Gregorio Paltrinieri incarna l’idea stessa di nuoto e di sport, ma è anche un uomo che ha qualcosa da raccontare

Il nuotatore italiano è uno dei candidati per Aura Sport & Cultura Award.
di Redazione Undici 08 Agosto 2025 alle 03:16

Tutti quelli che sono nati tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta sono stati inclusi in una chat WhatsApp dove si parla per lo più di calcio e della propria squadra del cuore. E, come spesso accade nei periodi in cui la suddetta squadra non ti dà poi molto da dire e commentare, le discussioni finiscono per virare sugli altri sport e sui grandi campioni generazionali che li dominano: LeBron James, Max Verstappen, più recentemente Jannik Sinner. Ecco: dell’aprile del 2022, stando a Wikipedia, Gregorio Patrinieri ha conquistato 20 medaglie – otto d’oro, cui andrebbero aggiunte le due vinte a Melbourne in vasca corta – tra Europei, Mondiali e Olimpiadi. E ogni volta che il suo nome compare su uno di quegli spazi condivisi, spazi che sono sia virtuali che reali, emerge tutta la grandezza di cui è stato, ed è ancora, capace. Come quando, nel 2021, tornò da Tokyo con due medaglie al collo ben più pesanti e lucenti del metallo di cui erano fatte dopo che la mononucleosi sembrava averlo messo all’angolo ben più di Robert Finke e Florian Wellbrock; o come quando, ai Mondiali di Singapore, ha conquistato l’argento sia nella 5 che nella 10 km nonostante un dito fratturato.

Con James, Verstappen, Sinner e tutti gli altri membri di un circolo che si sta facendo via via sempre più ristretto, Paltrinieri condivide l’idea di una trasversalità che trascende il proprio sport e l’occasionalità delle grandi manifestazioni, una longevità che gli permette di essere, allo stesso tempo, punto di riferimento e primo avversario per quelli che sono venuti prima e che verranno dopo di lui, una ricerca ossessiva del limite da superare che nel tempo si è trasformata in una ricerca del puro piacere, del divertimento, della gioia di fare ciò che si ama al di là dei primati personali, delle vittorie, dei tempi sul cronometro che rischiano di diventare il fine ultimo di giornate interminabili vissute quasi sempre da soli con sé stessi.

«Sto cercando di vivere molto meglio quello che sto facendo, come puro divertimento, quando invece a un certo punto lo sentivo come lavoro, sentivo tante aspettative da parte della gente. E forse quello ti fa perdere l’entusiasmo verso quello che stai facendo. Adesso la vivo molto meglio, più spensierato sicuramente», disse Paltrinieri in un’intervista rilasciata a Undici nel 2024, pochi giorni prima di volare a Parigi e diventare il nuotatore italiano con più medaglie vinte ai Giochi: bronzo negli 800 stile libero e argento nei 1500, la gara in cui finale ha dovuto abbassare il primato del mondo di quasi mezzo secondo per stargli davanti con un ragionevole margine di sicurezza nelle ultime due vasche. Per questo, ma non solo per questo, si può dire che Paltrinieri incarni la dimensione più ancestrale e vera dello sport, quella della competizione con i migliori del mondo per scoprire qualcosa di più di se stesso e di chi lo circonda, per capire a che punto si è della propria vita e della propria carriera, andando oltre quelli che per altri sarebbero momenti indimenticabili di gioia e di gloria, ma che per lui non sono altro che il modo per mettersi ancora più pressione, ancora più voglia di dimostrare di essere degno del suo livello, della sua fama, della sua leggenda.

Ma Paltrinieri rappresenta anche quell’ideale di atleta che, per riprendere una definizione che ha utilizzato lui stesso in un’intervista al Basement di Gianluca Gazzoli, «ha qualcosa da raccontare». E che è molto di più di una medaglia vinta o di un altro record da battere. In questo senso la storia di Paltrineri è la storia di un competitore impareggiabile, forgiatosi nel culto pagano di Kobe Bryant, che è anche icona pop, aggregatore sociale, portavoce dei colleghi – sia a Singapore che a Parigi è stato tra i più critici nei confronti dell’organizzazione per le condizioni che lui e gli altri hanno dovuto affrontare nelle gare in acque libere – nonché promotore della bellezza delle coste italiane attraverso “Dominate The Water”, il circuito di gare itinerante pensato per tutelare e valorizzare quel mare che già da qualche anno è il suo nuovo elemento naturale, l’espressione privilegiata di un’esperienza che non è più solo agonistica ma anche soprattutto spirituale, proiettata verso una connessione più profonda con la realtà e le sue molteplici sfaccettature.

Per oltre dieci anni abbiamo scritto e parlato di Gregorio Paltrinieri quasi solo in relazione ai trionfi, alle medaglie, alla materialità di una vittoria che dura lo spazio di un momento e per il quale ci si allena per mesi nel silenzio; oggi stiamo imparando a pensare a Paltrinieri oltre tutto questo, al suo essere il nuoto non come competizione ma come manifestazione di sé, del proprio posto nel mondo e nella storia. Che è sua, certo, ma anche nostra.


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