From Grassroots to Pro, dai campetti dove si pratica sport amatoriale fino agli stadi più importanti e imponenti di tutto il mondo. È uno degli hashtag che si trova imbattendosi nel profilo di Macron, l’azienda italiana di sportswear. Una frase che nella visione del marchio si legge in un unico modo possibile: e cioè che l’approccio del brand verso gli sport di squadra nella cura dei dettagli, nel comfort, nello stile dei prodotti, rimane lo stesso sia se ci si accosta allo sport di base sia rivolgendosi ai club professionistici. Ma poi la si può interpretare in un altro modo: riflettendola nella storia aziendale di Macron, nata negli anni Settanta come negozio di articoli sportivi, oggi diventato uno dei marchi più conosciuti nello sport professionistico, dal momento che veste più di 90 club professionistici e federazioni nazionali tra varie discipline in Europa e non solo.
È il piccolo miracolo di un’azienda italiana, emersa nella provincia bolognese, che si è messa a duellare con i colossi internazionali dello sportswear e che non ha avuto paura di nuove sfide, difficili e ambiziose. «Gli ultimi vent’anni sono stati per noi una crescita enorme», racconta Gianluca Pavanello, ceo di Macron, «in cui siamo passati dal fatturare dieci milioni di euro ad arrivare intorno ai 230». Vent’anni in cui il mondo dell’abbigliamento sportivo è evoluto, è arrivato in posti impensabili, è diventato molte volte qualcosa di altro rispetto al suo significato originario. In queste trasformazioni, Macron è stata in grado di esserci, e molte volte di condizionarle. «Io sono dell’idea che se si lavora bene, prima o poi i risultati arrivano», dice Pavanello, come se fosse nei panni di un allenatore.
I risultati sono arrivati, e lo si vede nella diffusione del Macron Hero sulle magliette di squadre di tutto il mondo, da club storici italiani come Bologna e Sampdoria fino alla lega calcistica canadese e alle prestigiose Nazionali di rugby del Galles o della Scozia, dalla capacità di approcciare varie discipline, dall’internazionalità del brand, con l’80 per cento del fatturato che arriva da mercati esteri, Inghilterra in primis. E poi, dal luogo in cui incontriamo Pavanello: una nuovissima sede inaugurata nel 2020, da oltre 50mila metri quadrati, in cui trovano posto il centro di distribuzione con magazzino annesso in cui entrano fino a 7 milioni di capi tutti insieme, un ristorante, due palestre. Un campus che, come racconta Pavanello, crescerà ulteriormente nel futuro immediato: «Questa sede è la testimonianza del nostro modo di fare impresa, perché noi mettiamo le persone al centro. Del resto il nostro payoff become your own hero riflette quello che vogliamo fare, aiutare le persone a diventare la versione migliore di se stesse: essere loro stessi i campioni, spingerli a tirare fuori il meglio di loro». Tutto all’insegna del team spirit, lo sforzo individuale al servizio del gruppo e della collaborazione, per raggiungere insieme i propri obiettivi.
Non è sorprendente mettere in correlazione la prima grande esplosione di Macron con il mondo del calcio: e dire che l’approdo alla Serie A avviene soltanto nel 2001, con il Bologna, il club “di casa” e tuttora sponsorizzato. Ancor prima che la diffusione capillare tra i vari campionati europei, il biglietto da visita di Macron è stata una capacità di leggere le maglie da gioco in un modo per certi versi inedito. Dieci anni fa, la maglia camouflage del Napoli, che tanto fece parlare di sé, sembrava un azzardo. Fu invece un successo commerciale, e non solo: fu l’anticamera di quello che è oggi lo scenario delle maglie da calcio, diventate degli oggetti in grado di inglobare concetti e design nuovi e, perché no, spiccare come dei fashion item. «Se ripenso a quella maglia, devo dire che siamo stati dei precursori», dice Amedeo Iossa, Head of Style and Design di Macron. «Per i nostri design, l’ispirazione ci arriva da ovunque: da appassionati di moda, certi elementi abbiamo cominciato a portarli sui nostri prodotti sempre di più, e il fatto che oggi ci sia una contaminazione reciproca tra lo sport e la moda è un aspetto molto positivo».
