Oneri e onori di essere una polisportiva. E al contempo il Barcellona: calcio, basket, pallamano, calcio a cinque e hockey su pista. Tutte squadre professionistiche. Una sola però – quella allenata da Hansi Flick – genera e assorbe più denaro della somma di tutte le altre. E con il club blaugrana alle prese con le direttive del fair play finanziario, dopo un’annosa serie di investimenti spregiudicati e ingaggi pesantissimi – a partire dal nuovo contratto di Lamine Yamal –, tocca stringere la cinghia. Ben oltre il calcio maschile, anche se le regole di uno sport vanno a influenzare tutti gli altri.
La Liga spagnola prevede infatti una quota fissa per gli stipendi dei membri non tesserabili, cioè di chi non fa parte della prima squadra (più allenatore e vice). Nel caso del Barcellona, significa tutti coloro che sono al di fuori dello spogliatoio di Lewandoski e soci. E che sono pagati dal club blaugrana, non importa in quale disciplina. Ecco allora la trappola della polisportiva: quest’anno la Liga, causa fair play finanziario, ha stabilito per il Barça un tetto salariale di questo tipo da 95 milioni di euro. 56 di questi saranno distribuiti fra le altre sezioni professionistiche, il resto è destinato ai dilettanti e a quell’enorme sottomondo di vivai che fa capo alla Masia. “Sono le regole della Liga, ma non sono giuste nei confronti delle squadre con l’unicità e la vocazione polisportiva del Barça”, alzano la voce i rappresentanti della pallamano. “L’ideale sarebbe che ciascuna squadra avesse le proprie regole”.
Per ora non è così. Mentre il calcio maschile resta too big to fail. Ne consegue che saranno tutte le altre a doversi sacrificare. E paradossalmente, ne risentiranno di più le realtà di grandi dimensioni: il calcio femminile e il basket, due crescenti fiori all’occhiello dello sport catalano. Allo stesso tempo però, grandi traguardi – Women’s Champions League, Eurolega – comportano anche spese maggiori. Ed è su questo che il club di Joan Laporta andrà a tagliare: per questo 2025/26 la pallacanestro dovrà fare i conti con un monte ingaggi decurtato di tre milioni di euro (cifre importanti per il parquet); Putellas e compagne invece assisteranno alla fine dell’ascesa. Perché per la prima volta dopo anni di grandi spese anche per le calciatrici, la nuova direttiva societaria è “pescare bene dal vivaio per non sacrificare le star”. A qualunque latitudine del Barça. Cioè diventare formiche, dopo una vita da cicale. Chissà se tra Camp Nou e dintorni ci riusciranno davvero.