Vinícius Jr. è il migliore del mondo, Bellingham è il secondo, e poi c’è Rodrygo

Lo ha detto Ancelotti, dopo aver assistito alle prodezze del suo trio contro il Girona in Liga. E in attesa di vederle di nuovo, stasera con il Lipsia negli ottavi di finale di Champions.

Real Madrid-Girona è iniziata da meno di sei minuti quando Vinícius Júnior riceve palla sulla fascia sinistra, di fronte ha una difesa schierata, la porta è lontana venticinque metri. Sarebbe un’azione verticale, veloce, ma non ci sono sbocchi. Il tiro non è la scelta migliore – è quello che avrebbe fatto forse il Cristiano Ronaldo dei primi anni al Real Madrid, quello con i parametri fisici di un videogioco con troppi power up – ma in mancanza di alternative valide può servire per rompere il ghiaccio e attivare il pubblico. Il tiro di Vinícius è una saetta, entra in porta battendo sul palo lontano, il boato del Bernabéu rimbomba sul tetto chiuso con un suono anomalo per il calcio. Vinícius stappa senza sforzi lo scontro diretto per la testa della Liga e da quel momento lo trasforma nel suo one-man-show: l’assist per il 2-0 di Jude Bellingham è una frustata con l’esterno, un tracciante di 50 metri che incontra l’inglese dentro l’area; il dribbling con cui si libera di Yan Couto prima di servire ancora a Bellingham il 3-0 a inizio secondo tempo è oltraggioso. Novanta minuti da delirio di onnipotenza tra doppi passi, ripiegamenti difensivi, triangolazioni e accelerazioni. Il suo avversario diretto sulla fascia, Yan Couto, esce dal campo in lacrime a fine partita. In conferenza stampa Carlo Ancelotti è in una di quelle versioni da simpatico zio delle feste comandate. Dice che in certe serate Vini è «il migliore del mondo». Poi gli chiedono chi è il secondo e lui ovviamente risponde: «Bellingham è il secondo, e poi c’è Rodrygo terzo» e via tutti gli altri. Ci sarebbe anche una frase su Kylian Mbappé, ma non è quel che ci interessa qui. Quella di Ancelotti è solo una battuta, ma quanto è distante la realtà dalla finzione?

In Spagna dopo prestazioni del genere in uno scontro diretto dicono che la squadra vincitrice ha dato «un pugno sul tavolo», un’affermazione di superiorità netta nella corsa al titolo. Ora il Real Madrid ha 5 punti di vantaggio sulla seconda, 10 sul Barcellona, 13 sull’Atlético Madrid, con il miglior attacco e la miglior difesa del campionato. Vinícius Jr ha giocato probabilmente la sua miglior partita in maglia bianca. Ma la sua prestazione non è solo una sequenza infinita di trucchi di magia, è la combinazione perfetta del suo talento con quello di Bellingham e di Rodrygo Goes, i suoi compagni di reparto per questa stagione nell’attacco della squadra più aristocratica del mondo. L’inglese ha sbagliato appena due passaggi in tutta la partita, ha segnato due gol e ha giocato sul dolore finché la caviglia ha retto. Rodrygo ha fatto meno, ma si è regalato un gol in cui è partito da centrocampo.

La partita che ha lanciato il Real verso la fuga in Liga è una prova di forza dei tre giovani talenti offensivi del Real Madrid, capaci di alzare il livello quando più conta. I blancos avevano bisogno di una partita superlativa in attacco: al centro della difesa c’era la coppia improvvisata Tchouameni-Carvajal, contro uno dei sistemi offensivi più aggressivi e furenti d’Europa. Proprio su Carvajal, Ancelotti ha detto che se la sentiva di giocare in quello spazietto da centrale di sinistra e non si è notato che non ci aveva mai giocato, sembrava che avesse avuto quattrocento partite in quel ruolo – sempre perché è arrivato di ottimo umore in conferenza stampa. Ma è chiaro che la vittoria del Madrid potesse passare solo da una prestazione offensiva mostruosa: in caso di difesa a oltranza, in una partita in bilico con eventuale assalto finale, il castello difensivo sarebbe crollato, rivelando le inevitabili carenze strutturali.

I tre attaccanti hanno fatto quello fanno i campioni, quelli già affermati, si sono presi tutte le responsabilità e le attenzioni – certo, accompagnati da Toni Kroos, Valverde e tutti gli altri –, hanno nascosto i problemi del momento e vinto di pura voglia la partita più importante. Nessuno, guardandoli, direbbe che il più anziano, Vini, è nato nel 2000, Rodrygo è del 2001, Bellingham addirittura del 2003. Sono ancora giovanissimi, di un’età in cui in molti altri campionati – a partire dalla Serie A – si è considerati acerbi, ma a loro la maglia bianca del Real Madrid sta comoda come una tunica, non pesano pressioni e aspettative. Il termine hype è uno dei più abusati nello sport, ma se c’è qualcuno che lo merita sono tre ragazzini che si sono presi l’attacco del Madrid nonostante un’età media di 22 anni.

