Le immagini di Sergio Conceiçåo che fuma un sigaro (e balla la canzone “Danza Kuduro”), ovviamente dopo la vittoria nella finale di Supercoppa Italiana contro l’Inter, non devono aver sorpreso chi ha seguito la carriera del tecnico portoghese. Perché, molto semplicemente, era già successo in passato. Basta lanciare una ricerca su Google (con la query charuto sergio conceicao, ovviamente “charuto” significa “sigaro” in portoghese) per trovare i video delle feste nello spogliatoio del Porto: l’attuale allenatore del Milan festeggia i titoli che conquista sempre allo stesso modo, ovvero con un sigaro tra le labbra e ballando il pezzo di Don Omar e Lucenzo uscito nel 2010.
Lo stesso Conceição ha parlato di questo suo rituale nelle interviste del postgara: «I giocatori a fine partita mi hanno detto subito che dovevo fumare il sigaro: sapevano che faccio questo rito ogni volta che vinco un titolo». In passato era già successo 12 volte: Conceição, infatti, ha conquistato tre titoli nazionali portoghesi, quattro coppe e tre Supercoppe del Portogallo, una Coppa di Lega Portoghese. E adesso ha fatto 13 con la Supercoppa Italiana, il suo primo trofeo lontano dal Porto.
Conceicão’s full cigar celebration after the Italian Super Cup win 🚬🔴⚫️pic.twitter.com/FpKqcPewID
— Milan Eye (@MilanEye) January 6, 2025
Conceição non è di certo il primo allenatore/calciatore, né tantomeno il primo sportivo, a celebrare i suoi successi fumando un sigaro nello spogliatoio. Negli ultimi anni, tanto per snocciolare un po’ di nomi significativi, l’hanno fatto Carlo Ancelotti, Pep Guardiola, Zlatan Ibrahimovic. Ma da dove arriva questa tradizione? In un vecchio articolo di The Athletic viene dipinto come un vizio che ci si concede solamente in occasioni particolari, meglio se c’è qualcosa da festeggiare. Non si sa come e quando sia iniziata, ma sicuramente si sa chi l’ha resa leggendaria: Michael Jordan. I suoi sigari dopo i sei campionati vinti con i Chicago Bulls sono entrati non solo nella storia della Nba, ma nell’immaginario sportivo collettivo, amplificato dalla serie Netflix The Last Dance. L’influenza iconica di Jordan non si è limitata solamente alla Nba, ma ha abbracciato tutto lo sport americano. Quando Brett Keisel, ex giocatore del Pittsburgh, ha vinto il primo dei suoi due Super Bowl nel 2017, si è acceso un sigaro ripensando a lui, anche se giocava a football americano: «Sono cresciuto guardando Jordan fumare i suoi sigari dopo i titoli. Tutti volevano essere come Mike, giusto?». Un pensiero che sicuramente lo avrà accomunato a Stephen Curry, che lo stesso anno vinse la Nba con i Golden State Warriors e si accese un sigaro al centro del campo, dove fu ripreso dalle telecamere di Nba Tv. «Ho aspettato un anno intero per fumarlo», ha urlato Curry, «e ora mi godrò ogni singolo pezzo».
In realtà, se guardiamo ancora all’America e alla stessa NBA, il sigaro dopo la vittoria del titolo è un rito che veniva celebrato anche prima di Jordan. Probabilmente chi ha reso celebre, per primo, questo tipo di celebrazione è stato Jim Goostree, un preparatore atletico della squadra di basket collegiale di Alabama. Nel 1961, prima di una partita contro gli storici rivali di Tennessee, che Alabama non batteva dal 1954, Goostree promise alla squadra che avrebbe ballato negli spogliatoi in caso di vittoria. Così fu, e alla “danza” si aggiunse il sigaro, che i giocatori della squadra immediatamente imitarono. A un livello più alto, probabilmente la prima figura ad aver “esportato” in lungo e in largo questo tipo di celebrazione è stato Red Auerbach, leggendario coach dei Boston Celtics tra gli anni Cinquanta e Sessanta: per lui, accendersi un sigaro equivaleva a dire che la partita era finita, e che non c’era più nulla a potersi frapporre tra lui e la vittoria.