La faccia persa con cui Erling Haaland vagava per il campo di Wembley, dopo la sconfitta in finale di FA Cup contro il Crystal Palace. vale più di tanti commenti. Non lo affliggeva solo la delusione di non poter sollevare un trofeo e raddrizzare così una stagione che è già fallimentare, e che rischia addirittura di concludersi senza la qualificazione in Champions League, ma soprattutto quella sensazione che no, le finali non sono le partite in cui si esprime meglio. Il rapporto della stella norvegese del City con le partite senza domani è decisamente complicato. Il dato, per uno come lui, può sembrare paradossale. Un attaccante da 30 gol a stagione, quando va male, incapace di segnare e fornire assist nelle ultime nove finali giocate, di cui tutte le otto disputate con la maglia del City.
Di queste Haaland ne ha vinte la metà. Ed è questo il dato che probabilmente lo infastidisce di più. Considerando lo status e la potenza tecnica ed economica dei Citizens degli ultimi anni è qualcosa di inusuale. È pur vero, però, che le tre sconfitte prima di ieri erano arrivate in due Community Shield, la Supercoppa inglese all’inizio della stagione, quando spesso la squadra di Guardiola è in rodaggio e nella finale. La terza risale invece a un anno, quando i Citizens persero la finale-derby contro il Manchester United, dopo aver controllato a lungo la partita.
La sconfitta contro il Palace ha fatto e fa decisamente più male. Ferisce per l’importanza che ha la FA Cup in Inghilterra. Addolora anche per come si è conclusa la gara, con una scia di polemiche lontane dallo stile del club: tutto è partito per un intervento di Henderson, portiere del Palace, fuori area con la mano, proprio per fermare Haaland lanciato a rete. Il centravanti norvegese se n’è accorto subito e ha richiamato l’attenzione dell’arbitro che però ha lasciato correre. Il VAR non è intervenuto dato che, come ha spiegato la stessa federazione, «la direzione in cui sta andando l’attaccante del Man City rende possibile, ma non certa, l’occasione da gol». Non si è quindi concretizzato, secondo la squadra arbitrale, un DOGSO, un Deny an Obvious Goal Scoring Opportunity, una chiara e ovvia chance per segnare.
2010 – Dean Henderson is the first goalkeeper to save a penalty in an FA Cup final (excl. shootouts) since Petr Cech for Chelsea against Portsmouth in 2010. Wall. pic.twitter.com/XZAZihP3kw
— OptaJoe (@OptaJoe) May 17, 2025
L’episodio ha avuto un impatto decisivo sul resto del match. Henderson, infatti, non è stato espulso e ha poi parato un rigore a Marmoush. Strano che il penalty l’abbia calciato l’egiziano acquistato a gennaio piuttosto che Haaland. Anche Guardiola, che al fischio finale era visibilmente contrariato, non ha stretto la mano a Henderson e ha ammesso in conferenza stampa di non sapere perché Erling non sia andato sul dischetto. Haaland ha lasciato una responsabilità così pesante a un giocatore di grande tecnica, ma pur sempre poco abituato a momenti del genere, dato che era alla prima finale importante della sua carriera. «Non ho parlato con loro», ha confessato l’allenatore spagnolo. «Ho pensato che sarebbe toccato a Haaland, ma queste sono cose loro». Forse delle linee guida c’erano, ma non sono state rispettate. Altro elemento che aumenta i rimpianti di Haaland e di tutta la parte blu di Manchester.