La definizione dell’affare Nkunku, che il Milan sta prendendo dal Chelsea per 37 milioni più cinque di bonus, contribuisce a risolvere un interrogativo sorto nella testa della maggior parte dei tifosi: quello sulle ambizioni stagionali della squadra rossonera. Era un problema di nomi, più che di tempi: è normale che le aspettative di una squadra come il Milan vengano definite alla luce degli ultimi giorni di mercato, a maggior ragione dopo la sconfitta in casa contro la neopromossa Cremonese alla prima giornata – non tanto per il k.o in sé, quanto per alcuni limiti tecnici e di finalizzazioni emersi nell’esordio a San Siro. Acquistando Nkunku, quindi, il Milan ha mandato un messaggio forte, simile a quello che aveva spedito alle concorrenti il Napoli nell’agosto scorso. Si può costruire una squadra vincente negli ultimi giorni di mercato, ma devono essere acquistati giocatori pronti.
Ecco, Nkunku è un giocatore pronto. Pronto per i ritmi della Serie A, più bassi di quelli della Premier, pronto per aprire gli spazi per gli inserimenti delle mezzali, il vero cuore del sistema offensivo di Allegri, pronto soprattutto per dare qyella qualità dalla trequarti in su che, contro la Cremonese, si è vista quasi solo quando il pallone era tra i piedi di Modric. Insomma, il cambio di strategia del Milan – dopo che Victor Boniface non ha superato le visite mediche – non è casuale, anzi è frutto anche della mancanza di idee e di palleggio emersa nello scorso week-end: intanto cominciamo a colmare quel deficit di pensiero offensivo, devono aver pensato i dirigenti rossoneri, poi penseremo ad occupare l’area di rigore. Una visione confermata anche dal fatto che ora i rossoneri vorrebbero provare a prendere Dovbyk dalla Roma, magari inserendolo in uno scambio con Giménez.
Un altro aspetto importante della questione è che Nkunku, bisogna dirlo, è un nome diverso rispetto a quelli di Boniface e Harder. Del primo preoccupavano, a ragion veduta, le condizioni fisiche dopo i diversi infortuni al ginocchio subiti; del secondo si temevano i numeri, i soli cinque gol in poco meno di 800 minuti in Liga Portugal non davano garanzie sul fatto che il danese potesse diventare il centravanti titolare del Milan, nonostante abbia appena vent’anni. In Inghilterra Nkunku ha collezionato 62 presenze in due stagioni, con 18 gol e cinque assist; e se guardiamo all’ultima stagione, in totale siamo a 48 apparizioni, 15 reti e cinque assist. Con la maglia del Lipsia, invece, 173 presenze, 70 gol e 56 assist dal 2019 al 2023. Insomma, cifre decisamente diverse. Anche dal punto di vista mediatico e di impatto sulla percezione del tifoso, quindi, l’operazione Nkunku ha un peso decisamente superiore. In un momento di apprensione per il futuro immediato, l’arrivo del francese può rappresentare un boost.
Lato campo, infine, l’aver trovato un attaccante mobile, in grado di occupare tutto diverse posizioni nel reparto offensivo e di adattarsi a giocare insieme a una prima o una seconda punta, rappresenta una soluzione in più. Se è pur vero che negli ultimi tempi questi genere di giocatori non sono andati benissimo al Milan, João Félix è solo l’ultimo esempio, è altresì scontato che a Milano non era mai arrivato nessuno che avesse lo status di Nkunku. L’ex Chelsea, poi, a 28 anni ha ancora il tempo per trasformarsi da promessa inespressa a uomo franchigia di un grande club europeo. E per quanto le sue annate in Inghilterra non siano stati memorabili non è neanche circondato dall’aura negativa che ha colpito altri colleghi, Vlahovic su tutti. Su questa storia del centravanti, quindi, il Milan rischiava di scivolare. Ma almeno sulla carta, sembra abbia fatto una scelta funzionale, sensata, promettente.