Scott McTominay, la definizione di MVP

Il bellissimo gol contro il Cagliari ha suggellato una stagione meravigliosa, da protagonista assoluto, per il centrocampista scozzese.

Scott McTominay che mette le mani sul cartonato a forma di scudetto è una delle foto più significative e azzeccate della stagione. Perché il centrocampista scozzese è riuscito a diventare il protagonista assoluto di uno scudetto del Napoli. Esattamente come succedeva a Diego Armando Maradona. Ed esattamente come avvenne per Maradona, non a caso viene da dire, anche a Scott McTominay  è stato dedicato un altarino tra i vicoli del Centro Storico. Una carezza per l’anima, in un continuo oscillare tra sacro e profano che dalle parti di Napoli finisce per mischiarsi divinamente.

Chissà se i dirigenti e/o i magazzinieri del Napoli hanno pensato a tutto questo quando ha affidato il cartonato “Ag4in” all’ex Mancheter United. “Again”, infatti, è l’ultimo brano, pubblicato postumo, di Pino Daniele: una dedica al più britannico dei napoletani dal più napoletano dei britannici. Come tanti nordici prima di lui, Scott a Napoli ha trovato il suo piccolo mondo antico, fatto di cene dello chef Mario, passeggiate sul lungomare con la fidanzata e soprannomi divertenti ideati da Pasquale Mazzocchi. Se “Bigmac” era abbastanza scontato, “McFratm” gli è subito entrato sotto pelle: lo ha confessato lui stesso qualche settimana fa, nelle interviste dopo la partita contro il Torino .

È difficile dire quanto Napoli abbia cambiato McTominay o quanto sia stato McTominay a cambiare il Napoli. Arrivato l’ultimo giorno di mercato dal Manchester United, era considerato alternativo a Brescianini. E invece per Antonio Conte è sempre stato il giocatore preferito, quello da prendere a tutti i costi. L’allenatore  del Napoli sapeva di poterlo aiutare a «smettere di essere la via di mezzo che si è vista in Inghilterra», come da citazione recente dello stesso tecnico. Al Manchester United non era un top player ma neanche un giocatore di sistema. Per evitare che diventasse come Balto, uno che sapeva solo quello che non era, Conte ha lavorato prima di tutto sul consolidamento delle sue caratteristiche. A cominciare dalla sua straripante fisicità. Che poi una volta non era così tanto straripante: fino ai 18 anni, paradossalmente, McTominay era alto più meno 1 metro e 60. Poi nel corso di una sola estate è cresciuto di più di 30 cm, come se l’avessero tirato per le gambe. Con una struttura così, nelle giovanili dello United non hanno esitato a fargli fare l’attaccante, salvo poi abbozzare quando Sir Alex Ferguson, venuto ad assistere a un allenamento dell’Under 18, ha notato con ragione che forse avrebbe reso di più ome centrocampiste. Quelle reminiscenze da punta, però, gli hanno permesso di sviluppare delle grandi doti da incursore. E, soprattutto, gli hanno lasciato in eredità la capacità di intuire dove finisce il pallone.

Al di là dei 12 gol e dei sei assist serviti, cifre che a Napoli non vedevano dai tempi di Hamsik prime, la vera dimensione da MVP del campionato è data dalla sua presenza. O meglio: dalla sua onnipresenza. Quest’anno, infatti, McTominay ha giocato davvero dappertutto. Ha fatto la mezzala dirimpetto ad Anguissa, il sottopunta dietro Lukaku e nell’ultimo mese anche l’esterno sinistro nel 4-4-2 disegnato da Conte dopo l’infortunio di Neres. È stato il calciatore chiave che ha consentito di cambiare aspetto e scompaginare il piano tattico degli avversari, colui che più di tutti non ha lavorato per ruolo ma per funzioni. Le sue erano semplici, ma solo in apparenza: appoggio, pulizia del pallone, rapida verticalizzazione sulla punta, apertura sul lato debole e inserimento nell’aria svuotata dalle punte. Per dire tutto in un solo concetto: gioco a tutto campo. E infatti non esiste una porzione di prato verde che lo scozzese non abbia coperto, in un lavoro di cucitura che l’ha reso indispensabile come nessun altro giocatore della rosa.

E poi, come se non bastasse, McTominay ha giocato in tutti i ruoli e ha anche segnato in tutti i modi: i 12 gol durante il primo campionato di Serie A sono un mix di colpi di destro, sinistro, testa, di tiri da lontano e di correzioni da un paio di metri. L’ultimo, indiscutibilmente il più bello, addirittura in semi rovesciata. Quale miglior chiave per spalancare la porta dello scudetto?

Non è da sottovalutare, poi, anche come e quando sono arrivate queste reti: sei nelle ultime sette di campionato, nelle settimane in cui contava di più. Ha spaccato le partite come nessuno quest’anno, siglando per otto volte la rete dell’1-0. Ha innescato il Napoli di Conte nelle sue giornate migliori e lo ha condotto fuori dalle sabbie mobili in quelle peggiori, quando le prestazioni dei compagni non sono state all’altezza. Un po’ come gli succedeva al Manchester United. Ora, col senno di poi, si può dire che abbia fatto bene ad allontanarsi da quel contesto. Certo, era casa sua fin dall’adolescenza, ma il clima intorno a lui si stava saturando. Con Ten Hag l’anno scorso non ha mai goduto del credito assoluto su cui poteva contare ai tempi di Mourinho o Soskjaer, nonostante abbia salvato diverse volte l’allenatore olandese, sempre sull’orlo dell’esonero. Come ad ottobre 2023, quando è entrato all’87esimo di una partita che lo United perdeva uno a zero in casa contro il Brentford: doppietta nei minuti di recupero, esplosione del pubblico di Old Trafford e nuovo soprannome. Vale a dire “The Savior”, il Salvatore. Nome molto napoletano, spoiler del futuro.

Andare via da Manchester non è stata una decisione a cuor leggero, eppure Scott l’ha presa abbastanza velocemente. L’ha spiegato lui stesso qualche tempo fa in una chiacchierata con la Gazzetta dello Sport: «Manna è venuto a casa mia, abbiamo avuto una conversazione molto piacevole: mi ha spiegato la cultura, la storia del club, della maglia e di Napoli, del suo stadio meraviglioso». Da allora la tavola per il trasferimento in Italia era apparecchiata. Niente male passare da riserva in un gruppo disfunzionale a cuore del progetto di un team che alla fine ha vinto lo scuddtto. Il sole, il mare, il cibo di Napoli hanno aiutato, ma per Scott sono solo la bellezza collaterale dell’ambiente Napoli. Doveva ritornare al centro di un gruppo, esattamente come gli è sempre successo con la maglia della Scozia. Una Nazionale scelta, su suggerimento di Sir Alex Ferguson, proprio per questo motivo. Essendo nato a Lancaster, nord ovest dell’Inghilterra, poteva optare per la maglia dei Tre Leoni, ma sarebbe stato uno dei tanti, non il leader tecnico ed emotivo. Ha sempre voluto diventare un trascinatore, un MVP. Finalmente ci è riuscito.

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