Le borracce dei portieri con le statistiche sui rigori stanno diventando sempre più frequenti, sempre più approfondite

Le analisi sui penalty sono un mix di profilazione statistica e studio del comportamento. Per questo è ormai complicato riuscire a nasconderle
di Redazione Undici 16 Agosto 2025 alle 12:09

All’inizio erano dei piccoli pezzi di carta attaccati con lo scotch alla borraccia. Accorgimenti adottati dai portieri prima dei rigori, per ricordarsi lo stile degli avversari o dei metodi per distrarre i rigoristi. La grande attenzione sulle statistiche negli ultimi anni ha fatto sì che l’analisi sui penalty si allargasse sempre di più, rendendo quei foglietti insufficienti per contenere tutte le informazioni.

Ogni portiere ha la sua tecnica. Di esempi se ne possono fare tantissimi. Il più recente è Dean Henderson, il portiere del Crystal Palace che nel Community Shield ha parato i rigori di McAllister e Elliot, sui cui aveva scritto la direzione di tiro preferita dei rigoristi. Due settimane prima del match di Wembley, Hannah Hampton, numero uno della nazionale femminile inglese, aveva inserito degli appunti all’interno della manica sinistra. Una serie di riferimenti dettagliati sui rigoristi della Spagna nella finale degli Europei, costruiti su report di scouting e analisi statistiche. La collega spagnola Cata Coll aveva invece preferito incollare alla borraccia i dettagli sui possibili rigoristi dell’Inghilterra. Hampton ha spiegato dopo la partita che però le lanciato in tribuna la bottiglia, per non dare un vataggio alla sua avversaria.

Jordan Pickford è stato visto durante la vittoria ai rigori dell’Inghilterra contro la Svizzera nei quarti di finale di Euro 2024 con un foglietto che riportava i nomi dei rigoristi svizzeri, la direzione in cui tuffarsi e, a volte, un breve suggerimento come “resta” o “ritarda”, riferito al tempo in cui tuffarsi, o meno.  Il concetto dietro “ritarda” è semplice: contro chi esita o guarda il portiere, mantenere la posizione obbliga il tiratore a decidere senza ricevere l’indizio visivo che cerca. Rimanendo fermo fino all’ultimo, il portiere può coprire entrambi i lati e, a volte, far dubitare il tiratore, aumentando le possibilità di errore. Pickford ha parato un rigore cruciale di Manuel Akanji seguendo esattamente le indicazioni del suo foglietto. È bastato per vincere e portare l’Inghilterra a una seconda finale europea consecutiva.

Quando l’Everton ha affrontato il Manchester City in Premier League più tardi nello stesso anno, gli appunti di Pickford si erano evoluti in un vero e proprio database. Accanto a ogni nome c’erano percentuali che mostravano dove quel giocatore aveva calciato in precedenza, con un semplice codice colore: il verde indicava la direzione più probabile. Accanto al nome di Erling Haaland c’era un’illustrazione che mostrava come il norvegese calciasse a destra il 55% delle volte. Ancora una volta, il foglietto di Pickford si è rivelato corretto e il portiere è andato a destra parando il rigore di Haaland, salvando un punto prezioso per l’Everton nella lotta salvezza.

Anche se i due foglietti di Pickford erano diversi nello stile, condividevano una caratteristica: erano semplici e chiari, ridotti all’essenziale. E il valore di quella semplicità non va sottovalutato. Nei rigori, dove il tempo per decidere si riduce a una frazione di secondo, più chiare sono le istruzioni, più facile è eseguirle. La preparazione sui rigori è cresciuta costantemente negli ultimi vent’anni.

Forse il precursore di tutti gli altri colleghi è stato Jens Lehmann. Il portiere tedesco con il suo piccolo foglietto infilato nel calzettone durante i quarti del Mondiale 2006 contro l’Argentina, è spesso citato come il punto di partenza dell’analisi moderna. Conteneva appunti scritti a mano sui rigoristi argentini e veniva consultato prima di ogni tiro. Ancora una volta, le informazioni erano semplici, ma il gesto era calcolato, in un mix di preparazione e intimidazione. Lehmann ha respinto due dei quattro rigori argentini, portando la Germania in semifinale.

C’è anche un aspetto psicologico da non sottovalutare. Il gesto manda un messaggio al tiratore, dicendogli “So già dove tirerai.” Questo può bastare per metterlo in difficoltà, a farlo esitare, cambiare rincorsa o sbagliare. Cosa includere in questi appunti dipende da ogni portiere. Alcuni vogliono più dati possibile, altri solo un indizio. È una questione di equilibrio tra informazione e semplicità.

Ci sono poi anche i segnali del tiratore, i famosi “tell” da prendere in considerazione. Alcuni aspetti come il piede d’appoggio, l’allineamento delle anche, le spalle, il ritmo della corsa, possono diventare informazioni essenziali per costruire un profilo del calciante.  L’evoluzione di questi appunti riflette la rivoluzione dei dati nel calcio. Ciò che prima era istinto e memoria è oggi un mix di analisi video, profilazione statistica e studio del comportamento. I club di alto livello tracciano ogni penalty calciato da un avversario, costruendo un database con lati preferiti, altezze di tiro e modelli di esecuzione. Per il portiere, la sfida è bilanciare queste informazioni con la realtà del momento.

Sarà interessante capire come conservare questa mole di indicazioni. È difficile, infatti, che si ricordino tutte, ma come visto anche nella semifinale degli europei femminili, una borraccia non basta a contenerle, anche perché può essere allontanata facilmente. Delle versioni 2.0 potrebbero essere un bracciale nel guanto o dei simboli a colori stampati sulle dita dei guanti per indicare il lato preferito, sempre che il regolamento lo consenta. Ma resta comunque la difficoltà di proteggere le informazioni, come in battaglia. Perché in questo calcio sempre sviscerato in tutte le sue componenti anche quello che sembra un micro dettaglio può fare la differenza.

 

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