Cinque mesi fa l’annuncio in pompa magna, con tanto di video introduttivo e rendering dell’erede di Old Trafford. Un impianto gigantesco, da 100mila posti, che dovrebbe sorgere a due passi dallo storico stadio del Manchester United. Ebbene: oggi il condizionale diventa d’obbligo. Perché il secondo club più titolato d’Inghilterra sta riscontrando complessi e inaspettati ostacoli di natura economico-amministrativa, che tengono in ballo oltre mezzo miliardo di euro. Cifre non indifferenti rispetto al preventivo stimato per l’opera nel suo complesso, quasi 5 miliardi. E importanti anche per la facoltosa proprietà dei Red Devils, all’improvviso esitante di fronte al braccio di ferro negoziale che rischia di profilarsi.
Il fulcro del problema è il terreno edificabile di St Helens, prescelto per ospitare il nuovo stadio. Al momento chi lo possiede e gestisce è Freightliner, un’azienda americana di autocarri già contattata dal Manchester per l’acquisizione. Evidentemente però i dirigenti del club hanno sottovalutato la natura della trattativa. Perché se lato United il terreno in questione è valutato tra i 45 e i 55 milioni di euro, secondo Freightliner ce ne vorrebbero 460: circa dieci volte tanto. Una discrepanza enorme, giustificabile soltanto dall’intenzione dei proprietari di trasferire a St Helens un nuovo sito aziendale che aumenterebbe significativamente la capacità produttiva della medesima – e dunque, il prezzo del terreno.
Che si tratti di un’apposita strategia, per giocare al rialzo dopo che il Manchester United aveva candidamente annunciato che il cosiddetto “Wembley del nord” genererà oltre 8 miliardi di euro all’anno a vantaggio dell’economia britannica? Può darsi, ed è quello che i Red Devils stanno facendo trapelare, rifiutandosi al contempo di sborsare una simile differenza. Freightliner però ha tutto il diritto di chiedere il prezzo che preferisce. E questo complicherà non poco l’ambiziosa tabella di marcia per la realizzazione del nuovo stadio, già fissata per il 2030. Ora allo United non restano che due strade: aumentare l’offerta, avvicinandosi così alle richieste della controparte (e sperando che basti); oppure ridimensionare l’intero progetto, facendo in modo che il terreno della discordia – che rappresenta soltanto una parte dei lotti coinvolti – non serva più. Ma quest’ultima opzione avrebbe chiaramente i contorni di un mezzo fiasco, rispetto alle pretese di grandezza ostentate del club.
La notizia ha messo sull’attenti i tifosi, già sul piede di guerra contro i contestatissimi vertici americani. Eppure, i portavoce dello United insistono che “i lavori progettuali procedono, incluse le discussioni con le autorità locali, i proprietari terrieri e i potenziali finanziatori dell’opera”. Ma poi aggiungono: “Resta nostra ambizione portarla a termine il prima possibile, però potremo farlo soltanto una volta che le risorse e i terreni necessari saranno a posto”. Insomma, si prospettano tempistiche all’italiana. Per il rammarico di qualcuno, e per il sollievo dei nostalgici del buon vecchio Old Trafford.