Da qualche anno a questa parte, probabilmente vi sarà capitato di imbattervi sui social nel Genoa, anche se non ne siete tifosi. Non è un caso: quello che il club rossoblù sta facendo, sulle piattaforme social ma anche tutt’intorno, è diventato un vero e proprio caso nel calcio italiano. Una comunicazione fresca, ironica, operazioni accattivanti e che fanno parlare di sé, il coinvolgimento di personaggi e produzioni della scena pop. È qualcosa che negli anni passati non avremmo mai visto fare a un club di calcio: oggi, con l’emergere di nuove piattaforme e con la necessità di raggiungere un pubblico sempre più ampio, non obbligatoriamente “tifoso”, la comunicazione di una squadra di calcio passa anche da un modus operandi completamente rinnovato.
Se per molti club ormai questa è diventata un’abitudine, molto del merito ce l’ha il Genoa stesso, che tra i primi club in Italia ha cercato di portare un tone of voice diverso, più vicino alla sensibilità di un pubblico giovane, scanzonato e (finalmente) di rottura rispetto al canonico linguaggio paludato e rigido del mondo del calcio. Gli esempi in questo senso sono tantissimi, ed è difficile fare una lista completa: si va dai meme come De Winter che prende il posto di Hamilton nella ormai celeberrima prima foto da ferrarista a giochi di parole legati a nuovi acquisti (come Sebastian Otoa presentato come Otoa Story, rimando a Toy Story), fino a operazioni più strutturate, come la partnership con Squid Game, con tanto di guardie insieme ai giocatori e marchio sulla maglia da gioco, e alle campagne abbonamenti con colonne sonore che definiremmo… genovesi.
Oggi il Genoa vanta 1,8 milioni di fan totali su tutti i social, con una crescita di 250mila fan solo negli ultimi tre mesi. Con una popolarità che si spinge ben oltre i nostri confini: su Instagram, per esempio, i follower italiani sono il 45 per cento, con la quota restante rappresentata da utenti stranieri – con Messico, Brasile, Argentina, Romania, Uzbekistan in testa. In questo successo c’entra, come già detto, la capacità di svecchiare il linguaggio di un club di calcio, ma anche l’intraprendenza nel costruire progetti credibili e accattivanti, magari con i giocatori di Paesi stranieri per rafforzare la visibilità del club a livello internazionale, oppure collaborando con altri club (la precedente proprietà di 777 Partner agevolava il dialogo con club dello stesso network, come il Vasco da Gama), o ancora con operazioni ambiziose, come il documentario “Genoa Comunque e Ovunque” su Prime Video.
Tutto è nato con il cambio di proprietà nel 2021, quando terminava la lunga gestione Preziosi. Come ci raccontano voci dal team del Genoa, in quel momento il club non era ben visto dalla maggior parte dei tifosi delle altre squadre. In più, la rigidità della comunicazione del club non aiutava. La sterzata è stata decisa proprio alla luce di quello che potrebbe essere definita come una “operazione simpatia”: riscuotere, con una comunicazione irriverente e fresca, le simpatie del pubblico non genoano. È stato ancora più facile farlo in un campionato di riscossa, quello della promozione in A del 2022/23, per sperimentare, raccontarsi in altri modi, senza “irretire” i tifosi genoani.
Il segreto di questo piccolo successo sta, come confermato da fonti interne del club, in un team relativamente piccolo, composto da sette persone. Paradossalmente, un punto di forza: non esistono gerarchie né flussi organizzativi, ma nel momento stesso in cui nasce un’idea affascinante la si mette in pratica, con “gradi di libertà altissimi”. Questo permette di “accorciare i tempi tra l’idea e la pubblicazione, e questo fa tutta la differenza del mondo”. Ovviamente, alla base c’è un allineamento su quello che vuole essere il Genoa a livello comunicativo e un’alchimia tra tutti i membri del team: le ispirazioni arrivano da dovunque, dalla televisione, dalla cultura pop, ragionando molto al di fuori degli schemi. In questo senso, non c’è paura di sbagliare: anzi, il modo di “buttarsi” sulle cose da un lato permette di aggiustare il tiro se certe cose non hanno funzionato, dall’altro di far percepire un po’ di “genuino” nel modo di comunicare all’esterno. In fondo, si tratta di alcuni ragazzi “con una chat su Whatsapp, che si dicono: cosa facciamo per Otoa? Beh, facciamo Otoa Story”.
Whatsapp, come lo stesso Instagram, facilita la condivisione delle cose all’interno del team, in modo che un sacco di cose possano essere di ispirazione. Per questo, non ci sono veri e propri modelli, anche se poi il lavoro di altri club si guarda eccome: può essere un club internazionale, come il Chelsea, o qualcosa di distintivo, come quello che fa il Venezia nel raccontare la città attraverso il calcio. In generale, però, quello che non deve mai mancare è capire come certe cose possano diventare da Genoa: perché c’è una traccia, c’è un gusto, e alle spalle un club che per chi ci lavora dentro ha un potenziale immenso da raccontare, che passa per la storia, per la tifoseria, per la connessione con altri mondi, per la città stessa.
Tutto questo poi ha certamente l’ambizione di far arrivare il Genoa a più persone possibili, oltre i tifosi. La fanbase rossoblù è super appassionata, e non ha bisogno di essere “sollecitata” perché segua da vicino le vicissitudini del club. Ma questo modo di raccontarsi vuole essere determinante nel raggiungere altre audience, quel bacino di appassionati di calcio che non tifa Genoa e che non lo tiferà mai, del resto; però con il potenziale di avere “a simpatia” il Genoa, di appassionarsi al suo racconto social. E poi, come già visto, la dimensione di un club di calcio è davvero globale, e certe operazioni diventano il passepartout per arrivare a platee internazionali: in futuro dobbiamo sempre più aspettarci qualcosa in collaborazione con squadre che hanno una comunanza con Genova.
Un’altra vera e propria “invenzione” del Genoa è stata quella di scegliersi testimonial inaspettati. Le operazioni con Bresh, Izi, Alfa (con il cuore giallo simbolo dell’artista apparso anche sulla maglia da gioco, una prima assoluta in Serie A e liberamente ispirata a quello che l’Ipswich fa con Ed Sheeran) sono state autenticamente genoane, per usare un termine in senso lato, e in linea con l’idea di mescolarsi con altri mondi. Ma Rita Ora e Undertaker con una maglia del Genoa addosso chiaramente nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Sono aspetti di una comunicazione straordinari, per così dire: perché arrivano a sorprendere e spiazzare, sempre nell’ottica di un racconto. Undertaker, per esempio, era inserito nel lancio della terza maglia, tutta nera, e l’elemento dark si prestava alla sua figura: al tempo stesso vederlo con la divisa del Genoa ha fatto il giro del mondo anche per la portata del club, che non ha un blasone internazionale ma che con un’operazione di questo tipo riesce ancora di più a emergere a livello di visibilità.
Tutto questo ha fatto sì che per i club di calcio comunicare, soprattutto sui social, è diventata un’altra cosa: non fermarsi a cronache o a notizie, ma cercare di ingaggiare gli utenti, di coinvolgerli, di spiazzarli e soprattutto di appassionarli. E di mettere insieme delle cose che fino a qualche tempo fa sarebbero suonate come impensabili o addirittura assurde: con il Genoa non è più così, perché “siamo un club che piace, un club giusto per fare delle cose diverse”.