Simone Barlaam è un’eccellenza che va decisamente oltre lo sport

Il nuotatore paralimpico è tra i candidati per Aura Sport & Cultura Award.
di Redazione Undici 21 Settembre 2025 alle 02:12

Fare di necessità virtù. Non ci potrebbe essere formula più calzante per descrivere la straordinaria esperienza di vita di Simone Barlaam: nato con una coxa vara e un’ipoplasia congenita del femore destro, costretto a una dozzina di interventi chirurgici soltanto nell’infanzia, l’osteomielite, infine la protesi all’arto. In piscina ci è finito per prescrizione medica, come unica forma di riabilitazione possibile senza mettere a repentaglio la fragilità ossea. E dalla piscina, il giovane Simone, non ha più voluto a uscire. Fino a trarre forza dalla debolezza, passione dal dramma, risorse dagli ostacoli. “Crescere con una disabilità non significa avere meno”, dice lui. L’ha dimostrato una vasca alla volta: vincendo tutto quello che si poteva vincere in ambito paralimpico con precocità assoluta. Ha soltanto 22 anni eppure sfoggia già 19 ori mondiali, 12 europei e 8 medaglie ai Giochi – di cui quattro del colore più bello. “Il nostro è uno sport che permette di annullare ogni barriera. L’acqua azzera le diversità”. Simone ci ha fatto vedere come.

Appena maggiorenne, tornò a casa da Tokyo da campione paralimpico nei 50 metri stile libero (categoria S9, quella destinata agli atleti con disabilità fisiche minori). Tre anni dopo, a Parigi 2024, si è rivelato già re: bis nei 50 sl, a cui si aggiungono i 100 metri farfalla e la staffetta 4×100 mista. Una tripletta da antologia. E soltanto Barlaam poteva realizzarla. “Ho imparato a stare a galla prima di camminare”, racconta a Vanity Fair. “Se nasci e cresci con una disabilità, devi capire piuttosto la normalità della maggior parte delle persone che ti circondano. Alle elementari vedi i bambini che sono diversi da te, perché possono correre, rincorrono il pallone, mentre te magari hai il gesso e questi giochi non puoi farli. Loro non hanno certe preoccupazioni, di trascorrere periodi in ospedale o anche banalmente mettersi la protesi quando si cambiano”.

Da questa precoce consapevolezza – anche grazie all’incessante affetto della famiglia, alle cure dello staff medico e ai preziosi incontri a bordo vasca – Simone ha costruito la sua identità. “Se mi sono mai chiesto “perché proprio a me?” Fortunatamente ho avuto un sacco di soddisfazioni. Anzi, sotto certi punti di vista mi viene da dire “meno male a me”: se avessi una sfera di cristallo, sarei curioso di vedere cosa sarebbe successo altrimenti. Ma non cambierei nulla, per nessun motivo: le esperienze mi hanno reso la persona che sono oggi e ne sono orgoglioso”. È un concetto di eccezionale potenza: non arrendersi al destino, nemmeno maledirlo, ma semmai farne un impasto e tramutarlo in una rampa di lancio per qualcosa di nuovo. Qualcosa che fuoriesce dalla combinazione di quell’inizio in salita, sin dalla venuta al mondo, con una vitalità interiore altrimenti quiescente. Certo, non tutti hanno le caratteristiche fisiche e mentali di questo ragazzo milanese. Ma i modelli sportivi e sociali funzionano proprio per aiutare gli altri a emergere a loro volta.

Quando Barlaam veniva insignito dell’Ambrogino d’oro, già nel 2019, veniva descritto come “un atleta eccezionale, che non si è arreso alle difficoltà e sta scrivendo pagine bellissime per lo sport nazionale. Ma anche uno studente impegnato e ambizioso. Un orgoglio per Milano e per il Paese, un vero esempio per le giovani generazioni”. Oltre il nuoto in questi anni ha viaggiato, ha vissuto in Australia, ha raccolto un ricco bagaglio di passioni lungo il percorso. Dal basket – è anche testimonial di EA7 Emporio Armani –, ai fumetti passando per il disegno, sin dai trascorsi in ospedale. A sua volta si sente ispirato dai grandi protagonisti dello sport: Alex Zanardi, Federica Pellegrini, Roberto Baggio. E all’interno di questo percorso di enorme impatto collettivo, Simone si carica il suo ruolo sulle spalle. “Ci provo a essere all’altezza: è un orgoglio ma anche una responsabilità grande. Voglio trasmettere i valori positivi che lo sport mi ha donato dal giorno zero. E che mi hanno aiutato e fatto star bene. Con la consapevolezza che oggi c’è anche molta più informazione attorno al nostro movimento. E si crea qualcosa di virtuoso: più atleti, più investimenti, nuovi sponsor, manifestazioni di rilievo. Tanti giovani che crescono”. Che altro gli si può chiedere?


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