L’ultima volta che l’Atlético Madrid ha iniziato così male una stagione, l’allenatore era Abel Resino. Ovvero un ex portiere che ha difeso la porta dell’Atleti per una decina di stagioni a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, diventandone poi allenatore per poche settimane. Era il settembre 2009 e un Atletico reduce da un quarto posto in Liga iniziava il campionato con sei punti in sette partite, più un pareggio nel gruppo D della Champions League. Un disastro che costò il posto a Resino – persosi poi tra Real Valladolid, Granada e Celta Vigo – e diede inizio dell’era di Quique Sánchez Flores. Quella stagione iniziata malissimo finì paradossalmente in gloria: al nono posto in Liga si affiancò l’uscita da terza classificata nel girone di Champions League, con conseguente retrocessione ai sedicesimi di Europa League. Una competizione che la nuova guida tecnica scelse come obiettivo primario e che Diego Forlán mise nella bacheca dei Colchoneros, grazie a una doppietta segnata in finale contro il Fulham di Roy Hodgson.
Sedici anni e diverse rivoluzioni più tardi l’Atlético di Diego Simeone è inciampato di nuovo in un inizio stagione al rallentatore, il tutto nonostante la pesante ricostruzione estiva voluta dal Cholo: al momento, i Colchoneros hanno messo insieme due punti in tre partite. Premesse e aspettative diverse dividono però questo Atletico Madrid da quello di Abel Resino: in 15 anni Simeone ha cambiato l’identità e lo status del club madrileno, ovvero ne ha fatto una big di livello mondiale che comunque è uno specchio riflesso del suo calcio, del suo pensiero, della sua filosofia. Le due vittorie in Liga, le due vittorie in Europa League e le due finali di Champions League hanno dato sostanza a un progetto a lunghissimo termine, trasformando per la prima volta l’Atleti in un club in grado di mettere i bastoni tra le ruote a Real e Barça, ogni anno.
E allora iniziare la stagione della ricostruzione con risultati simili è quantomeno strano, soprattutto se si guarda ai motivi per cui le gare contro Espanyol, Elche e Alaves sono andate così male. Innanzitutto ci sono i quasi 160 milioni di euro investiti nel mercato che hanno portato a Madrid otto giocatori nuovi – l’ultimo dei quali è Nico Gonzales dalla Juventus – che hanno bisogno di tempo per adattarsi al gioco di Simeone. Con i nuovi acquisti il tecnico ha voluto rinforzare una squadra che negli ultimi mesi ha perso elementi capaci di cambiare le partite dalla panchina come Ángel Correa, trasferitosi al Tigre in Messico, e Samuel Lino, oggi al Flamengo, o titolari come Rodrigo De Paul, che ha scelto l’Inter Miami per preparare il mondiale al fianco di Leo Messi. Dal mercato sono arrivati i fantasisti Alex Baena dal Villarreal e Thiago Almada dal Botafogo, il centrocampista Johnny Cardoso dal Real Betis, oltre a Giacomo Raspadori dal Napoli. Circa 100 milioni spesi per avere nuove soluzioni offensive e supportare la stella di Julián Álvarez, e per rinfrescare il centrocampo. Poi ci sono stati gli investimenti in difesa, con l’arrivo del centrale David Hancko dal Feyenoord, di Matteo Ruggeri dall’Atalanta e di Marc Pubill dall’Almería per le fasce. Una trasformazione profonda che Simeone ha assecondato facendo giocare cinque nuovi acquisti da titolari già alla prima in trasferta con l’Espanyol. Risultato? Vittoria per 2-1 dei padroni di casa con rimonta subita dall’Atlético, che era passato in vantaggio nel primo tempo grazie al solito Julian Alvarez. Le altre due gare non sono andate molto diversamente: contro Elche e Alavés, Sorloth e Giuliano Simeone hanno portato in vantaggio i Colchoneros, ma in entrambi i casi la squadra di Simeone non è riuscita a mantenere la rete inviolata e ha subito i gol del pareggio.
Tutto questo sembra incredibile, visto che parliamo dell’Atlético: da quando c’è Simeone in panchina, prendere gol è sempre stata considerata una macchia insanabile nell’economia di una partita, o almeno così è stato fino a oggi. Passare in vantaggio e poi perdere i tre punti perché gli avversari riescono a superare le barricate difensive è qualcosa di mai visto, ed è qui che le critiche a Simeone hanno iniziato a emergere. Da più parti in Spagna si sussurra che il tecnico argentino abbia perso il tocco da un po’ di tempo, che il suo calcio sia stantio e che ci sarebbe bisogno di un cambiamento per restituire fame al gruppo e ai tifosi. Se a tutto questo aggiungiamo poi l’infortunio di Alex Baena alla prima partita e i tre pali colpiti da Álvarez, Simeone e Griezmann il quadro che ne esce è abbastanza desolante.
A tre gare dall’inizio della Liga l’Atletico si trova già a sette punti dalla vetta della classifica, occupata dal Real Madrid. Certo, Simeone e i suoi giocatori avranno la possibilità ridurre il distacco: al rientro dalla sosta, tre partite porteranno già al derby di Madrid, in programma l’ultimo week end di settembre. In Spagna le analisi intorno alla situazione in cui versa l’Atletico sono impietose: l’ambientamento al calcio di Simeone non è facile né tantomeno immediato, il tocco del Cholo sembra scomparso e la mancanza di un vero centravanti ha pesato in match bloccati come quelli giocati fino ad adesso. Quali sono le possibili soluzioni? Al momento è difficile immaginarsene qualcuna che non passi per i piedi e le invenzioni di Julian Alvarez o per il ritrovamento dell’efficacia difensiva. Insomma: all’Atlético è cambiata ogni cosa, eppure tutto continua a rimanere uguale.