La guardi correre a rete e vieni subito catapultato dentro la sua partita. Smash, rovesci a due mani, stoccate da fondo campo. Potenza e precisione, leggerezza da eterna ragazza e tenuta nervosa da oro olimpico. Tutto sembra semplice, quando la racchetta è nelle salde mani di Jasmine Paolini. Tutto rassicurante. E anche chi questo sport non lo mastica, ne viene coinvolto per emanazione. Di set in set, un gradino alla volta di una carriera inaudita. Perché il tennis italiano, soprattutto per le bambine di oggi, avrà sempre un prima e un dopo Jas. Infischiarsene dei canoni fisici, delle etichette. Rispondere su cemento o terra rossa fino a toccare il cielo con un dito. Laddove mai nessuna era arrivata.
Sarebbe riduttivo affermare che l’arma in più di Paolini è il suo sorriso. Ma in qualche modo è così: un sorriso che sa di divertimento puro, spontaneo e contagioso, più che da posa per il red carpet. E in uno sport che storicamente – forse più di tutti gli altri – dà alla forma il peso della sostanza, la naturalezza di Jasmine sa quasi di irriverenza. Saltella e aggredisce, aspetta e colpisce. Quindi esulta, con le braccia larghe, trasmettendo un senso d’incredulità che coinvolge anche il più glaciale degli spettatori. È il riscatto del baricentro basso sulle lunghe leve. Dell’efficacia su tutto il resto. È il volto della familiarità nel nuovo corso dorato del tennis italiano: se Jannik Sinner ha la distanza di un dio e Lorenzo Musetti i contorni dell’atleta per antonomasia, Jasmine è la campionessa che ti tende la mano. “Dai su, provateci anche voi! E un giorno chissà”, sembra dire senza dover parlare.
La sintesi perfetta del personaggio è nel punto più alto del suo percorso: Parigi due volte – Olimpiadi 2024 e Roland Garros 2025 – nel doppio, ma qui ci concentriamo sulla prima. Sull’azzurro dell’Italia che mai, nella storia dei Giochi, aveva centrato nel tennis la medaglia più bella. Ci sono riuscite due donne dalla forza e dal carattere complementari, come tutte le grandi coppie capaci di entrare nell’immaginario collettivo – ben oltre lo sport: per alchimia e complicità possono ricordare Thelma & Louise. Errani la saggia, stratega esperta e perfetta detonatrice di talento. Paolini l’incontenibile, esagerata, ricettiva sorella minore eppure così avvolgente nella sua quasi ingenua semplicità. Insieme, Sara & Jas travolgono il torneo olimpico. E con tutta la leggerezza del mondo – ma anche altrettanta fatica e tenacia psicofisica: altrimenti non si vince l’oro al super tie-break – riescono a realizzare ciò che in Italia nemmeno si provava a immaginare. «È stato difficilissimo, all’inizio io ero molto tesa», racconta a caldo Paolini. «Poi la tensione è andata via e ci siamo sciolte». Chiaro, no?
Il culmine di ieri diventa la rampa di lancio di domani, con la prestigiosa Billie Jean King Cup qualche mese più tardi e il bis parigino nel Grande Slam di quest’anno. E anche in singolare l’avventura di Paolini decolla, trainata dall’entusiasta curiosità tipica degli avventurieri: cosa succede dopo, cosa c’è oltre? Nel cammino di Jasmine, gli Internazionali di Roma lo scorso maggio. Il weekend da incorniciare: sabato il trionfo in finale contro Coco Gauff – prima italiana a riuscirci negli ultimi quarant’anni – e domenica la doppietta in doppio insieme a Errani. Una pagina di tennis da eroina nazionale, che la 29enne di Castelnuovo di Garfagnana ha vissuto nella consueta convivialità: davanti a lei si sciolgono le telecamere, il protocollo, perfino Sergio Mattarella. Risata che contagia e fa bene alla salute. Di tutti.
Piccola necessaria postilla. Nella carriera di un’atleta i momenti di stress, sforzo fisico e mentale, sono spesso più frequenti dei picchi di assoluta felicità. Paolini non fa eccezione: dietro il sorriso ha raccontato di soffrire le critiche, di convivere con problemi di autostima, di lavorare su di sé insieme a una psicologa. La vita è vita per tutti. Ed è anche questo a rendere Jas così liberamente umana, nei suoi limiti e nei suoi pregi. Ed è così che lei ha saputo rendere il tennis.