A ottobre Vinícius e Bellingham saranno quasi certamente nei discorsi per il Pallone d’Oro, Rodrygo probabilmente no, ma intanto avrà trovato il modo di essere ancora decisivo in partite importanti o di rompere altri record di precocità sul numero di gol in Champions, con il Real Madrid o in Champions con il Real Madrid. È come se la camiseta blanca e la storia del club alimentasse la loro forza, come se li avvolgesse per donargli abilità diverse dal talento tecnico puro e sfrontato, qualità intangibili, mistiche, che non dovrebbero avere alla loro età. In un video girato in spogliatoio dopo la partita con il Girona, Bellingham parla del legame con i due attaccanti brasiliani usando l’aggettivo più banale di tutti, che quindi fa il giro e diventa perfetto: «Beautiful». Sono bellissimi insieme. Dice che Vinícius in certe partite è una gioia da vedere ma è anche pericoloso – sembra la descrizione di una tigre, elegante e letale.

Purtroppo, per una delle regole non scritte del racconto calcistico, il trio del Real Madrid ha già prodotto paragoni forzati con un’altra epoca in cui i blancos avevano un terzetto offensivo inarrestabile. Il più recente è la Bbc di Benzema, Bale e Cristiano Ronaldo, ma anche tornando più indietro, nelle migliori versioni del Real Madrid, ci sono sempre combinazioni mostruose di attaccanti: il Madrid di Mourinho che vince la Liga 2011/12 con 100 punti e 121 gol segnati aveva Benzema, Higuaín e Cristiano Ronaldo, cioè tre dei migliori dieci attaccanti di quella generazione, accompagnati Di María, Özil, Kakà e Callejon perché non basta mai. Andando indietro negli archivi si trovano combinazioni incredibili di potenza, talento e numeri offensivi, quasi in tutte le stagioni.

La particolarità di questa versione dell’attacco del Madrid è data da una congiunzione di almeno due elementi. Il primo è proprio l’età dei tre protagonisti, teoricamente ancora nella fase ascendente della carriera e con un prime ancora tutto da scoprire. A questo poi si aggiunge il fatto che nessuno dei tre sarebbe, almeno nominalmente, un attaccante di ruolo. Di certo non lo è Vinícius, che se conserva ancora delle incertezze nel suo gioco le ha nella finalizzazione e preferisce muoversi con i piedi sulla linea laterale; lo è un po’ di più Rodrygo, per completezza di tecnica e movimenti in area, ma di certo non è l’idealtipo del centravanti; ancor meno lo è Bellingham, quello che a inizio carriera indossava il 22 perché era un 4, un 8 e un 10 nella stessa maglia e oggi ha il 5 che fu di Zidane.

Il non detto dei risultati ottenuti fin qui dal Real Madrid in stagione è nella simbiosi perfetta tra Ancelotti e l’universo dei blancos. Perché solo un allenatore con il suo carisma e la sua esperienza può avvicinare tre giocatori così e farli reagire come elementi chimici in un esperimento scientifico al primo tentativo. Come se fosse tutto naturale. Ancelotti prova a vendere l’idea del calcio come gioco più semplice del mondo e allo stesso tempo ha l’aria di quello che conosce segreti troppo grandi per chiunque altro. Mettere insieme questi tre nel tentativo di creare l’attacco della squadra più ambiziosa del mondo è un esercizio di fantasia più che di coraggio. Eppure lui ha costruito una squadra eccezionale a partire dalle relazioni tra i suoi attaccanti e lo spazio vuoto da occupare sempre in modi diversi. Tutto con l’efficacia di una squadra che sta dominando la Liga e per ora ha fatto percorso netto in Champions League: in 34 partite stagionali di squadra, Bellingham ha segnato 20 gol e fornito 8 assist, Rodrygo ha 13 gol e sette assist, Vinícius ha segnato 12 e sette assist. In totale, sommano 45 gol e 22 assist nel 2023/24. Ed è la squadra che fino a un anno fa, anche meno, costruiva attacco a partire da movimenti, tocchi e intuizioni di Karim Benzema.

A metà gennaio, dopo la vittoria in Supercoppa di Spagna contro il Barcellona – 4-1 con tripletta di Vinícius – i tre hanno festeggiato sul campo con uno striscione preso dal pubblico, un disegno ispirato ai tratti e ai colori di Grand Theft Auto, aggiungendo una tonnellata di swag alle cerimonie asettiche che hanno le premiazioni a metà stagione, specialmente in Arabia Saudita. Ed è forse quel dettaglio che rende questo trio il più intrigante di tutto, quello che deve per forza piacere di più: sono bellissimi come ha detto Bellingham, sono giovani, sono già fortissimi, sono puro intrattenimento e non si sa ancora quale sia il loro massimo. Poi in estate arriverà Endrick, che sembra già perfetto per stare in questa squadra. E riguardo la frase di Ancelotti citata all’inizio, quella che rispondeva a una domanda su dove fosse Mbappé nella classifica dei migliori al mondo:

«Il giocatore che hai nominato è di un’altra squadra. Per me quelli che ho sono i più forti». Magari l’anno prossimo anche Mbappé si unirà ai più forti del mondo.