Certe valigie vanno fatte e basta. L’Atlético Madrid chiama, agli albori di una stagione di rinnovamento tecnico? E Giacomo Raspadori, jolly di lusso al Napoli, non può non rispondere. È una buona notizia per il calcio italiano, tornato finalmente a esportare verso i top club. Ed è la rampa di lancio definitiva per un giocatore tuttora in attesa di giudizio. Ha 25 anni, una bacheca più ricca di quanto lui finora abbia potuto dimostrare sul campo – ma mica per demerito: circostanze, momenti, esperienza da maturare e ora accumulata. Certe occasioni non passano spesso nella vita di un calciatore, e Raspadori le ha sempre, chirurgicamente sfruttate. A prescindere dal ruolo cucitogli addosso dall’allenatore di turno. E forse è anche per questo se uno dei più grandi, come Diego Simeone, l’ha voluto con sé per dare man forte a Julián Álvarez e compagni.
Perché negli ultimi anni, dove si realizzava la storia Raspadori c’era. C’era tra gli Azzurri di Mancini conquistatori d’Europa nel 2021: d’accordo, praticamente da comparsa – 15′ in campo nella sfida superflua contro il Galles –, ma è stato comunque membro di un gruppo che ammutolito il resto del continente fino a Wembley. E affinché certe spedizioni divengano leggenderie, è fondamentale che ognuno faccia la propria parte – sul peso specifico di Peruzzi a Germania 2006, giusto per fare un esempio, sono stati spesi aneddoti su aneddoti. Ma Raspadori c’è stato soprattutto a Napoli, nell’epoca più vincente della sua storia sin dai tempi di Maradona. Di nuovo, da comprimario. E a giudicare dalla mera aritmetica – acquistato dal Sassuolo per 35 milioni complessivi, rivenduto tre anni dopo a 25 –, il bilancio della sua avventura a Castelvolturno si configura perfino deludente.
Eppure il marchio di Giacomo sugli ultimi due tricolori è chiaro e tondo. Nella marcia trionfale della squadra di Spalletti ha messo a referto due gol, entrambi pesantissimi, da tre punti al 90′, contro Spezia e Juventus – più altri quattro in Champions. Nella stagione appena conclusa è stato ancora più decisivo, di nuovo dalla panchina, il più delle volte, siglando sei centri per 11 punti complessivi. Considerato il trionfo al fotofinish, Raspadori si è dimostrato così tra i giocatori più decisivi del Napoli in rapporto al minutaggio. Pur senza mai diventarne un punto di riferimento fisso, titolare inamovibile.
“Raspadori ci dà quella qualità e quei gol che ci servono per vincere”, Antonio Conte ne aveva elogiato la versatilità al termine della vittoria sul Venezia, lo scorso dicembre. “Ma potrebbe giocare anche come interno di centrocampo: soprattutto nelle partite bloccate è un’opzione importante per tutti noi”. Parole che rimbombano a meraviglia fino alle orecchie di Simeone. Che a suon di partite bloccate ha costruito il suo mito, il suo credo calcistico. L’ex Sassuolo dunque potrebbe davvero rappresentare il guizzo ricorrente che serve all’Atlético, con Griezmann ormai 35enne e pochi altri interpreti in grado di sfoggiare la sua intelligenza tattica e imprevedibilità nello stretto. Segue le orme del connazionale Matteo Ruggeri, anche lui forse sottovalutato dall’Atalanta: lo dirà il tempo. Il tempismo, invece, è già tutto di Raspadori.