Vitinha e João Neves, ovvero: come il PSG ha costruito la coppia di centrocampo più forte del mondo

Qualità, adattabilità e complementarietà: così il duo portoghese governa, rifinisce e finalizza il calcio cinematografico di Luis Enrique.
di Gianmarco Calvaresi
05 Luglio 2025

Se si potesse tornare all’inizio di agosto del 2024, quando il PSG spendeva 59.92 milioni di euro per acquistare João Neves dal Benfica, sarebbe difficile trovare qualche tifoso entusiasta delle premesse per la stagione alle porte. Con Mbappé a Madrid, il PSG si è ritrovato per la prima volta, nel corso del regno di Al-Khelaifi, senza una vera stella offensiva in squadra: da Ibra a Cavani, da Neymar a Messi, il club parigino infatti era sempre stato costruito andando all-in sul reparto offensivo. Otto mesi dopo, con il Triplete in bacheca, è facile affermare che la lungimiranza con cui il PSG ha operato sul mercato nelle ultime stagioni sia stata ripagata: ed è così che i 100 milioni spesi per formare quella che oggi è la coppia di centrocampo più efficace al mondo diventano, sul totale dei circa 2 miliardi spesi in 14 anni dal fondo qatariota, quelli meglio investiti in rapporto ai risultati ottenuti. Perché Vitinha e João Neves si sono presi Parigi, la Francia, l’Europa (sia con il club che con la Nazionale) e ora, senza nascondersi troppo, puntano al mondo.

Uno giovane, l’altro giovanissimo: Vitinha ha 25 anni, João Neves ne compirà 21 a settembre, eppure giocano con la maturità di chi ha fatto girare il pallone in mezzo al campo per anni, con la sintonia di due amici cresciuti insieme. I loro percorsi, però, sono stati del tutto diversi, sin dalle giovanili. Vitinha si è formato nel Porto, João Neves nel Benfica: non si sono mai affrontati a causa della differenza di età, ma entrambi hanno vinto la Youth League con le rispettive squadre. Se per João Neves la strada è stata completamente lineare (solo Benfica prima dell’arrivo a Parigi), quella di Vitinha ha subito una deviazione in Inghilterra: nella stagione 2020/21, infatti, è stato ceduto in prestito al Wolverhampton. L’esperienza inglese non è stata delle migliori, con 19 partite disputate e un solo gol – seppur bellissimo – contro il Chroley nel quarto turno di FA Cup. Una situazione che avrebbe potuto scoraggiare un giovane alla prima esperienza lontano da casa, ma non Vitinha. Anzi, proprio in quel contesto ha regalato un assaggio della sua straordinaria personalità. L’aneddoto è stato raccontato dal suo ex compagno di squadra Marçal, a cui Vitinha avrebbe affermato, poco prima di lasciare i Wolves: «L’anno prossimo tornerò al Porto, giocherò benissimo e verrò acquistato da uno dei migliori otto club d’Europa» Quando si dice credere in se stessi.

Anche il primo impatto a Parigi, però, si è rivelato ricco di difficoltà. È il PSG delle stelle, che deve vincere tutto con uno dei tridenti offensivi più forti mai assemblati. Vitinha fatica, arrivano delle prestazioni negative e anche un presunto scontro con Messi in allenamento (smentito poi dal centrocampista). L’argentino, non soddisfatto del livello del compagno di squadra, sarebbe arrivato a dirgli “Sei scarso”, ma per una volta il campo non gli ha dato ragione. Del resto, Vitinha è abituato sin da bambino a smentire chi dubitava di lui: i primi sono stati gli osservatori del Benfica, che lo hanno scartato non ritenendolo adatto fisicamente. Lo stesso Vitinha, in un’intervista con Rio Ferdinand, ha raccontato di aver costruito i punti di forza del proprio gioco compensando con la tecnica e l’astuzia ciò che non riusciva a fare i fisicamente: «Non ho mai avuto un determinato tipo di fisicità, quindi ho imparato a guardare prima, pensare prima, cercando di prevedere le cose. Sapevo come toccare il pallone per evitare i contatti, anche se prima o poi in una partita il contatto arriva: cercare il modo di evitarli, però, mi ha reso il tipo di giocatore che sono oggi». E il risultato, elevato all’ennesima potenza dal lavoro di Luis Enrique, è un centrocampista eccezionale, capace di fare la cosa giusta in qualsiasi zona del campo. Ha una tecnica nello stretto quasi da giocatore di futsal e ha potuto studiare da vicino il lavoro di Verratti per uscire dalla pressione anche quando riceve nella sua metà campo, spalle alla porta. È fenomenale in progressione, sa imbucare, sa calciare da fuori area, pressa e difende: ha tutte le caratteristiche che fanno innamorare gli allenatori. Lo scorso anno, Luis Enrique aveva detto di lui: «È stato il nostro miglior giocatore in questa stagione», anche se era la stagione in cui Mbappé ha realizzato 44 gol e 10 assist in 48 presenze,. Quest’anno ancora Luis Enrique lo ha definito «uno dei migliori al mondo nel suo ruolo», mentre Roberto Martinez, che lo allena in nazionale, ha detto che è un giocatore «da Ppallone d’Oro».

