a centrocampo, non ha fatto altro che rendere più pesante questa lacuna. Kovacic, infatti, è una mezzala di possesso più che un pivote davanti alla difesa; Phillips, invece, è un mediano più fisico e più elementare nella gestione del possesso. Sembra mancare qualcosa anche nel subreparto degli esterni difensivi: Walker e Lewis sono dei laterali destri, Gómez è l’unico terzino sinistro di ruolo, ma sappiamo anche che Guardiola tende ad adattare dei centrali in quel ruolo, a cominciare da Akanji e dal nuovo arrivato Gvardiol. Anche in questo caso, però, l’assenza di Stones finisce per accorciare – e di molto – la coperta, ancor più dopo l’addio di Laporte, trasferitosi in Arabia Saudita qualche settimana fa. L’arrivo di Nunes a centrocampo ha “coperto” l’addio di Cole Palmer, passato al Chelsea, in avanti Haaland è intoccabile e agli altri, soprattutto a Julian Álvarez, tocca fare gli straordinari. Non a caso, viene da dire, Guardiola si è inventato l’argentino come seconda punta mobile accanto al suo numero nove.

Quando a Pep è stato chiesto come e – soprattutto – perché il Manchester City avesse deciso di tenere una rosa senior abbastanza limitata, la sua risposta è stata chiara: «È un rischio, certo, ma si tratta di una scelta sostenibile per il club. Ogni giocatore ha un compenso, uno stipendio. E noi l’abbiamo scelto perché potesse ricoprire diversi ruoli in rosa. Bernardo Silva può giocare in due o tre posizioni, stessa cosa per Foden e Álvarez. Quando hai 25 giocatori e non devi far fronte agli infortuni, come faccio a gestire solo 11 calciatori che vanno in campo e altri 14 che restano fuori per molte partite. Ripeto, preferisco correre certi rischi». Pagherà ancora? Il campo, per il momento, dice di sì.