Il nuovo Mondiale per Club a 32 squadre, con il suo formato ampliato e la promessa di diventare un evento di interesse globale, è un affare multimilionario. Sono le stesse società partecipanti a raccontarlo in maniera chiara, e infatti si parla già di un possibile allargamento del format a 48 squadre a partire dall’edizione 2029 – e pare che siano gli stessi club ad averlo sollecitato. Tutto questo avviene nonostante il nuovo torneo FIFA sia stato concepito nel nome da una profonda disparità economica: i premi destinati ai club partecipanti, infatti, non saranno distribuiti in modo uniforme. E il criterio adottato dalla FIFA per assegnare la cosiddetta “quota di partecipazione” – ben 451,6 milioni di euro – non riguarda solo il puro e semplice merito sportivo.
Ma andiamo con ordine: intanto, come detto, la FIFA ha stanziato 451,6 milioni di euro da distribuire a tutte le squadre qualificate, a prescindere dal loro rendimento nel torneo. Il 62,8% di questa somma, 284 milioni, sarà distribuita ai 12 club europei. Già questa è una diseguaglianza, ma in realtà anche l’ulteriore suddivisione di questi soldi non è paritaria: la FIFA, infatti, distribuirà il denaro in base a un algoritmo che combina ranking UEFA degli ultimi quattro anni e valutazioni commerciali. Si tratta di una decisione presa dopo un confronto con l’ECA, l’associazione dei club europei, che ha messo sul piatto l’argomento più pesante: le squadre europee generano audience, attirano sponsor e generano attenzione globale, molto più di quanto facciano i club degli altri continenti. Insomma, il valore percepito varrebbe vale più della vittoria sul campo.
Il risultato di queste scelte è un elenco che premia i soliti noti: il Real Madrid incassa la cifra più alta (32,8 milioni), seguito da Manchester City e Bayern Monaco. Anche l’Inter (21,6 milioni), Juventus (19,7) e Atlético Madrid (19,7) beneficiano del sistema. In fondo alla lista c’è il Salisburgo con 11 milioni, una cifra comunque superiore a qualsiasi altro club non europeo – a eccezione dei sei sudamericani.
Il principio è chiaro: il denaro premia la reputazione, prima ancora che i risultati. Ma in questo modo, naturalmente, c’è il rischio di cristallizzare ancora di più le gerarchie economiche già esistenti, rendendo tremendamente complessa una qualsiasi forma di ascesa per i club emergenti o provenienti da confederazioni “minori”. Il Mondiale per Club, che dovrebbe essere la celebrazione del calcio a livello universale, è quindi l’ennesima manifestazione che alimenta le disuguaglianze. Per quanto ci troviamo al cospetto di un torneo che nasce con grandi ambizioni, alla fine la nuova creatura di Infantino riflette le dinamiche di un calcio sempre più polarizzato.