Come tutti i progetti che devono ancora prendere forma ma già in buono stato di avanzamento, l’NBA Europe, la nuova lega che la NBA sta cercando di creare nel vecchio continente, guarda allo sport più diffuso da queste parti, il calcio. Diversi club con cui il commissioner Adam Silver ha parlato, per sondare la disponibilità di adesione, come Barcellona o Real Madrid, sono delle polisportive che comprendono sotto un unico grande ombrello varie discipline oltre al calcio, dalla basket alla pallamano. Naturale, quindi, che ci siano delle influenze e delle contaminazioni a livello di management dirigenziale.
Come analizzato da The Athletic, però, l’idea della National Basketball Association si spinge un po’ più in là. L’NBA intenderebbe sfruttare a suo vantaggio il calcio. Intervenendo a un summit di Front Office Sports a New York, Silver ha definito «ambiziosa» un’eventuale partenza nel 2027, aggiungendo però di non «voler aspettare oltre il 2028. L’opportunità è adesso». In collaborazione con FIBA, l’ente mondiale del basket, l’NBA spera che le squadre il progetto possa essere quanto più diffuso possibile: dalle grandi piazze del basket dell’Europa dell’est fino ai club calcistici inseriti in un modello multi-sport. L’obiettivo è infatti intercettare parte di un mercato dei diritti sportivi stimato in 20 miliardi di dollari. George Aivazoglou, responsabile di NBA Europe, ha spiegato alla testata americana che ci saranno tre tipi di club ammessi alla lega: società di basket già storiche che da anni partecipano all’Eurolega, nuove franchigie create per l’occasione e infine anche i club calcistici che desiderano diventare delle polisportive.
Le big del calcio, infatti, possono contare su una tradizione centenaria, brand globali e competenze importanti, nella gestione delle arene e nell’attrarre tifosi. Manchester United, Inter, Milan, Juventus, Borussia Dortmund, Chelsea e Liverpool, solo per fare qualche esempio, conoscono già come funziona un business sportivo in cui girano miliardi di euro e allora perché non coinvolgerli, pensano negli Stati Uniti, in un piano che possa accrescere anche i loro ricavi. Si è parlato di un interessamento di Qatar Sports Investments, proprietaria del Paris Saint-Germain, nella fondazione di una nuova squadra di basket a Parigi.
Città come Londra, Manchester, Berlino e Milano sono considerate strategiche dal punto di vista commerciale. In particolare, il Regno Unito, patria della Premier League, rappresenta un mercato poco sfruttato: pur essendo il secondo sport di squadra più praticato, nessun club britannico gioca in Eurolega dal 2002. Uno dei limiti del basket europeo attuale, ricorda Aivazoglou, è l’assenza di meccanismi chiari di qualificazione alle coppe principali. L’Eurolega, pur avendo ampliato a 20 squadre, resta una competizione semi-chiusa con licenze pluriennali. L’NBA invece punta a un sistema più trasparente, ispirato al calcio europeo con promozioni e retrocessioni. La nuova lega non vuole snaturare lo stile di gioco europeo, caratterizzato da passione e collettività, ma punta ad attrarre anche nuove generazioni con modalità innovative di fruizione come la trasmissioni personalizzate in più lingue, i canali dedicati alle scommesse, agli appassionati di sneaker o a versioni gaming con avatar dei giocatori. La lega statunitense ha stimato che, pur essendo il secondo sport di squadra in Europa con 270 milioni di fan, il basket intercetti meno dell’1% del mercato mediatico sportivo continentale.
Il grande ostacolo resta l’Eurolega, con cui sono cominciate le prime schermaglie. Il CEO Paulius Motiejūnas ha dichiarato che non serve una nuova lega, ma si è detto aperto a una partnership con l’NBA che comunque, va ricordato, entrerebbe nel mercato con una forza economica insostenibile per chiunque. Da anni, infatti, nessun club che disputa l’Eurolega è in regola con i conti, ragion per cui le squadre guardano con il sorriso a un investitore così ricco che viene da fuori. Silver e Aivazoglou, dal canto loro, vedono l’opportunità di innalzare il livello competitivo del basket europeo quasi al pari del calcio, creando un prodotto innovativo, capace di generare valore e ridistribuirlo all’interno dell’ecosistema cestistico europeo. Un progetto, insomma, in cui vincerebbero tutti: l’NBA che esplora un mondo nuovo con dei solidi modelli di business come riferimento e i club calcistici che vedrebbero aumentare il valore del loro marchio. L’unica a rimetterci sarebbe l’Eurolega che rischia di soccombere, ma probabilmente lotterà fino all’ultimo.