Al Mondiale per Club, per via del caldo torrido, stanno succedendo delle cose mai viste prima

Dai calciatori che non si sentono più le dita dei piedi a quelli che assistono alla partita dei compagni dagli spogliatoi pur di avere l'aria condizionata. Cronaca delle surreali condizioni imposte dalla FIFA.
di Redazione Undici
23 Giugno 2025

La storia non insegna nulla. Rose Bowl di Pasadena, 17 luglio 1994: la celebre finale mondiale tra Italia e Brasile si giocò a 36 gradi di temperatura e con il 70% di umidità. Condizioni infernali, che il riscaldamento globale ha tutt’altro che mitigato all’interno della torrida estate americana. Oggi, più di trent’anni dopo, siamo punto e a capo. Con la FIFA che s’intestardisce a far disputare le partite del torneo – ora per club, fra dodici mesi tocca di nuovo alle Nazionali – a orari proibitivi per amor di diritti tv. Mentre tra pubblico, giocatori e allenatori fioccano le lamentele. «Ho sudato come se fossi in una sauna», ha dichiarato Niko Kovac dalla panchina del Borussia Dortmund, dopo la vittoria per 4-3 contro il Mamelodi. A Cincinnati, Ohio, gradi 32: Baggio e compagni sorridono dal passato.

L’assurdità della vicenda, evitabile e reiterata, lascia comunque basiti. Restando alla partita dell’altro giorno, le riserve del Borussia hanno guardato il primo tempo dagli spogliatoi pur di tenersi al fresco il più a lungo possibile – mossa senz’altro avallata da Kovac. «Una cosa mai vista», twitta anche il club giallonero, «ma in simili circostanze è del tutto sacrosanta». Con frecciatina aggiuntiva, perché l’allenatore croato ha sottolineato che «i nostri avversari sudafricani erano abituati a simili temperature».

La situazione resta in divenire, con quattro partite finora posticipate, ritardate o perfino diluite nel corso dei 90 minuti a causa di avversi fenomeni meteo – un caldo simile è naturalmente foriero di forti temporali. E le previsioni per i prossimi giorni non sembrano affatto incoraggianti: sono in programma fino a dieci match a rischio di caldo estremo, con il termometro che potrebbe toccare i 41 gradi (Real Madrid-Pachuca, Benfica-Bayern e Auckland City-Boca Juniors restano sotto particolare osservazione). Una fornace a forma di stadio. «Molti giocatori che torneranno qui nel 2026 stanno avendo un assaggio di quel che verrà», spiegano i climatologi americani. Mentre la FIFA – fino a quando non ci scapperà il primo malore in campo – si limita a dichiarare che «il monitoraggio delle condizioni meteo, coordinato all’offerta di strutture sicure e piacevoli per tutte le parti coinvolte, continua. La nostra priorità resta la salute di tutti: i nostri medici sono in regolare contatto coi club per gestire il caldo e l’acclimatazione».

Intanto però si susseguono le testimonianze. Dopo il ko nella gara inaugurale contro il PSG, Marcos Llorente, centrocampista dell’Atlético, ha raccontato di aver provato «un caldo terribile: le mie dita dei piedi erano indolenzite, mi facevano male le unghie, è incredibile» (e quel giorno, per la cronaca, nella famosa Pasadena erano “solo” 32 gradi). «Dovremo aumentare le rotazioni, con queste temperature non è facile», si aggiunge al coro Enzo Maresca, allenatore del Chelsea. Gli fa eco Luis Enrique: «Questi orari saranno anche comodi per l’audience europea, ma le squadre soffrono e a risentirne è la competizione sportiva». Mentre Pep Guardiola sostiene che «sarebbe bello giocare in condizioni idonee, ma lo sappiamo tutti, e tutti ci stiamo comunque lamentando, che il caldo e l’umidità saranno un fattore oggi come ai prossimi Mondiali. Dobbiamo prenderne atto». Anche perché la FIFA sembra tutt’altro che impietosita: per 33 gare su 63 della competizione in corso, il calcio d’inizio è previsto prima delle 3 del pomeriggio. Mezzogiorno di fuoco versione calciastica. Col senno di poi sembra più umana perfino la scorsa Coppa del Mondo in Qatar, tra le dune del deserto e gli stadi climatizzati: almeno era sotto Natale.

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