Nel 2026 la NBA deciderà se espandersi, e tutti gli occhi sono puntati su Seattle e Las Vegas

Per ragioni diverse sarebbero le due candidate ideali, ma prima di passare all'azione la lega dovrà effettuare un'attenta analisi costi-benefici. Anche a tutela delle franchigie esistenti.
di Redazione Undici 17 Dicembre 2025 alle 14:22

I prossimi mesi saranno decisivi. Due città americane su tutte non vedono l’ora di entrare nel giro del grande basket: l’ultima parola spetta però alla NBA, che sta valutando i pro e i contro dell’espansione della lega con tutte le attenzioni del caso. “Stiamo lavorando insieme alle franchigie esistenti e monitorando il livello d’interesse attorno a quest’operazione”, ha spiegato il commissioner Adam Silver. “Dobbiamo approfondire l’impatto economico per le future piazze subentrati e quali caratteristiche formali e strutturali porterebbero con sé. A un certo punto del 2026, prenderemo una decisione”.

La notizia è nell’aria da diversi mesi, ma non si tratta di un processo semplice e per la prima volta la NBA si è sbilanciata sulle eventuali tempistiche. Le due principali candidate, che porterebbero il massimo campionato di pallacanestro da 30 a 32 squadre, sono note e confermate da Silver stesso: Seattle e Las Vegas, per motivi diversi. Lungo la costa ovest, i SuperSonics erano stati uno storico marchio sul parquet per decenni – arrivando anche a vincere l’anello nel 1979, l’unico prima del trasferimento della franchigia in Oklahoma, coi Thunder ora campioni in carica. “Sin City” invece non vanta alcuna tradizione nel basket professionistico, ma in tempi recenti ha assistito allo sviluppo di diverse avventure sportive di primo livello – dall’hockey al football, mentre il baseball si aggiungerà nel 2028. E per prendere le misure con la palla a spicchi, dal 2023 a oggi ha ospitato tutte le edizioni della neonata NBA Cup – l’ultima delle quali vinta proprio questa notte dai New York Knicks.

Insomma, i segnali ci sono tutti. Ma non basta, sottolinea Silver. A differenza dell’espansione geografica – il progetto per lo sbarco in Europa si fa sempre più concreto –, quella entro i propri confini rappresenta “una vendita di capitale nel mercato interno: comporta un’analisi economica estremamente complessa, che richiede sofisticate capacità di stime future”. Anche perché l’ingresso di due nuove franchigie potrebbe indebolire alcune fra quelle esistenti, in un contesto in cui soltanto de iure uno vale uno – ma introiti e miliardi alla mano, i Los Angeles Lakers non valgono certo i New Orleans Pelicans, tanto per dirne una. “Soltanto perché alcune piazze non fanno gli stessi ricavi di altre, non significa che quelle meno appetibili non meritino di essere franchigie NBA. Contano anche altri fattori: tradizione sportiva, spirito comunitario, opportunità competitive. Dobbiamo tenere conto anche di questo”.

Il punto chiave dell’analisi costi-benefici sarà confrontare le entrate generate dalle nuove franchigie con le perdite relative alla spartizione dei diritti multimediali – la stessa “torta” andrebbe divisa fra più partecipanti. In ballo ci sono miliardi di dollari, e la NBA non ha alcuna intenzione di sbagliare. Nel frattempo, Seattle e Las Vegas si trovano in standby. E aspettano di concretizzare un’occasione storica, coinvolgendo a più riprese i propri ampi bacini d’utenza. La voglia di basket non manca mai, il resto è da vedere.

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