Non giriamoci tanto intorno. Il Mondiale per club è un fatto di business, di soldi: tanti soldi, da prendere subito. Sebbene il livello tecnico delle partite non sia ancora decollato e di spettatori, almeno per certe partite, se ne siano visti pochini, l’intero indotto (tra sponsor ed eventi) ha portato una montagna di liquidità nelle casse delle società qualificate. Ci stanno guadagnando tutti, insomma: la FIFA, che già pensa all’allargamento del torneo a 48 squadre; i club, che pare abbiano chiesto di aumentare gli slot di qualificazione e arrivare a quota 48; i nuovi allenatori che possono testare le loro idee in un contesto comunque discretamente competitivo. A ribadire che i club sono contenti di questa nuova esperienza, sono stati proprio loro: i club, attraverso le parole dei loro dirigenti.
Bisogna partire da un presupposto: soltanto una decina di anni fa i tour estivi negli USA servivano principalmente a fare promozione e costruire il marchio in un mercato appetibile come quello americano. Ora invece andare dall’altra parte dell’Atlantico serve ad alimentare la vita di certe comunità, a farle crescere, anno dopo anno. Questo torneo negli è un evento importante, in questo senso: «Siamo attivi qui già da sette anni», ha detto Marc Lingenhoff, direttore generale del Borussia Dortmund Americas, a Goal.com. «Il Mondiale per Club ci offre un’ulteriore piattaforma globale per mostrare il nostro lavoro e la nostra presenza».
Per le squadre europee, l’America è da tempo una grande pezzo di terra su cui costruire nuove opportunità di profitto. Alcuni dei club più grandi hanno giocato per per più di vent’anni tra New York, Los Angeles, Boston e Philadelphia: tutti mercati enormi, e quindi anche molto redditizi. Ma i prossimi due anni rappresentano un’opportunità unica, con il Mondiale per Club e poi quello per rappresentative nazionali. Marco Castellaneta, direttore marketing della Juventus, ha spiegato che il torneo di quest’anno «è incredibilmente importante, è una competizione globale, ma anche un momento profondamente locale per noi. Offre a Juventus l’opportunità unica di essere visibile, rilevante ed emotivamente presente negli Stati Uniti»
Il PSG è stato una delle prime società a investire seriamente in qualcosa di duraturo negli States. L’approccio dei parigini al marketing in America non è affatto sottile: tutto è iniziato con la storica partnership commerciale firmata con Jordan, nel 2018. Da allora, il club francese ha lanciato almeno una divisa del brand all’anno, e ha persino aperto uno store principale sulla Fifth Avenue a di New York, nel 2022. Sempre guardando al PSG, un aiuto è arrivato anche dal mercato, dal fatto che molte stelle globali abbiano giocato a Parigi: agli americani piacciono le grandi star, una squadra che ha avuto Neymar, Messi e Mbappé non poteva che affascinarli. Non tanto in campo, quanto negli affari. «Qui in America c’è una forte voglia di accesso, personalità ed esperienze», ha spiegato Fabien Allègre, responsabile marketing del PSG. «Ai fan interessa chi siamo come marchio, non solo cosa succede in campo». Quest’estate, il club parigino si è dedicato in modo particolare al pubblico della West Coast statunitense, complice il fatto di aver scelto Los Angeles come quartier generale. In particolare, il club neocampione d’Europa ha puntato forte sulla “PSG House”, un complesso futuristico che tocca numerosi punti culturali per il pubblico americano. I fan possono utilizzare cabine fotografiche in realtà aumentata e interagire con uno studio di contenuti; sul tetto c’è un campo da calcio, all’interno c’è un caffè che offre degustazioni ed esperienze di gaming VR. «La risposta alle nostre sollecitazioni è stata molto incoraggiante», ha confessato Allègre, aggiungendo che la PSG House «è diventata uno spazio vibrante per celebrare la nostra identità sportiva, culturale e creativa con fan, artisti e comunità locali. Anche se è la nostra prima attivazione di questo tipo negli Stati Uniti, è stata una grande opportunità per dare vita al nostro marchio in un modo diverso».
Il Borussia Dortmund aveva previsto tutto questo da tempo. Il pubblico americano si era avvicinato molto al club giallonero quando Christian Pulisic è entrato in prima squadra. Un tour estivo negli USA nel 2018 ha rivelato quanto l’impatto dell’attuale giocatore del Milan potesse essere forte, sia in termini di visibilità che a livello di marketing. «Abbiamo visto crescere la domanda e l’interesse dagli Stati Uniti», ha detto Marc Lingenhoff, «e quel nostro primo tour estivo è stato l’inizio della nostra penetrazione negli USA». Naturalmente c’era da mettere a punto e da attuare una strategia comunicativa ad hoc: «Non siamo un club che arriva, prende un assegno e scompare per un anno o due prima di tornare, non è questo il nostro stile. Vogliamo crescere in modo costante e sostenibile nel tempo». Il modo in cui l’hanno fatto è stato unico. Il club ha capito che forse non avrebbe mai avuto la stessa potenza di fuoco del PSG o del Manchester City, per questo ha puntato sui social. L’account Twitter “BlackYellow” – lanciato nel 2019 dopo un tour negli USA, e che ora ha 2,7 milioni di follower – è riuscito ad agganciarsi alle tendenze di Internet con un umorismo tagliente. «Non siamo necessariamente dei pionieri. Ma se facciamo qualcosa, la facciamo pensando al lungo termine» ha aggiunto Lingenhoff. Nel febbraio 2024 il BVB ha aperto un ufficio a New York. Per il Broussia, quindi, il Mondiale per Club è solo un’altra tappa di un percorso chiaro negli USA. E lo hanno celebrato in grande, organizzando eventi e collaborando con tifosi di altri club.
In generale l’interesse per la Champions League e i campionati nazionali è aumentato negli Stati Uniti. Eppure la maggior parte dei fan tende a sostenere le stesse squadre: Real Madrid, Manchester United e Barcellona. C’entrano la storia, i campioni e gli sviluppi di un mercato quasi vergine ma difficile da decifrare. Eppure anche club come PSG, Dortmund e Juve si possono sedere allo stesso tavolo: «Il panorama mediatico e dei contenuti è molto competitivo, ma c’è una grande fame di contenuti autentici e coinvolgenti», ha detto Castellaneta. «Abbiamo abbracciato le piattaforme digitali, dai social media ai contenuti in streaming, per incontrare i fan ovunque si trovino. La nostra serie All or Nothing su Amazon Prime ha fornito uno sguardo intimo all’interno del club, aiutandoci a costruire un legame più profondo con i tifosi americani».
Anche il PSG ha investito nella creazione di contenuti. Sono stati prodotti documentari, cortometraggi e contenuti dietro le quinte, tutti in lingua inglese: un chiaro tentativo di diventare parte della conversazione sportiva quotidiana, anche negli USA. «Stiamo cercando costantemente di migliorare la nostra offerta di contenuti», ha raccontato Allègre. «Vogliamo assicurarci che i nostri fan si sentano parte del viaggio, ovunque si trovino nel mondo». I segreti per arrivare al cuore delle persone non sono poi così oscuro, basta essere coerenti, lungimiranti, divertenti e soprattutto chiari. Le squadre che stanno cercando di penetrare il mercato americano lo sanno e il Mondiale per Club, sotto questo punto di vista, potrebbe essere una bella palestra.
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