La storia non insegna nulla. Rose Bowl di Pasadena, 17 luglio 1994: la celebre finale mondiale tra Italia e Brasile si giocò a 36 gradi di temperatura e con il 70% di umidità. Condizioni infernali, che il riscaldamento globale ha tutt’altro che mitigato all’interno della torrida estate americana. Oggi, più di trent’anni dopo, siamo punto e a capo. Con la FIFA che s’intestardisce a far disputare le partite del torneo – ora per club, fra dodici mesi tocca di nuovo alle Nazionali – a orari proibitivi per amor di diritti tv. Mentre tra pubblico, giocatori e allenatori fioccano le lamentele. «Ho sudato come se fossi in una sauna», ha dichiarato Niko Kovac dalla panchina del Borussia Dortmund, dopo la vittoria per 4-3 contro il Mamelodi. A Cincinnati, Ohio, gradi 32: Baggio e compagni sorridono dal passato.
L’assurdità della vicenda, evitabile e reiterata, lascia comunque basiti. Restando alla partita dell’altro giorno, le riserve del Borussia hanno guardato il primo tempo dagli spogliatoi pur di tenersi al fresco il più a lungo possibile – mossa senz’altro avallata da Kovac. «Una cosa mai vista», twitta anche il club giallonero, «ma in simili circostanze è del tutto sacrosanta». Con frecciatina aggiuntiva, perché l’allenatore croato ha sottolineato che «i nostri avversari sudafricani erano abituati a simili temperature».
Our subs watched the first half from inside the locker room to avoid the blazing sun at TQL Stadium – never seen that before, but in this heat, it absolutely makes sense. 🥵 #FIFACWC pic.twitter.com/5GYtMER1fQ
— Borussia Dortmund (@BVB) June 21, 2025
La situazione resta in divenire, con quattro partite finora posticipate, ritardate o perfino diluite nel corso dei 90 minuti a causa di avversi fenomeni meteo – un caldo simile è naturalmente foriero di forti temporali. E le previsioni per i prossimi giorni non sembrano affatto incoraggianti: sono in programma fino a dieci match a rischio di caldo estremo, con il termometro che potrebbe toccare i 41 gradi (Real Madrid-Pachuca, Benfica-Bayern e Auckland City-Boca Juniors restano sotto particolare osservazione). Una fornace a forma di stadio. «Molti giocatori che torneranno qui nel 2026 stanno avendo un assaggio di quel che verrà», spiegano i climatologi americani. Mentre la FIFA – fino a quando non ci scapperà il primo malore in campo – si limita a dichiarare che «il monitoraggio delle condizioni meteo, coordinato all’offerta di strutture sicure e piacevoli per tutte le parti coinvolte, continua. La nostra priorità resta la salute di tutti: i nostri medici sono in regolare contatto coi club per gestire il caldo e l’acclimatazione».
Intanto però si susseguono le testimonianze. Dopo il ko nella gara inaugurale contro il PSG, Marcos Llorente, centrocampista dell’Atlético, ha raccontato di aver provato «un caldo terribile: le mie dita dei piedi erano indolenzite, mi facevano male le unghie, è incredibile» (e quel giorno, per la cronaca, nella famosa Pasadena erano “solo” 32 gradi). «Dovremo aumentare le rotazioni, con queste temperature non è facile», si aggiunge al coro Enzo Maresca, allenatore del Chelsea. Gli fa eco Luis Enrique: «Questi orari saranno anche comodi per l’audience europea, ma le squadre soffrono e a risentirne è la competizione sportiva». Mentre Pep Guardiola sostiene che «sarebbe bello giocare in condizioni idonee, ma lo sappiamo tutti, e tutti ci stiamo comunque lamentando, che il caldo e l’umidità saranno un fattore oggi come ai prossimi Mondiali. Dobbiamo prenderne atto». Anche perché la FIFA sembra tutt’altro che impietosita: per 33 gare su 63 della competizione in corso, il calcio d’inizio è previsto prima delle 3 del pomeriggio. Mezzogiorno di fuoco versione calciastica. Col senno di poi sembra più umana perfino la scorsa Coppa del Mondo in Qatar, tra le dune del deserto e gli stadi climatizzati: almeno era sotto Natale.