Istituzioni contro giocatori. La Federazione Internazionale Tennis ritiene che l’attuale formula della Coppa Davis non solo abbia la sua ragion d’essere, ma goda pure di ampia popolarità fra gli addetti ai lavori. «Ascoltiamo i singoli Paesi e percepiamo grande supporto», ha detto all’agenzia Reuters Ross Hutchins, il CEO della Federazione, sottolineando il successo delle Final 8 a Malaga nelle ultime tre edizioni del torneo, prima di approdare quest’anno a Bologna. «Ci sono più partecipanti che mai, un enorme numero di nazioni e non possiamo prescindere da tutto questo. Abbiamo stretti rapporti con tutti gli organi governativi del tennis. Ne abbiamo anche coi giocatori: la nostra intenzione è di continuare a confrontarci con tutte le parti in causa».
Ed è soprattutto dai tennisti che arrivano le maggiori critiche alla nuova Coppa Davis. A partire dai più grandi: Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, che come noto non parteciperanno alle Final 8, sostengono l’urgenza di fare ritorno al vecchio sistema, quando le sfide, fino al 2019, si disputavano con gare di andata e ritorno. «Purtroppo non ho mai avuto modo di giocare la vera Coppa Davis», ha ribadito Jannik in questi giorni. «Quando si finiva a giocare in trasferta, in Argentina o in Brasile con l’intero stadio non contro di te, ma a fare il tifo per l’altra squadra. Se l’Australia affronta gli Stati Uniti a Bologna, quest’atmosfera di perde completamente». Ed è soprattutto un format difficile da conciliare con il denso calendario delle competizioni, forzando spesso illustri forfait. «Non si può pretendere i migliori giocatori da ogni Paese ogni anno: giocare in queste condizioni è davvero difficile. Una Coppa Davis in versione biennale, diluendo gli appuntamenti in agenda, risolverebbe molti problemi». Parole simili erano arrivate anche da Alexander Zverev.
E anche Andrea Gaudenzi, numero uno dell’ATP, ha fatto eco al messaggio dei campioni. «Adoro la Coppa Davis, è un evento fantastico». Ma? «Dobbiamo fare squadra tutti insieme per riuscire a trasformarla nei Mondiali di tennis: in un mondo ideale la Coppa dovrebbe svolgersi in casa e in trasferta su una finestra di due anni». Un appello che arriva forte e chiaro ai vertici dell’ITF, che tuttavia, pur riconoscendo le istanze degli atleti, vanno dritti per la loro strada. «I forfait dei grandi giocatori si verificano in ogni torneo», ribatte Hutchins. «Non credo che questo abbia smorzato l’entusiasmo attorno alla Coppa: abbiamo vissuto tre annate molte positive a Malaga e non vediamo l’ora di vedere come saranno i prossimi tre a Bologna. Detto ciò, siamo sempre aperti al dialogo. E siamo nella posizione giusta per capire le opinioni di giocatori chiave, tifosi e diverse federazioni, ascoltando i loro punti di vista». Se ne riparlerà nel 2028, forse. Intanto occhi puntati sulla SuperTennis Arena di Bologna Fiere, dove dal 18 al 23 novembre le migliori otto nazionali – fra cui l’Italia – si giocheranno la 113esima edizione della Coppa. O a detta di Sinner e colleghi, la sesta dal suo anno zero.