Perché la Coppa d’Africa ogni anno è così assurdamente imprevedibile?

I quarti di finale del 2024 sono TUTTI diversi da quelli del 2023: assurdo, ma si può spiegare.

Se c’è una cosa che nessuno dovrebbe fare, è scommettere sulla Coppa d’Africa. Da sempre la AFCON è il torneo continentale più imprevedibile che esista, e quest’anno, ora che siamo arrivati ai quarti di finale, la statistica è impressionante: delle otto squadre arrivate a giocarsi i quarti di finale, nessuna era presente nel tabellone, allo stesso punto, nella precedente edizione, quella del 2022 ma giocatasi in realtà nel 2023. Questo vale a dire, naturalmente, che tutte le Nazionali che si giocarono i quarti nel 2023 sono state eliminate prima di giocarsi i quarti nel 2024. Tutte, nessuna esclusa.

Il 2 e 3 febbraio si giocano l’accesso ai quarti le seguenti squadre: Nigeria, data per favorita; Angola, Capo Verde, Sudafrica, Mali, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Guinea. Più o meno un anno fa erano: Burkina Faso, Tunisia, Senegal, Guinea Equatoriale, Gambia, Camerun, Egitto, Marocco. La finale si giocò tra Egitto e Senegal, che vinse il suo primo torneo dopo i calci di rigore.

Non è una questione di numeri, cioè di troppe squadre. La AFCON ha “soltanto” 24 partecipanti, come l’Europeo, e decisamente meno del Mondiale, in cui queste situazioni non si verificano mai. E non ne ha 24 da troppo tempo, ma soltanto dall’edizione del 2019: prima erano addirittura 16, eppure già nel 2015, nel presentare il torneo di quell’anno, il giornalista Rob Hughes del New York Times affermava: «La Coppa d’Africa è più imprevedibile che mai».

Un articolo di Maher Mezahi uscito alcuni giorni fa sul sito Africa Is A Country cercava di spiegare perché «la Coppa d’Africa ha una logica tutta sua», per aiutare gli occidentali più confusi dalle molte sorprese che ogni anno il torneo riserva. Per farlo utilizza le parole di Didier Drogba, leggenda della Costa d’Avorio, che spiega: «La Coppa d’Africa è un torneo in cui ti servono uomini. I campi sono imperfetti, il meteo è tosto, e l’ospitalità lascia molto a desiderare. La capacità di adattarsi e l’abilità di superare le difficoltà è la chiave di tutto». La concentrazione e l’entusiasmo, quindi, prima ancora che il palmarès. Per questi motivi, continua il giornalista, giocatori poco famosi in Europa ma che hanno passato la loro carriera nei campionati africani possono performare meglio di tanti talenti che, fin da giocani, giocano in Francia, Italia o Inghilterra. O, ancora di più, di quei giocatori nati al di là del Mediterraneo e che hanno scelto di giocare per il Paese d’origine dei genitori, come ad esempio Aouar, argentino nato e cresciuto in Francia, oggi alla Roma di De Rossi.

Anche così si può spiegare, ad esempio, il deludente torneo degli attaccanti della Nigeria, che avrebbe – appunto: sempre sulla carta – un parco offensivo spaventoso: le Superaquile hanno segnato 3 gol appena nelle 3 partite del girone, Osimhen ha sbagliato moltissimo, e a parte la doppietta di Lookman nell’ottavo contro il Camerun, il gioco nigeriano ha mostrato tutti i problemi che si vedevano già nelle amichevoli precedenti alla coppa (3 pareggi e 2 sconfitte in 5 partite). Il Marocco che era arrivato in semifinale ai Mondiali del Qatar, che ha mantenuto molti giocatori offensivi di quel torneo miracoloso, si è fermato agli ottavi contro il Sudafrica, grande sorpresa fin qui.

La Nigeria dovrà affrontare l’Angola, la squadra con il peggior ranking FIFA rimasta (117mo posto), ma i cui attaccanti, Gelson Dala e Mabululu, il primo del’Al-Akrah in Qatar e il secondo dell’Al Ittihad in Egitto, hanno segnato più gol dell’intera squadra nigeriana (7). La partite tra Guine a Repubblica Democratica del Congo è la più strana, perché i primi sono arrivati fino a qui passando i gironi come migliore terza squadra, con due gol fatti e tre subiti e una differenza reti di -1, e i secondi non hanno ancora vinto una partita: quattro pareggi, compreso l’ultimo contro l’Egitto, che li ha fatti passare, ai rigori, ai quarti.

Questo porta, in un certo senso, a trovare delle costanti nel caos. La principale è che la squadra che, “sulla carta europea”, sembra avere i giocatori più forti, spesso non arriva fino in fondo al torneo. La conseguente è che gli underdog spesso fanno figure migliori. C’è poi un certo bias per cui, in Europa, tendiamo a seguire poco i cicli delle Nazionali africane, e a considerarle “forti” per un periodo lunghissimo di tempo. Ad esempio, in molti si sono stupiti dell’eliminazione repentina dell’Algeria di Bennacer e Mahrez, che pur aveva vinto nel 2019, ma dimenticandosi invece, forse, della figuraccia che la stessa squadra – e la stessa rosa, quasi – aveva rimediato nel 2021.