Con le scorie della sconfitta di San Siro ancora addosso, un Napoli apparso per la prima ora di gioco troppo prevedibile per essere vero, ad animare i cattivi pensieri di parte dell’ambiente napoletano si era palesato un dubbio subdolo: e se Kevin De Bruyne avesse bisogno di più tempo? Ma nel calcio i giudizi, anche i più velenosi, vengono spazzati via da un calendario compresso come il tonno in scatola: c’è sempre un’occasione per riscattarsi e quale palcoscenico migliore di quello europeo per rivedere il belga col vestito di gala, ispirato, libero di far fluire il suo talento innato e indiscutibile? Contro lo Sporting, KDB ha sicuramente messo a tacere i critici, potendo sguazzare in un contesto decisamente più adatto a quelle che sono le sue caratteristiche attuali, inevitabilmente diverse rispetto a quelle del De Bruyne di dieci anni fa. Il talento ha bisogno di tempo, diceva qualcuno, e verrebbe da dire che ha anche bisogno di spazio: e se in Italia praticamente tutte le squadre sono allenate a negarlo, quello spazio vitale, in Europa può invece capitare di trovarne a iosa. Come accaduto contro lo Sporting, che ha lasciato metri di campo a un assassino del campo aperto come Hojlund e ha consentito a KDB al belga di inventare, quindi di essere incontenibile. Perché il pensiero è come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare.
Rimane, neanche troppo sullo sfondo, un fantasma, la spina di un dubbio che si sta comunque insinuando dopo questo primissimo spezzone di stagione: Antonio Conte ha già trovato la formula migliore per far convivere l’ex Man City e Scott McTominay? Oppure c’è ancora margine di manovra? Il mercato ha consegnato al tecnico una rosa con tante possibili variazioni sullo spartito principale, ma da alcuni punti fermi non sembra possibile schiodarsi: la presenza necessaria di Zambo Anguissa, centrocampista unico per caratteristiche all’interno dell’organico azzurro, e quella di Matteo Politano, l’equilibratore di fascia, magari meno pungente in zona gol eppure irrinunciabile per la sua capacità di cucire, faticare, sudare calcio.
E se l’inizio di stagione è fatto anche e soprattutto per trovare un assetto coerente da mantenere nel corso del cammino, nessuno come Conte ha dimostrato di essere capace di derogare a parte delle sue idee: lo fece alla Juventus, passando dall’allora fidato 4-4-2 che sapeva di 4-2-4 al 3-5-2 che ne avrebbe poi segnato non solo l’esperienza bianconera ma l’intera carriera; al Chelsea, varando un assetto con il doppio giocatore alle spalle di un’unica punta che gli consentì di dominare la Premier League al primo colpo; persino all’Inter, quando a cambiare non fu il sistema di gioco ma il baricentro della squadra nella sua seconda stagione, rinunciando all’idea di proporre una formazione garibaldina per optare per una versione più prudente e, in maniera inesorabile, anche vincente. E lo ha fatto a Napoli, teatro del suo ultimo capolavoro, una stagione iniziata in un modo e finita in un altro, passando da Kvaratskhelia a Neres e poi a nessuno dei due, complici gli infortuni e gli imprevisti che possono accumularsi anche nella stagione più trionfale. Ci ha già fatto vedere tanto, Conte, capace di rinnovarsi come pochi altri allenatori pur rimanendo fedele a un’idea di calcio granitico, fisico, improntato soprattutto su una grande fase difensiva.
E allora: come incastrare De Bruyne e McTominay in questo puzzle senza mettere fuori posto uno dei due? È la domanda attorno alla quale rischia di ruotare l’intera stagione azzurra, a meno di non volerla risolvere con una banale alternanza – un’ipotesi che finirebbe però per privare il Napoli, volta per volta, di uno dei due giocatori più in vista. Va altresì ricordato che, nell’epoca del turnover, una panchina di tanto in tanto non ha mai ammazzato nessuno. Quando lo spazio non c’è, quando non si trova per via del traffico generato dalla fase difensiva delle squadre italiane, è necessario crearlo. E in rosa ci sono due giocatori che amano l’uno contro uno come Neres e Lang: se la partita lo richiede, diventa difficile rinunciare alla prospettiva di schierare almeno un profilo di questo tipo.
Il problema, più che pratico, rischia di essere di visione generale. Grazie ai tanti acquisti estivi, il Napoli si può permettere di uscire dalla trappola della formazione tipo, dei totem da schierare a ogni costo, qualunque sia l’avversario. L’infortunio di Lukaku ha inoltre tolto a Conte un altro insostituibile, e allora si potrebbe pensare a una squadra con Lucca a sgomitare, quando le difese si ammassano, e una con Hojlund, se gli spazi diventano golosi da attaccare; a una con McTominay, pronto a farsi centravanti occulto alla bisogna, e un’altra con De Bruyne, il belga a ricamare per il danese e gli altri. Le combinazioni sono potenzialmente infinite e non è detto che Conte non inizi a breve a testare anche la prospettiva di una mediana senza Anguissa, con McTominay e il belga mezze ali, preparandosi non solo psicologicamente alle settimane in cui l’ex Fulham non sarà a disposizione causa Coppa d’Africa –appurato che Lobotka davanti alla difesa sia l’altro giocatore cardine per la manovra.
Conte, come ha dimostrato lo scorso anno tornando all’improvviso al 3-5-2 e trovando i gol di Raspadori nel momento in cui le alternative scarseggiavano, gol che si sono poi rivelati vitali per il raggiungimento del quarto scudetto, ha in faretra risorse e soluzioni per ogni scenario. Starà a lui mescolare gli ingredienti per dar vita a ricette sempre diverse, e chissà che una di queste, una volta sistemati gli acciacchi dei centrali difensivi che hanno complicato questo avvio di stagione, non sia proprio il ritorno alla difesa a tre, per generare una sorta di quadrilatero nel cuore del campo con De Bruyne a ridosso di una sola punta e i tre centrocampisti titolari alle sue spalle. Nel frattempo, se dopo il rovescio di San Siro a finire nel mirino della critica era stato il fuoriclasse belga, adesso il faro sembra puntato su McTominay, che sta paradossalmente pagando lo strapotere messo in mostra nella scorsa stagione: chi dallo scozzese si aspettava lo stesso impatto si sente tradito e si pone domande che forse non hanno nemmeno senso di esistere.
Ad aiutare il Napoli e lo stesso McTominay potrebbe intanto essere l’inserimento in pianta stabile di Miguel Gutiérrez a sinistra, più abituato di Spinazzola a esplorare la corsia mancina fino in fondo, mentre l’ex Atalanta e Roma – che in una vita ormai lontana nasceva centrocampista – ama venire dentro il campo ad aggiungersi a un fraseggio già particolarmente ingolfato di suo. Niente isterismi dunque, quanto piuttosto una sana curiosità per il lavoro di Conte, abituato a giocare sui dettagli per far sì che il quadro sia perfetto: nonostante un paio di sbuffate sceniche in sala stampa, il materiale per mostrare un Napoli cangiante w vincente c’è tutto. E i campioni presenti in rosa non possono certo diventare un problema.