Nelle maglie da gioco, oggi, ci finisce un po’ di tutto: la storia di un club, l’architettura delle città, oppure appunto tendenze fashion. Tutto però incastrando gli elementi nelle caselle giuste, senza forzature. «Per noi ogni maglia è unica, ogni club ha un design su misura», prosegue Iossa. «Perché è evidente che la creatività, la sperimentazione, sono aspetti importanti, ma l’elemento della tradizione del club è fondamentale e quello per noi è il punto di partenza». L’originalità, la cura del dettaglio, la possibilità di avere una maglia veramente customizzata: all’interno della sede dell’azienda, c’è uno spazio dove rappresentanti dei club di tutto il mondo possono fare le proprie scelte, tra tessuti, tipi di colletto, colori, trattamenti. Questo modo “artigianale” ma al tempo stesso contemporaneo, perché gli appassionati del calcio oggi rifuggono i template e desiderano design il più possibile originali, è una delle chiavi che ha permesso a Macron di farsi conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Il prossimo passo è quello di espandersi nel Nord America: recentemente il brand ha chiuso due accordi importanti, con la Federazione rugby statunitense e con la Concacaf per tutto il materiale di rappresentanza.
Proprio il calcio è la leva che permette a Macron di porsi come un interlocutore di alto profilo Oltreoceano: «È uno sport che negli Usa è praticatissimo e molto diffuso, abbiamo trovato un mercato enorme», dice Pavanello. «Arrivare dal calcio è una cosa naturale per noi, visto che come registra la Uefa siamo il terzo kit supplier nel calcio europeo dopo Nike e adidas. E poi l’italianità è un attributo positivo: richiama la bellezza, la qualità. Ci sono vari aspetti che ci permettono di essere un player interessante: una grande visibilità nel calcio europeo, la capacità di contaminarci con il mondo della moda, l’avere una collezione molto vasta, la disponibilità del prodotto». Perché è qui, a trenta chilometri da Bologna, che accade la magia: si immaginano le linee, i design, i nuovi sviluppi, e poi i prodotti arrivano qui e vengono smistati da un enorme centro di distribuzione. «Siamo in un territorio rinomato per i motori, per aziende come Ferrari, Ducati, Lamborghini», ricorda Pavanello. «E noi vogliamo essere come loro, ma nello sportswear: aziende relativamente piccole, ma belle, performanti, dalla storia ispiratrice».
Il successo nel calcio porta Macron ad accostarsi a nuovi mondi, di volta in volta. Altri sport, innanzitutto: c’è il rugby, dove la partnership con tre Nazionali del Sei Nazioni e sette partecipanti degli ultimi Mondiali comprova una certa predominanza, c’è il basket, c’è il volley, c’è la new entry del padel, uno degli ambiti dove l’azienda sta prendendo a investire con sempre maggior convinzione. E poi c’è quel segmento che sta tra l’attività sportiva e il tempo libero, per non dire la moda, un segmento che oggi ha connotazioni e orizzonti mai così concreti e promettenti: «È uno spazio che vogliamo occupare, ma che per noi resta autentico», sottolinea Pavanello. «Siamo un’azienda che fa prodotti per lo sport ma che al tempo stesso vuole affiancarvi prodotti da utilizzare anche fuori dal campo, con una forte identità sportiva, e quindi pienamente coerenti con il dna del nostro brand. Il prossimo lancio della nostra collezione Clubhouse va in questa direzione». Una delle tante, per essere più precisi: «Vogliamo essere un’azienda leader nel mondo. Siamo in viaggio, abbiamo fatto un pezzo di strada, altra ce n’è ancora da fare. Sono particolarmente orgoglioso di quello che abbiamo costruito, e lo abbiamo fatto con il nostro modo di lavorare: con determinazione, disciplina, passione. Vogliamo continuare a crescere e costruire una grande azienda orgogliosamente italiana, ma al contempo proiettata in tutti i mercati».