Gatti, fumogeni e politica nel quartiere del Galatasaray

Nevizade Sokak è la strada in cui pulsa il tifo per il Gala. Ma è anche un luogo di storia e integrazione, in cui si mescolano la storia e la nuova identità della parte europea di Istanbul.

A Nevizade Sokak, al mattino presto, si iniziano già a sentire i primi profumi delle colazioni turche, le kahvaltı. Le lunghe piastre in cucina vengono lucidate dai kebapçı del quartiere, mentre le viuzze tutt’intorno sono ancora semivuote. Se vi dovesse capitare di camminare da quelle parti verso le otto del mattino, in via Nevizade trovereste più gatti che umani, un’abitudine a Istanbul. Tra i negozi con le serrande ancora abbassate, tra un felino e l’altro, potreste scorgere qualche sciarpa giallorossa. Si popola lentamente via Nevizade, il covo dei tifosi del Galatasaray che arrivano alla spicciolata per la lunga e abbondante colazione. Il ritrovo giallorosso per eccellenza non poteva che essere dietro la Torre di Galata, costruita dai genovesi che hanno fondato il quartiere. Il Galatasaray, letteralmente “palazzo di Galata”, porta ancora oggi quel nome, che racconta la vita del liceo in cui l’élite della società turca ha tradizionalmente studiato le lingue straniere (e non solo), andando a formare le parti più agiate di un’altissima borghesia.

Oggi il Galatasaray non è più un’élite, ma una tradizione tramandata di padre in figlio: un popolo variegato e sparso per l’Europa, che si fonde noncurante delle differenze politico-culturali in un’unica via, a partire dal mattino. A Nevizade la vita scorre su più piani, tra i ristoranti sul ciottolato e le terrazze in cui il popolo giallorosso mangia, beve e vive in condivisione. Che sia il giorno del derby intercontinentale contro il Fenerbahçe, in cui tutto viene amplificato all’ennesima potenza, o una normale partita di campionato, a Nevizade non si vive la partita come un evento serale dopolavoro o post-aperitivo, ma come qualcosa che mangia l’intera giornata e ne detta i ritmi.

Le vite in Turchia hanno cadenze che oscillano dalla frenesia pura, perfettamente rappresentata dal traffico invivibile di Istanbul, alla rilassatezza apparentemente compassata di una partita del gioco nazionale turco, il tavla – da noi conosciuto come backgammon. È quella musica, fatta di pezzetti di plastica che si spostano nervosamente sulla tavola, mentre i dadi saltano di continuo, a rendere elettrica l’atmosfera di via Nevizade. E visto che parliamo di Turchia, un Paese polarizzato e diviso, Nevizade è anche una finestra sulla forza e sulla determinazione delle donne. È una delle strade più secolarizzate, dove circa il 90% delle tifose non porta l’hijab a coprire i capelli. Anzi, un’usanza comune in tutta la Turchia è portare sui capelli un cerchietto ben visibile con, ben visibili, i colori della squadra del cuore. Valvola di sfogo potentissima in un Paese dalla cultura ancora profondamente patriarcale, il calcio annulla barriere e gerarchie, e sulla via giallorossa sono tutti (e tutte) travolti da un’esperienza sensoriale a tutto campo.

Il Galatasaray è una società polisportiva, e al momento ha 19 sezioni aperte: calcio, basket, pallavolo maschili e femminili, ma anche bridge, scacchi e una squadra di eSports.

Ai colori e ai sapori di Nevizade a un certo punto si aggiunge un odore nuovo, fastidioso e penetrante, che nulla a che fare con cibi e litri di rakı dall’inconfondibile richiamo alla nostra sambuca. La coltre di fumogeni, ovviamente giallorossa, diventa un’ulteriore presenza aggiunta al lunghissimo tavolo unico che unisce tutta la via. Dortmund nel 2014, e non solo: in occasione di tantissime gare i tifosi del Gala hanno usato i fumogeni in modo intensivo. Lo hanno fatto soprattutto all’estero, e non è un caso: il sistema elettronico di tessera del tifoso “PassoLig”, introdotto nel 2014, ha portato a un giro di vite sui gruppi ultras locali.

Persino le coreografie sono state attenzionate dalle autorità: un caso paradossale e ormai celebre è quello del derby intercontinentale del 2017, in cui gli ultrAslan del Galatasaray disegnarono una gigantografia di Rocky Balboa. C’era scritto: “Rialzati: sembrano grandi soltanto perché tu sei in ginocchio”. Apparentemente innocua, la frase “Ayağa kalk” – «Rialzati», appunto – ha ricordato una poesia letta in pubblico dal predicatore Fethullah Gülen all’inizio di quell’ottobre 2017, a poco più di un anno dal tentato colpo di Stato in Turchia nel 2016.

Gülen è rimasto l’accusato principale, da parte di Recep Tayyip Erdoğan, di quella notte da incubo vissuta dall’intero Paese, in cui una frangia dell’esercito ha lottato contro polizia e forze speciali per prendere il controllo del potere. Il governo turco aprì un’inchiesta sulla coreografia, poi finita nel dimenticatoio. Il messaggio era più profondo: in meno di quattro anni dalle proteste di Gezi, il governo aveva portato a processo sia gli ultrà del Beşiktaş che quelli del Galatasaray. Nessuno era più intoccabile, nemmeno allo stadio.

I colori sociali del Galatasaray, in origine, erano il rosso e il bianco. Poi divennero giallo e blu. Qualche tempo dopo, visitando un negozio, i dirigenti della società rimasero colpiti da alcune stoffe giallorosse, dalle tonalità intense, e decisero di acquistarle. Una scelta casuale arrivata fino ai giorni nostri.

Forse proprio per quello, la diffusione di fumogeni in via Nevizade è ben tollerata dai locali. E allora i tifosi del Gala non badano a spese. La qualità dell’aria ne risente, ma l’atmosfera si riscalda anche così. Le persone stesse, pian piano, si trasformano: tutti cantano, alcuni salgono sui tavoli delle meyhane, le trattorie. Il luogo del Galatasaray, ben prima dei 90 minuti in campo, diventa l’intera Nevizade, dove non serve comprare un biglietto per partecipare alla partita, a quella festa che appartiene a tutti.

Un occhio non molto attento potrebbe persino non accorgersi del serpentone di gente che inizia a lasciare Nevizade, convergendo verso Taksim e la metro verde. La direzione, ovviamente, è quella dello stadio. Ma il viaggio per arrivarci, a quella viuzza di Galata, è un modo perfetto per raccontare la città di Istanbul di oggi. E vale la pena farsi rapire, per qualche ora, da una passione eterna e immutabile. Che va al di là di Icardi, Sneijder o Zaniolo. Non importa che sia un eroe di oggi, una leggenda di ieri o uno dei tanti a lasciare Istanbul dopo pochi mesi: i giocatori vanno e vengono, più in Turchia che nel resto d’Europa. Ciò che resta sono i rituali, che in via Nevizade si ripetono, dal mattino fino a quando tutto si svuota. In strada tornano soltanto i gatti, probabilmente infastiditi dalle carcasse dei fumogeni, e quelle 24 ore di anomalia rimangono ferme nella memoria di chi le ha vissute, parte di una comunità vera che si tramanda di generazione in generazione.

Dal numero 52 di Undici
Foto di Giuseppe Romano