Lucas Pinheiro Braathen è una ventata d’aria fresca per il mondo degli sport invernali

ALL EYES ON I protagonisti dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali di Milano Cortina 2026 – Lo sciatore della Nazionale brasiliana non è soltanto molto forte, ma ha anche una grande passione per la moda. E infatti Moncler ha puntato fortissimo su di lui.
di Giuliana Matarrese 01 Dicembre 2025 alle 12:23

Quando arriverà sulle piste dei prossimi Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina 2026, a febbraio, di Lucas Pinheiro Braathen osserveremo attentamente sia le performance atletiche che il guardaroba. E questo non perché le prime siano carenti rispetto al secondo (d’altronde nel 2023 ha vinto la Coppa del Mondo di Slalom Speciale, tra le più tecniche nelle discipline di sci alpino) quanto perché la sua passione per la moda, e per tutto quello che gli gira intorno, sembra per lui importante almeno quanto lo sport. Tra i favoriti per le prossime Olimpiadi Invernali – dove arriverà vestito di Moncler, brand del quale è ambassador già dallo scorso anno – l’atleta nato nel 2000 gode di doppia nazionalità, in quanto figlio di padre norvegese e madre brasiliana. E fino al 2023 ha infatti gareggiato per la Norvegia. All’annuncio del suo ritiro è seguito un anno dopo il suo ritorno, però con la bandiera brasiliana sul petto. La motivazione del suo cambio di squadra sembra legata proprio alla mancata libertà di cui godeva nel poter intraprendere partnership commerciali con i brand. La Federazione sportiva norvegese ha, come tutte le Federazioni, accordi abbastanza stringenti rispetto agli sponsor tecnici – compresi quelli legati all’abbigliamento – e di conseguenza la possibilità che Pinheiro Braathen potesse impegnarsi in partnership con sponsor esterni al mondo dello sport era assai limitata.

Oggi, che gareggia per il Brasile, la libertà di cui gode sembra essere maggiore, anche in virtù della sua unicità atletica: certo, il Brasile è nazione che eccelle in diversi sport, il calcio su tutti, ma non ha mai ancora vinto nessuna medaglia nello sci alle Olimpiadi Invernali. Investire su Pinheiro, concedendogli uno spazio di manovra più ampio nella gestione delle partnership può essere visto come un “male minore” rispetto all’eventualità di un podio. Una teoria che è stato lui stesso a confermare in un’intervista di quest’anno con Esquire US, a cui ha detto «rappresentare il Brasile mi permette di tornare allo sport ai miei termini: chi sono, la mia personalità, come scelgo di vestirmi. Le persone avranno ancora le loro idee, e a me sta bene, ma nessuno può penalizzarmi per questo».

La realtà è che la passione per l’abbigliamento e l’espressione stilistica c’è sempre stata, come ha raccontato alla Gazzetta lo scorso anno, quando ha parlato di un’infanzia divisa tra due continenti e modi di intendere il guardaroba: «Provavo a vestirmi come gli altri per compiacerli, sentirmi uno di loro. Ero arrivato a perdere me stesso, non sentivo di avere alcuna identità. Ho sempre ammirato gli atleti come Dennis Rodman, quelli più forti dei giudizi degli altri. E ho sempre avuto bisogno di osare, di esprimermi anche attraverso la moda, ma mi ci sono voluti 18 anni prima di dire: “Sai che c’è? Sarò Lucas e basta!”».

La passione per le basse temperature e per lo sci è arrivata invece dopo: Pinheiro ha raccontato spesso che i suoi piedi «erano fatti per la sabbia e non per rigidissimi scarponi». Cresciuto con la passione per il calcio (e con il mito di Ronaldinho) ha poi scoperto le piste grazie al padre, all’età di nove anni. Una mescolanza genetica ma pure di approccio allo sport – all’arrivo di una gara, si esibisce spesso in qualche passo di samba – che lo ha portato sin da subito ad un certo straniamento, che ha ribadito ai microfoni del podcast in portoghese di Olympics.com, a cui ha raccontato che un altro suo idolo calcistico, Ronaldo, si è messo a ridere quando gli ha detto di essere uno sciatore brasiliano, evidentemente incredulo di fronte alla possibilità che un atleta carioca potesse gareggiare sulla neve. Portare quindi uno sport nuovo in Brasile, aprire idealmente il paese a nuovi orizzonti, pare essere divenuto il suo obiettivo, anche perché, come ha raccontato ad Esquire, alcuni giornalisti hanno iniziato a dire che «la mia discesa sembrava più una samba che una gara di sci. Da piccolo sognavo di giocare a calcio e odiavo lo sci, ma alla fine sono diventato uno sciatore, portandomi comunque dentro lo spirito del samba alla Ronaldinho. Per me, sciare è come una danza con la natura, un’esperienza di puro divertimento».

