Trent’anni di Predator, la scarpa da calcio più famosa di sempre

Quella con la linguetta lunga e il design aggressivo, quella di Zidane, Beckham e Del Piero. Un mito del calcio che torna anche in una nuova versione.

Qual è l’elemento che trasforma un oggetto, per quanto bello, in un pezzo di storia del design? C’entrano diversi fattori, oltre alla bellezza, al disegno, appunto, e alla funzionalità. Qualcosa di più sottile e inafferrabile, che ha a che fare con il saper catturare lo spirito del tempo, da un lato, e dall’altro di poter essere riconoscibile attraverso gli anni. I decenni. Nel mondo del calcio, pochi artefatti riescono ad avere questa fortuna. Perché le maglie cambiano di anno in anno, perché i drop degli accessori, ancora di più, hanno uno span di vita – e quindi di hype – di poche settimane appena.

Nel 2024 compie 30 anni la scarpa che, più di ogni altra, ha saputo incarnare tutte queste caratteristiche: la Predator di adidas. Design, ecco. Perché se hai guardato una partita di calcio internazionale, dal 1994 in poi, e chiudi gli occhi e pensi alla parola “Predator”, non puoi non vederle. Bianche, rosse e nere, nella loro livrea classica, la linguetta esagerata che si piega in avanti a coprire l’allacciatura, fissata con un elastico alla suola, e gli inserti in gomma nel collo del piede per aumentare l’attrito tra scarpa e pallone. Le gambe che le manovrano, anche quelle, sono parte della leggenda: appartenevano a Zinédine Zidane, a David Beckham, ad Alessandro Del Piero, e oggi, tra gli altri, al giocatore che più di tutti si merita l’appellativo di fenomeno. Jude Bellingham.

Quello che non tutti sanno è che la mente dietro una delle scarpe più innovative di sempre è un calciatore australiano non troppo memorabile in campo, ex di Liverpool e di Middlesborough: Craig Johnson. I primi esperimenti di Johnson utilizzando pezzi di gomma sugli scarpini di pelle da calcio furono amatoriali e fai-da-te: Johnson, accortosi dello scarso controllo di palla che aveva in una giornata di pioggia, si è trovato a staccare la copertura delle racchette da ping pong e a incollarle sul collo del piede, ed effettivamente – scoprì – il grip migliorava nettamente.

Nel 1994 adidas produce quindi la Predator OG. Un look aggressivo, con le tre strisce che ricordavano dei graffi o degli artigli, la gomma, appunto, a decorare come le squame di un serpente il collo del piede e il tallone, e i dettagli rossi nella suola a dare un tocco di colore e spavalderia. Nel 1995 arriva la Predator Rapier, che ha un design molto simile ma su cui compare, soprattutto, la caratteristica linguetta piegata all’ingiù. Predator Touch arriva nel 1996, ed è la scarpa con cui David Beckham segna il memorabile gol da metà campo contro il Wimbledon: la precisione assoluta. Nel 1998 arriva la Accelerator, il look si fa ancora più aggressivo e moderno, con le tre strisce che si ingrandiscono e il rosso che colora anche la parte superiore della scarpa. Ancora una volta, il graffio nella storia. Zizou Zidane porta la Francia al suo primo trionfo Mondiale e sono loro le scarpe con cui accarezza il pallone, disegna traiettorie e danza veroniche avvolgenti, sotto i calzettoni rossi.

Nell’evoluzione del design le linee, anno dopo anno, si fanno più sinuose, il rosso si prende più spazio, i gol continuano ad arrivare. Poi, un altro segno nella storia della Coppa del Mondo: è sempre l’interno collo di Predator – stavolta Absolute – quello che dà un colpo al Teamgeist che si infila sotto il sette, il piede destro invece appartiene ad Alessandro Del Piero, e l’Italia andrà a vincere il suo quarto Mondiale.

Passano gli anni e cambia anche la linea di colori: nel 2012 con Predator LZ arrivano blu e fucsia, poi l’arancione con Instinct. Il design, naturalmente, evolve: ora la concentrazione è meno sulla potenza, e più sul controllo, perché il calcio si è fatto più veloce, e un singolo tocco può determinare un’intera partita. Dopo il Mondiale Brasiliano, adidas cambia strategia e punta tutto sulle scarpe ad alta velocità: così la Predator Instinct rimane senza eredi per ben tre anni. Poi la rinascita: con il cosiddetto “calzino”, tratto distintivo di Predator 17 e 18. Nel 2020, poi compare la “Demonskin”, che porta la capacità di controllo del pallone a livelli mai visti, con le sue “corna” che ricordano, ancora una volta, il mondo dei rettili. Ed eccoci arrivati al 2024, trent’anni dopo.

Con la Predator 24 – così si chiama il modello del trentennale, che esce martedì 16 gennaio – l’estetica Predator torna a ispirarsi alle primissime collezioni. Torna quindi il trittico cromatico di nero, bianco e rosso, con dettagli giallo fluorescente a segnare un tocco di contemporaneità. La silhouette è stata realizzata in tre versioni: una con lacci, una senza lacci, e una più classica con la linguetta ripiegata. Le caratteristiche più tecniche sono: una suola Controlframe 2.0 per assicurare più stabilità a contatto con la palla e, allo stesso tempo, un movimento dinamico nei cambi di direzione; la tomaia Hybridtouch 2.0 per un controllo perfetto della sfera; le alette in gomma – eccola, la gomma – Strikeskin per il grip migliore; il design ultraleggero che rende Predator 24 la più leggera di tutta la gamma. Le vedremo ai piedi di alcuni dei migliori calciatori: Bellingham, come detto, e poi Pedri, Gabriel Jesus, e le calciatrici Kadidiatou Diani e Alessia Russo. Ma anche a tanti talenti del campionato italiano: da Dybala a Raspadori, fino a Dimarco e Zaccagni. 

Foto di Claudia Ferri