C’è stato un lungo ed esaltante momento, più o meno tra il 2018 e il 2021, in cui Hamed Junior Traoré era considerato uno dei talenti più promettenti d’Europa. Non stiamo esagerando, in fondo si trattava di un centrocampista classe 2000 – quindi fondamentalmente di un teenager – in grado di imporsi con assoluta naturalezza in Serie A, prima a Empoli e poi con il Sassuolo, e di farlo con una certa continuità. Poi però l’esplosione è diventata stagnazione, Traoré non ha confermato le scintillanti promesse degli esordi e ha deciso di tentare l’avventura in Premier League, sì, ma nella terra di mezzo del Bournemouth – un club non di primo piano che però scova e valorizza tanti talenti, pagando anche cifre importanti. Nella fattispecie, a gennaio 2023, il club inglese ha preso Traoré in prestito con diritto di riscatto fissato a 30 milioni di euro. Il diritto è stato esercitato, Traoré si è trasferito in Inghilterra a titolo definitivo ma ha messo insieme soltanto dieci presenze complessive in Premier League. A frenarlo sono stati diversi infortuni, poi sono venute la malaria – più o meno un anno fa – e la grottesca esperienza in prestito al Napoli, con 11 dimenticabili apparizioni tra campionato e Champions League.
Insomma, Traoré dava tutta l’impressione di essere un giocatore perduto, irrecuperabile. L’ennesimo talento bruciato dal tritacarne-Premier League. E invece no, era solo una questione di contesto. Di continuità, di fiducia. A dimostrarlo ci sono le prime partite di questa stagione, non nel Bournemouth ma nell’Auxerre: Traoré si è trasferito in Francia con la formula del prestito, e in sei presenze ha già messo insieme tre gol. La sua nuova squadra è entusiasta di lui, e in questo senso le parole del tecnico Christophe Pélissier sono piuttosto impegnative, quindi significative: «Conoscevamo le qualità di Junior ancora prima che arrivasse ad Auxerre. È un ragazzo eccezionale, lavora tantissimo durante le sessioni video, è decisivo in attacco, si impegna tantissimo in fase difensiva. È davvero un top player».
La cosa più sorprendente di Traoré, almeno in questo inizio di stagione, è la sua versatilità: Péllissier l’ha schierato in tutti i ruoli offensivi – da trequartista, da laterale a destra e a sinistra – e lui ha risposto con prestazioni sempre più convincenti, come in un crescendo rossiniano. Al punto che L’Équipe, un giornale famoso per essere a dir poco severo quando deve giudicare i calciatori, l’ha definito come «l’X Factor dell’Auxerre, un potenziale uomo-chiave nella corsa alla salvezza della squadra di Péllissier». Anche i suoi tre gol – segnati per altro nelle ultime quattro gare giocate – sono arrivati in modi diversi: contro il Montpellier era a centro area e ha raccolto un tiro sporcato dalla difesa avversaria, contro il Brest ha superato un avversario con un bellissimo controllo a seguire prima di una conclusione secca e potente, infine contro il Reims ha sfruttato un lancio lungo dalla difesa, ha dribblato il portiere e poi ha depositato la palla nella porta vuota.
È chiaro, stiamo parlando di tre gol con la maglia dell’Auxerre, quindi non ha (ancora) molto senso esaltarsi e gridare al grande ritorno di Traoré. Allo stesso tempo, però, va sottolineato che l’ex centrocampista del Sassuolo ha ricominciato a essere un giocatore almeno credibile. Non è poco e non è scontato, dopo essere praticamente uscito dai radar del grande calcio. A 24 anni, in fondo, ha ancora tutto il tempo per riprendersi quello che sembrava dovesse essere suo di diritto. Per provare a re-invertire l’inerzia di una carriera che pareva destinata a esplodere e che invece è come se si fosse eclissata.