Trasferirsi in Arabia è una scelta non solo professionale, ma anche di vita. Perché si mettono sulla bilancia soldi e ambizioni, ma anche le abitudini che caratterizzano la routine di tutti i giorni, per sé e per la propria famiglia. Si va di fatto in un altro mondo, si opera un cambio di cultura che nei primi mesi può risultare scioccante. Per ragioni fiscali, poi, conviene risiedere nel Paese almeno due anni, altrimenti, quando si va via, si perde in tasse circa metà di quello che si è guadagnato. È per questo che tutti i top player devono trovarsi bene. Per garantirlo, la Saudi Pro League, oltre a offrire dei corposi aumenti di stipendio, negli anni ha messo a disposizione una serie di benefit e servizi di lusso.
Come riportato da Forbes, diversi club hanno individuato un responsabile della gestione del benessere dei giocatori. Per l’Al-Hittad, la squadra di Benzema, Kanté, Moussa Diaby, Danilo Pereira e l’ex Roma Aouar, si tratta di Natalia Jirala. I suoi compiti sono diversi: si va dalle domande per i visti alla gestione delle SIM card e dei conti bancari, fino alla spedizione delle auto. Un lavoro a 360 gradi con un solo obiettivo: semplificare le faccende quotidiane delle star. Le società di calcio arabe, infatti, nelle ultime sessioni di mercato hanno puntato su giocatori nel pieno della carriera che possono ricevere un ottimo contratto in diverse parti d’Europa. Il bonifico faraonico, quindi, da solo non basta più. La lega ha pertanto creato il Player Acquisition Center of Excellence (PACE) e come parte di questa iniziativa ha assunto manager per la cura dei calciatori a livello centrale, per poi assegnarli ai vari club. Natalia Jirala, per esempio, in passato ha lavorato per la famiglia reale saudita, per poi essere inviata a Jeddah, la città sul Mar Rosso sede dell’Al-Ittihad.
Ok, tutto chiaro, ma quanto lavorano queste figure? Spoiler: tantissimo. La giornata tipo di Jirala può includere ricerche su noleggi di veicoli e visite a delle case al mattino, viaggi alla sede del club nel pomeriggio e gestione delle pratiche per i visti la sera. La burocrazia per i professionisti in Arabia è molto più complessa che in Europa o negli Stati Uniti: essendo meta di pellegrinaggi per la presenza di La Mecca, città sacra per i musulmani, il governo cambia frequentemente le regole sui visti e alcuni stati, come la Colombia, non hanno nemmeno un’ambasciata nel Regno.
Sono molto differenti anche gli orari, a causa del clima caldo: durante il giorno i giocatori restano per lo più al chiuso, tra palestra e fisioterapia e si allenano all’aperto al tramonto, quando le temperature scendono. Le partite si giocano di sera, prima che il paese si animi di notte. Ai non musulmani è permesso mangiare durante il giorno nel mese di Ramadan, ma per rispetto ai compagni, in molti decidono di non farlo. Il divieto di consumare alcolici, valido per tutti, non rappresenta un grosso ostacolo, anzi è una buona abitudine per un atleta.
Jirala ha spiegato al giornale americano che, inizialmente, alcuni giocatori avevano scelto di non portare con sé la famiglia, temendo che sarebbe stato difficile per loro, capendo successivamente che «la solitudine prolungata nel Paese era una sofferenza». Negli ultimi mesi si è andati nella direzione opposta: «Quando un calciatore vede i propri figli interagire con la cultura e la lingua saudita, cambia tutto», ha rivelato Jirala «le mogli finiscono spesso per amare così tanto il Paese da diventare le più grandi ambasciatrici dell’Arabia Saudita».
Sempre guardando al’Al-Ittihad, per quanto riguarda gli alloggi ai tesserati, il club fornisce un primo appoggio, per dare il tempo al giocatore di cercare un’abitazione su misura. La scelta più gettonata a Riad sono i complessi residenziali recintati, mentre a Jeddah si opta più spesso per le super ville lungomare. Qualcuno, ha confessato Jirala, ha addirittura chiesto una casa con un pezzo di mare privato per la moto d’acqua e la barca. Per non parlare poi degli animali domestici, soggetti a continue vaccinazioni e controlli, dato che alcune razze sono proibite. Una macchina organizzativa così oliata può coprire quasi tutte le necessità dei giocatori, parrucchiere personale compreso, anche se a volte bisogna farlo arrivare dall’estero.
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