Alice Bellandi ha dovuto ritrovare sé stessa, prima di diventare campionessa olimpica

L'atleta bresciana, medaglia d'oro nel judo, ha passato dei momenti difficili legati a uno sport in cui per natura non si può ignorare la bilancia.

Tutta la storia racchiusa in una medaglia, e se quel metallo potesse parlare racconterebbe del lungo percorso affrontato dalla judoka italiana Alice Bellandi, oro olimpico nella categoria -78 chilogrammi. Una felicità, cantata anche da Al Bano, presente giovedì durante le gare, che si potrebbe spiegare solo guardando il sorriso incredulo dell’atleta di Roncadelle (Brescia) classe 1998. L’oro è solo la cosiddetta punta dell’iceberg che appare in superficie: sotto il livello dell’acqua c’è tanto altro.

In finale, la lombarda è riuscita a imporsi sull’israeliana Inbar Lanir, ex campionessa del mondo 2023 che in passato aveva negato diverse gioie all’italiana. Questa volta il copione è stato diverso e Lanir è stata messa sconfitta da un wazari di morote seoi nage e, prima dello scadere del tempo, dalla terza sanzione di passività. Bellandi ha vinto il suo primo alloro olimpico arrivando da numero uno della classifica mondiale, impresa che a Parigi è stata realizzata da altri sei atleti. L’azzurra diventa la seconda italiana nella storia a salire sul gradino più alto del podio olimpico dopo Giulia Quintavalle a Pechino 2008.

Alice Bellandi ha costruito un successo che rischiava di diventare una forma di ossessione piano piano, indossando il suo judogi. «È il sogno di sempre», ha dichiarato dopo la vittoria. «Non so cosa dire. Mi sembrava troppo grande per essere mio, invece è realtà! L’ho sognato tutte le notti, ci ho lavorato ogni singolo giorno, ci ho pianto una vita intera… e finalmente è arrivato. Non ci posso neanche credere, mi sembra un sogno. Tutta la mia famiglia e le persone che amo sono qua. Non potete capire cosa possa valere per me questa vittoria. I sacrifici passati, i pianti. In questa medaglia c’è tutta me stessa, la mia fede, le mie emozioni più grandi. Ora siete tutti qui davanti, e siete in tanti. Ma quello che mi rende più felice è voltarmi indietro, ricordare quello che ero e quello che ho passato quando stavo male davvero, quando ero da sola. Per questo mi sento di dire una cosa: non c’è buio che duri per sempre. Basta crederci».

La sua è una di quelle storie olimpiche che va oltre quell’onorificenza che pende dal collo e che pesa tantissimo, come ha detto lei stessa scherzando. Prima di stare bene fisicamente, bisogna avere una sorta di equilibrio interiore, sia sul tatami sia fuori. La ricerca di questo equilibrio è come l’ago di una bilancia, che oscilla tra momenti in cui ci si sente sprofondare nell’abisso e momenti in cui un wazari può regalare la gloria olimpica. La medaglia di Bellandi è un po’ la metafora del percorso italiano in questa Olimpiade, un successo che arriva dopo giorni in cui la spedizione azzurra del judo sembrava maledetta, messa ko, alcune volte da discusse decisioni arbitrali e altre dalla troppa pressione. Così ci ha dovuto pensare lei, che è passata dalle lacrime di amarezza di Tokyo a quelle di gioia di Parigi.

In Giappone, alla prima edizione dei Giochi olimpici, l’atleta tesserata con le Fiamme Gialle chiudeva al quinto posto e non riusciva a nascondere la delusione. Su Instagram aveva scritto: «A volte neanche te ne accorgi, le cose capitano in pochi secondi. Sei vivo, vivo da far paura a chiunque, E in un attimo, l’anima si spezza e fa più male della morte. Quante cose vorrei dire, ma il petto stringe e sento un nodo in gola ogni volta che ripenso a oggi». Eppure, le cose possono cambiare velocemente. Già prima di Tokyo aveva preso una decisione drastica. I 70 chilogrammi le stavano troppo stretti, dopo l’esperienza olimpica avrebbe cambiato peso. «Dopo la pandemia avevo deciso di lasciare questa categoria, ma il destino ha voluto che io finissi questo quinquennio a 70 kg e così è statom anche se avevo altri piani prima di salutarla. Chiudo la porta di Tokyo 2020 dicendo addio ai 70 kg e apro con immensa motivazione il portone di Parigi 2024 facendo il benvenuto ai 78 kg: cambia la categoria, ma non cambia l’obiettivo». Già nell’ottobre 2020 aveva provato a partecipare a una gara nei 78 chilogrammi, ma il Covid aveva bloccato tutto.

Alice Bellandi è nata il 28 novembre 1998 a Brescia. Nella sua carriera, oltre all’oro olimpico, ha vinto due medaglie ai Mondiali e due medaglie agli Europei. (Photo by LUIS ROBAYO/AFP via Getty Images)

Il judo è uno sport in cui per natura non si può ignorare la bilancia. Il continuo rapporto con il proprio corpo e con le proprie forme può portare a dimenticarsi che l’avversario sia sul tatami e non a casa. Nel precorso che ha preceduto Tokyo, Bellandi combatteva contro sé stessa, contro quel senso di inadeguatezza che l’ha portata a soffrire di bulimia. Prima delle gare spesso digiunava per riuscire a “scalare” di peso. Al Corriere della Sera, tempo fa, spiegava che «a volte mi è capitato di dover dimagrire in modo drastico in sole due settimane: non potevo più mangiare e in queste condizioni, nel judo, non puoi vincere». Come spesso accade a molte sportive, si è trovata catapultata ad affrontare cambiamenti improvvisi.

A 17 anni ha lasciato Brescia ed è andata a vivere, da sola, lontano dai genitori, a Roma (sede del centro federale), per iniziare la propria avventura nel judo dei grandi. Si è ritrovata dalla categoria junior e quella senior e tutto sembrava andare per il meglio: raccoglie subito due vittorie nel World Tour. Nel 2018 si sviluppa e muta la sua fisicità: arriva a pesare a 80 chili, troppi per lei. Non riesce ad accettare di non essere in grado di perdere quei maledetti 10 chili. Perde il controllo della sua realtà, le certezze si sgretolano e come avviene per tutti i problemi che riguardano l’alimentazione, inizia a gestire l’unica cosa su cui ha potere: il corpo. Il periodo di bulimia dura poco, ma lascia diversi strascichi, dall’amenorrea fino a varie intolleranze e uno spettro più grande chiamato depressione.

È vero che le passioni sono il motore pulsante di tutto, ciò che ci tiene vivi, che ci emoziona e che ci fa sognare. La passione per il suo sport e il divertimento passano però in secondo piano. L’unica cosa che contava, per Alice Bellandi, era quanto pesava, la forma fisica era diventato il parametro di valutazione del proprio valore. Il punto di rottura arriva quando si rende conto di non poter più andare avanti così: chiama un mental coach e, come lei stessa ha ammesso più volte, reimpara ad amarsi. Così d’improvviso, come per magia, arrivano le prime vittorie importanti dopo il titolo Mondiale juniores del 2018. Nel 2022, a Gerusalemme, diventa a prima donna italiana a vincere un Masters di judo, poi raccoglie due argenti ai Mondiali del 2023 e del 2024 e una serie di podi e di strisce importanti di successi nel Grand Slam che la portano sul tetto del mondo. L’accettazione del proprio io, di ciò che siamo, è un lavoro costante, al pari di una continua lotta sul tatami. A Parigi, finalmente, Alice Bellandi può dire di aver in qualche modo messo il punto a questo percorso.