Cascata di capelli biondi e dna che è stato con lui particolarmente generoso, Pinheiro è ovviamente entrato nell’orbita dei brand di moda, soprattutto di quelli appassionati delle nevi. È il caso di Moncler Grenoble, di cui Pinheiro Braathen è divenuto ambassador lo scorso anno: una partnership che il brand ha definito «ideale» per via della «personalità inconfondibile dell’atleta, nota per il suo stile distintivo sia fuori che in pista». E in effetti l’accoppiata sembra felice: nel mondo delle Federazioni gli sponsor tecnici sono da sempre marchi dichiaratamente sportivi, con pochissimo interesse ad esplorare anche altri ambiti estetici, facendosi indossare fuori dalle piste. Moncler, pur avendo una competenza tecnica maturata sin dal 1952, anno della sua fondazione in un paesino nei pressi di Grenoble, si è sempre posta con serenità all’incrocio tra ricerca della prestazione, fissazione per il tecnicismo ed eclettismo stilistico, che non disdegna stampe e colori.

Guardando le foto di campagna, e poi quelle dei molti servizi fotografici dedicati,  dove Pinheiro Braathen indossa maglioni in lana grossa con ricami geometrici multicolor, salopette da sci in velluto a costine o giacche in pelle profilate in montone, non sembra esserci alcuna dissonanza tra l’atleta – spesso noto per le sue tute da sci colorate, che gli hanno causato anche diverse critiche per una supposta “mancanza di mascolinità” – e lo spirito del brand. Ed è una rarità, perché molto spesso gli atleti si fanno coinvolgere in partnership con brand di abbigliamento, guidati da una remunerazione importante, e però senza esser equipaggiati di una sincera passione per la moda.

Una partnership che si è rinnovata proprio oggi, oggi che Moncler ha comunicato il suo ritorno alle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina, dopo quasi sessant’anni dall’ultima apparizione olimpica del brand a Grenoble, come sponsor ufficiale del Comitato Olimpico Brasiliano e sponsor tecnico della Federazione Brasiliana degli sport sulla neve. A questo riguardo, Pinheiro l’atleta ha affermato che «Moncler è stato un vero punto di riferimento nel mio percorso verso le Olimpiadi. Non solo per la loro competenza tecnica, ma perché hanno creduto in me dal primo giorno, ancor prima dei risultati. Mi hanno permesso di rimanere concentrato su chi sono e su ciò che voglio costruire, affiancandomi con la loro visione e un profondo rispetto per la mia identità come atleta e come essere umano. Fin dall’inizio c’è stata una connessione autentica basata su valori condivisi, quali libertà, creatività, impegno per raggiungere l’eccellenza e la convinzione che l’unicità sia la nostra forza più grande. Negli ultimi due anni abbiamo instaurato una collaborazione solida e sincera, che va ben oltre la performance».

Nello specifico la sua tuta, pensata proprio insieme al contributo di Pinheiro Braathen  avrà «un’estetica ispirata alla bandiera brasiliana, un omaggio alla cultura del Paese e alla personalità solare che contraddistingue l’atlteta in ogni gara», recita il comunicato che annuncia la partnership. E in effetti intendere la moda come spazio di sperimentazione, libero dagli schemi rigidi – e volte abbastanza maschilisti – dello sport, è una missione nella quale Pinheiro è di certo facilitato dalla sua infanzia a cavallo tra culture diverse: questo non vuol dire che non sia una missione complicata, o meno necessaria. E in effetti Lucas ha raccontato che la sua passione per la moda viene anche dal desiderio di sfidare preconcetti e pregiudizi: in passato è stato criticato anche dalla stampa italiana per la sua scelta di indossare dei Moon Boot sul podio.

«Sono cresciuto con mio padre che me li faceva indossare da bambino, passeggiavo per i villaggi e i resort sciistici europei con dei Moon Boot che erano alti la metà di me, e mi davano la possibilità di differenziarmi in un ambiente dove tutti indossavano le stesse tute da sci» ha detto a 032C . «Quando ho iniziato a sciare da professionista e ho vinto a livello internazionale, sono sempre salito sul podio con gli stivali indosso: mi ricordavano da dove sono venuto e parte del motivo per il quale sono diventato un atleta capace di vincere gare. Ma la stampa internazionale non approvava. Ci sono stati articoli, specialmente in Italia, che si chiedevano perché li indossassi, dicendo che mi sarei dovuto comportare come un atleta professionista, cioè vestirmi con le classiche tute da sci. Erano tipo “chi crede di essere?” Articoli del genere mi facevano venire voglia di sfidare quei pregiudizi fino al punto di rottura, e quando ho vinto la coppa del mondo nello slalom, ho avuto cura di indossare i Moon Boot sul podio». Con queste premesse, l’attesa per il suo guardaroba a febbraio, le discussioni – e si spera, le evoluzioni – che genererà nel mondo sportivo, sono attese tanto quanto i suoi risultati. E non solo dal Brasile, ma da tutto un sistema che ha disperatamente bisogno di respirare dell’aria nuova.

Photo Courtesy Moncler
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