Quel sorriso così sereno sul volto di Flavio Cobolli, beh, quel sorriso parla da solo. È un segnale delicato ma potente, racconta tutto il sollievo, la sorpresa e la felicità che ha sconquassato il tardo pomeriggio e la serata di Bologna. Sì, due parti di giornata, perché il singolare del secondo turno contro il belga Bergs nella semifinale di Coppa Davis è durato una vita. E di vite ne ha avute due, molto diverse tra loro. Per realizzare «il suo più grande sogno», Cobolli ha dovuto aspettare oltre tre ore, ha dovuto annullare sette match point e sprecarne sei. Merito/colpa di Zizou Bergs, che ha costretto il tennista italiano a vivere una partita piena di tensione mista ad adrenalina, gioia e un’altra grossa secchiata di sentimenti, tutte sensazioni liberate alla fine con quell’urlo alla Hulk, con squarcio di maglietta a corredo. A Bologna, almeno per qualche ora, si sono avvertite le vibrazioni della vecchia Coppa Davis, un torneo epico, durissimo, fatto di partite che in realtà sono duelli corpo a corpo. Anche chi ha visto il match in tv ha provato le stesse sensazioni. Ed è stato bello, ed è stato indimenticabile anche per questo.
Cobolli pensava e ha dato l’impressione di poterla chiudere prima. Almeno guardando al primo set, praticamente dominato grazie a un servizio devastante, all’80% di prime palle. E invece nel secondo parziale sono calate le sue percentuali e soprattutto è salito Bergs, giocatore comunque molto solido, numero 43 del mondo e capace di sconfiggere proprio il tennista romano l’ultima volta che si erano incontrati in Coppa Davis, nella fase a gironi dell’edizione 2024. A differenza di quanto successo un anno fa, Cobolli non si è sciolto nel terzo set dopo essere andato vicino a chiudere i conti nel secondo, ma ha lottato su ogni singolo punto. Fino a un tie-break agonico, da infarto, il sesto più lungo in tutta la storia della competizione.
«Non so cosa dire. So solo che siamo un gruppo di cinque ragazzi che mette tutto quello che ha ogni volta che scende in campo», ha confessato Flavio Cobolli fine match. «Oggi sono riuscito a portare a casa questa vittoria solo grazie a loro. Siamo una squadra molto unita, fatta di giocatori che lottano l’uno per l’altro. Stiamo provando a raggiungere il nostro sogno. Voglio ringraziare il pubblico perché mi ha dato una grande mano. Ho sentito il calore, giocare così è veramente molto più facile. Devo essere sincero: ho rischiato un po’, però questa è un po’ come immaginavo la mia partita ideale. Ho sempre cercato di andare al terzo, giuro però che non l’ho fatto apposta. Ho vissuto il mio più grande sogno».
In queste parole, in quel sorriso enorme e nella t-shirt strappata c’è tutto Flavio Cobolli. Uno che alla Davis tiene da morire, indipendentemente dalla volontà di dimostrare che la squadra ce la può fare anche senza Jannik Sinner. Uno a cui piacciono le partite epiche, infinite, magari con pochi highlights puri ma in cui puoi sentire il peso del silenzio del pubblico quando stai servendo nel tie-break. Uno che si sente vivo quando esaltano i tifosi e quando esulta con i tifosi, specie se sono come gli 11mila indemoniati della Fiera di Bologna, che a ogni pausa gli dedicavano un coro, o per lui o per la sua Roma.
Il tabellino in alcune giornate è solo un dettaglio, ma quello della partita Cobolli-Bergs fa impressione lo stesso: 6-3 6-7(5) 7-6(15). Una faticata non solo per lui ma anche per chi era a bordocampo o in tribuna. In quei numeri si ritrova l’ansia manifestata da Berrettini, che conosce Cobolli fin da bambino e che nel primo pomeriggio aveva liquidato in due set Collignon. Si scorgono le lacrime del fratello più piccolo Guglielmo, che per tutto l’anno vive insieme a Flavio in giro per il mondo e che sul match-point è stato consolato proprio da lui, da suo fratello maggiore. E soprattutto si notano le preghiere di Edoardo Bove, uno dei migliori amici di Cobolli. Il suo sguardo fisso al campo, con le mani quasi giunte ad appellarsi al fato. Mani che sono scivolate spesso sui capelli nel tie-break, quando la partita sembrava girare male. Alla fine ha sorriso anche lui come l’amico con la racchetta. «Ci tenevo a dedicare questa vittoria a mia mamma, che non è solita venire a questi appuntamenti. A mio fratello e a un mio grande amico (Edoardo Bove, appunto, ndr) che spero possa tornare presto a giocare a calcio. Forza Italia!» ha detto Cobolli congedandosi dalla SuperTennis Arena.
Quello contro Bergs non poteva essere, non doveva essere e non è stato un match facile, per Flavio. Tutta la pressione era caricata sulle sue spalle, dall’alto delle 21 posizioni di differenza nella classifica mondiale. Poi c’era da gestire il ricordo del 6-0 subito al terzo set l’anno scorso. Nell’ultimo parziale, contro un Bergs esaltato dall’idea della rimonta, Cobolli ha messo insieme tre prime per annullare altrettante palle break sull’1-1. Ha sofferto nei successivi turni di battuta, cercando spesso l’appoggio del pubblico. Non ha mai mollato, Flavio, nemmeno quando ha dovuto affrontare, sul 4-4 e sul 5-5, altre due palle break ancor più pesanti, perché avrebbero portato il belga a servire per il match. Nel tie-break, una matrioska nella partita stessa, Cobolli l’ha spuntata al settimo tentativo, al settimo match point, affidandosi alla sua cara vecchia prima di servizio. Non c’era modo migliore, almeno secondo lui, per schiudere all’Italia la terza finale di Davis consecutiva.