Secondo Gianni Infantino, la missione del calcio e della FIFA “è sostenere, unire e dare speranza. A Gaza e in Palestina aiuteremo a ricostruire tutte le infrastrutture sportive. Insieme alla Federcalcio palestinese, riporteremo il calcio in ogni regione del paese”. Il presidente della federazione di Zurigo l’ha detto a margine del vertice di pace a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dove i principali leader occidentali e dei Paesi arabi si sono riuniti per la risoluzione del conflitto in Medio oriente. Tra i convitati d’onore, su invito di Donald Trump, c’era anche Infantino: un segnale ancora più evidente di come i vertici del pallone rappresentino sempre di più un’entità politica a sé stante.
La presenza della FIFA in un contesto tanto delicato va intesa, in base alle dichiarazioni ufficiali, come un elemento distensivo per rappresentare la solidarietà e la fratellanza fra popoli che il calcio è in grado di favorire. In questo contesto hanno senz’altro influito gli ottimi rapporti tra Infantino e la maggior parte degli statisti presenti al summit: dai rappresentanti del Qatar – che ha ospitato i Mondiali del 2022 – a quelli dell’Arabia Saudita – sede designata per il 2034 –, passando naturalmente per gli Stati Uniti di Trump. Tra il Mondiale per Club di quest’anno e quello per Nazionali l’anno prossimo, FIFA e Casa Bianca si sono mosse in assoluta sintonia, con numerose attenzioni reciproche – in ultimo l’intercedere di Infantino, stando a quanto ha raccontato il Times, per evitare che il ban UEFA incombesse su Israele.
Oltre il ruolo simbolico, di prestigio, Infantino ha rivendicato la messa a punto di un vero e proprio piano di ripresa sportiva a Gaza e dintorni. “Porteremo palloni, costruiremo campi, invieremo istruttori, aiuteremo a organizzare competizioni, a sostenere i giovani e lanceremo un fondo per ricostruire gli impianti calcistici in Palestina”. Il numero uno della FIFA non ha ulteriormente specificato le modalità dell’iniziativa. Ma ha ribadito che avverà in collaborazione con la Federcalcio palestinese, la quale, lo scorso agosto, faceva presente che almeno 321 dei suoi tesserati – dirigenti, tecnici, giocatori, tra cui “Il Pelè della Palestina” Suleiman al-Obeid – sono stati uccisi durante la guerra nella Striscia. Senza entrare nel merito, in queste ultime settimane Infantino aveva detto anche che “La FIFA non può risolvere i problemi geopolitici”.