Vitinha è estremamente sicuro del suo gioco, perché è costantemente in controllo. “Control” è una delle parole che ha utilizzato di più nella già citata intervista con Ferdinand: il controllo del pallone, di ogni posizione del centrocampo, della complementarità con i compagni. «Io, João e Fabián (Ruiz, ndr) possiamo giocare da 6, da 8, da 10. Abbiamo una libertà controllata, ognuno sa cosa deve fare in attacco e in difesa». E proprio l’acquisto di João Neves è stato quella linfa che ha reso il nuovo centrocampo del PSG così completo ed efficace. Vitinha è stato contento di averlo in squadra sin dal primo giorno, perché i due in campo parlano la stessa lingua: «Ha vent’anni, ma gioca come se ne avesse trenta», ha detto Vitinha a Ferdinand. «Non ha punti deboli, in campo sa fare qualsiasi cosa, ed è eccezionale vista la sua età».

João Neves il calcio lo ha sempre respirato, anche in casa. Suo padre è stato giocatore poi allenatore, e viste le precoci qualità del figlio non ha esitato a convincerlo a trasferirsi a Seixal per entrare nelle giovanili del Benfica. Lì, sotto gli occhi di Nuno Gomes, Joao è cresciuto e diventato un punto di riferimento per i compagni per il suo atteggiamento e la sua dedizione alla squadra. Gomes ha raccontato di quando, dopo un infortunio, non ha rinunciato ad assistere agli allenamenti per supportare i compagni verso le fasi finali della Youth League: «Era triste, faceva fatica a spostarsi con le stampelle, eppure alle 10 del mattino era lì a guardare i suoi compagni allenarsi. João Neves ha sempre dimostrato di essere questo tipo di persona, che in campo fa di tutto per mettere la squadra nelle migliori condizioni». È un ragazzo che oggi si poterebbe definire vecchio stile, con la maglia dentro i pantaloncini e che ha tenuto il numero 87 perché era quello che gli era piaciuto di più tra i disponibili. Ha dovuto affrontare la prematura scomparsa della madre, avvenuta lo scorso anno, e il trasferimento a Parigi ad appena 19 anni. Un mondo nuovo in cui doveva imparare a muoversi da solo, ma nel quale si è calato subito alla perfezione anche grazie all’aiuto di Vitinha: «Siamo molto simili, anche e soprattutto nei valori con cui siamo cresciuti. Con lui mi diverto molto, spesso andiamo a cena, o in piscina, e anche in campo per certi aspetti siamo simili».

La crescita di João Neves è stata esponenziale, e grazie alla libertà che Luis Enrique gli lascia nell’occupare le diverse posizioni del centrocampo è diventato pericoloso anche in zona gol. Non si fa problemi a saltare di testa nonostante non sia un gigante (è alto 174 centimetri), e due gol pesanti in questa stagione li ha realizzati proprio così, sbucando sul secondo palo da calcio piazzato di Vitinha: il primo nella fondamentale vittoria in Champions contro il Manchester City, il secondo negli ottavi di finale del Mondiale per Club contro l’Inter Miami di Messi – sempre contro Messi sarebbe arrivata la sua prima doppietta col PSG. Non si tira indietro davanti a niente, nemmeno ad un cambio di ruolo, purché la squadra vinca: basta guardare semifinale e finale della Nations League, in cui ha giocato da terzino destro, un po’ come è capitato a Valverde nel Real Madrid.


È arrivato il momento di vederli giocare

La parola complementarità, dunque, è quella che forse descrive meglio il rapporto in campo tra Vitinha e Joao Neves, nonostante siano simili per caratteristiche fisiche. Leggono prima il gioco a un livello tecnico altissimo, tutto loro, ma lo vivono con l’intensità, la fame e l’emozione della gioventù. La fotografia che rappresenta alla perfezione quanto descritto è il terzo gol della finale di Champions contro l’Inter, quello che di fatto ha chiuso la partita. Il nome finito sul tabellino è quello di Doué, ma l’azione nasce e si sviluppa dai piedi di Vitinha, che parte dalla propria metà campo conducendo la palla in uno spazio che ha immaginato solo lui. La percussione è di “iniestiana” memoria (sì, Vitinha ha dichiarato di esser cresciuto guardando i video di Iniesta), la palla per Douè è perfetta, ma il momento più bello arriva dopo il gol. Il portoghese corre allargando le braccia e si lancia in scivolata pancia a terra: mentre gli altri vanno ad esultare con Doué, il primo che lo raggiunge è proprio Joao Neves, che si lancia con lui a festeggiare.

Quello è il momento della realizzazione, il momento che sigilla una carriera: Vitinha si commuove, e alzandosi viene abbracciato dal compagno e connazionale, che lo indica al pubblico. Un’istantanea che racchiude una stagione meravigliosa, che ha regalato al Paris Saint-Germain e al Portogallo un duo di centrocampo pronto a prendersi tutto.

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