La storia di come l’Arsenal ha salvato il Siviglia dal fallimento

L'acquisto di Reyes, a gennaio 2004, permise al Siviglia di sopravvivere. E di avviare il suo ciclo vincente.

Se c’è un momento che ha cambiato la storia recente del Siviglia, che ha permesso alla squadra andalusa di iniziare il percorso che l’ha portata a diventare una realtà vincente del calcio europeo, quel momento cade nel corso del mercato invernale del 2004. Lo dice la storia, lo racconta – in modo dettagliato – questo articolo di El País, pubblicato alla vigilia di Arsenal-Siviglia, gara della fase a gironi di Champions League: come detto eravamo nel 2004, il club andaluso era in lotta per conquistare un posto in quella che allora si chiamava Coppa Uefa, solo che fuori dal campo era immerso in una crisi economica disastrosa. Pochi anni prima, nel 2001, il direttore finanziario del club – tale Augusto Lahore – aveva detto che «euro non ne abbiamo, di pesetas ce n’è rimasta qualcuna. Ma non abbastanza per comprare i palloni».

Dal punto di vista puramente contabile, a gennaio 2004 l’esposizione debitoria del Siviglia era di 40 milioni di euro. Un’enormità, per il calcio dei primi anni Duemila. In squadra, però, c’era un talento che aveva attirato l’attenzione di tanti club europei, anche di primissima fascia: José Antonio Reyes, ventenne cresciuto nella cantera sevillista e aggregato alla prima squadra già da quattro stagioni, un esterno d’attacco fantasioso e funambolico, «probabilmente uno dei tre migliori giocatori cresciuti nel vivaio del Siviglia» almeno secondo Joaquín Caparrós, alla guida del Siviglia a inizio 2004. Reyes aveva rinnovato il contratto da poco tempo, la società voleva tenerlo per farne un uomo-simbolo del club – anche in vista del centenario del 2005. Ma, come detto, si poneva il problema dei debiti: i 40 milioni richiesti dai creditori avrebbero potuto portare al fallimento della società. José María del Nido, presidente del Siviglia tra il 2002 e il 2013, ricorda come andò a finire: «Ricordo che, dopo i primi contatti esplorativi, l’offerta dell’Arsenal fu di 18 milioni. Noi rilanciammo e arrivammo fino a 25. Bonus compresi. Accettare è stato doloroso, ma farlo era necessario dal punto di vista aziendale: dovevamo risollevare un’istituzione vicina alla bancarotta».

Lo stesso Reyes, che poi sarebbe tornato al Siviglia nel 2012 e sarebbe morto nel 2019 a causa di un incidente stradale, parlò così annunciando il suo passaggio all’Arsenal: «La mia intenzione era quella di restare al Siviglia, e anche il club voleva che io rimanessi. Me ne sarei andato solo se fosse arrivato un pazzo con un’offerta gigantesca. Quel pazzo è arrivato». Si trattava dell’Arsenal degli Invincibili: Reyes avrebbe disputato gli ultimi sei mesi della stagione conclusa senza sconfitte in Premier League, poi sarebbe stato una valida pedina sullo scacchiere di Wenger fino al 2006, anno del suo ritorno in Spagna, al Real Madrid. Il Siviglia, proprio nel 2006, avrebbe conquistato la sua prima Coppa Uefa. Ora in bacheca ne ha sette. Quel trionfo, secondo il presidente Del Nido, cominciò a materializzarsi proprio con la cessione di Reyes: «I soldi che incassammo non ci permisero solo di salvare il club, ma anche di capire quale fosse la formula per essere competitivi, per vincere: dovevamo comprare a buon mercato, valorizzare il talento e vendere bene. Da lì abbiamo iniziato un percorso che ci ha portato a essere il club che siamo oggi».