Il ritorno di Thiago Silva in Europa, al Porto, è una storia romantica che piace davvero a tutti

I biancoblù erano stati il suo primo club europeo vent'anni fa
di Redazione Undici 20 Dicembre 2025 alle 19:33

C’è un valore romantico nel distacco, nella consapevolezza di lasciare andare un amore quando arriva il tempo giusto. Anche se si tratta del club del club del tua vita. Thiago Silva è nato con il cuore tricolore, anzi Tricolor, con quel bianco, rosso e verde di stampo italiano che dal 1902 avvolge fortune e sfortune del Fluminense. Il ritorno a Rio de Janeiro nell’estate del 2024 sembrava l’ultima tappa della carriera dell’ex difensore di Milan, Psg e Chelsea. Il classico nostos dell’eroe epico che dopo tante battaglie riabbraccia la società che lo ha cresciuto, magari con il grande obiettivo di alzare l’ultima coppa. E invece, a 41 anni, il brasiliano ha voluto concedersi l’ultimissima possibilità, firmando fino a giugno con il Porto.

Detta così, pare un piccolo scarabocchio a un carriera simmetrica, di quelle che quando le guardi sull’album delle figurine ti senti soddisfatto per il senso di completezza che ti regalano. Perché scegliere l’Europa dopo un finale così, nel suo Fluminense? Semplice, perché Thiago Silva a Rio ha concluso il suo compito ed era pronto a passare il testimone. Aveva deciso di aiutare il suo Flu in uno dei periodi più strani della sua storia, vincente sul campo, con una Copa Libertadores conquistata appena un anno prima, ma tremendo a livello finanziario: stipendi non pagati o versati in ritardo e spese tagliate dappertutto, pure sull’acqua calda. Ora che la situazione si è stabilizzata, può lasciare spazio ai più giovani. Voleva tornare a sentirsi una guida, quello che era stato per una vita e che forse gli era mancato negli ultimi mesi di Chelsea, quando la sua voce si era fatta più flebile, sepolta in un carillon fatto di spese pazze e rose da 40 e passa giocatori.

Il trasferimento al Porto, poi, assume comunque un tocco candido, da storia di Natale. I Dragoes, infatti, sono stati la sua prima squadra europea, quando poco più che bambino era arrivato in Portogallo per giocare nella formazione B. A notarlo, prima che seguisse Mourinho al Chelsea, era stato André Villas-Boas, uno che di ritorni se ne intende, dato che dopo una carriera da allenatore tra Europa e Cina, è rientrato nella città degli azulejos per fare il presidente. «Sono molto motivato perché voglio aiutare nel miglior modo possibile» ha rivelato ai canali ufficiali del club. Tradotto, vuole vincere il campionato. Il più felice di tutti è forse Francesco Farioli che mette un po’ di esperienza in un gruppo pieno di ragazzi.

 

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Dal punto di vista tecnico, il Thiago Silva di oggi è un difensore che gioca quasi esclusivamente d’anticipo. La lettura delle linee di passaggio, il senso della posizione e la capacità di orientare il corpo gli consentono di compensare una velocità sul lungo ormai ridotta. Non è più il centrale capace di rincorse disperate o recuperi in campo aperto, ma raramente si trova nella condizione di doverli effettuare. La sua forza sta proprio nel prevenire il pericolo prima che si sviluppi. Al Fluminense era il perno della linea difensiva, guidando i compagni con continui aggiustamenti, richiamando l’attenzione sulle marcature preventive e scandendo i tempi della salita o dell’abbassamento del reparto. Un allenatore in campo, capace di dare ordine a una squadra che basa molto del proprio gioco sul possesso e sull’organizzazione collettiva. In questo senso, la sua presenza eleva il livello dell’intero sistema difensivo, non solo attraverso gli interventi diretti ma tramite una leadership costante e silenziosa.

In fase di costruzione, Thiago Silva resta affidabile. Il primo controllo è pulito, la gestione del pallone sotto pressione è sicura e la scelta di passaggio quasi sempre razionale. Non forza giocate rischiose, ma sa verticalizzare quando necessario, soprattutto con passaggi tesi e precisi verso il centrocampo. Anche in questo aspetto emerge la sua maturità: meno spettacolo, più efficienza. Il buon Mondiale per Club disputato la scorsa estate ha rappresentato una conferma importante. Contro avversari di alto livello e con ritmi più intensi rispetto al campionato brasiliano, Thiago Silva ha dimostrato di poter ancora reggere il confronto sul piano internazionale, a patto che il contesto tattico lo supporti. Inserito in una struttura compatta, con distanze corte e una linea difensiva ben protetta, il suo rendimento resta elevato. Non a caso, la sua esperienza è stata decisiva nei momenti di maggiore pressione, quando la squadra ha dovuto gestire fasi prolungate senza palla.

 

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È evidente che oggi Thiago Silva non potrebbe sostenere il calcio ad altissima intensità di un top club europeo impegnato su più fronti, soprattutto in campionati come la Premier League. Tuttavia, il suo profilo potrebbe adattarsi perfettamente a contesti a ritmo più basso e maggiormente tattici, come quello portoghese. In un campionato dove il posizionamento, la lettura del gioco e l’organizzazione difensiva sono spesso più determinanti della pura intensità atletica, Thiago Silva potrebbe ancora offrire un contributo di alto livello. La sua carriera, ormai prossima alla conclusione, sta assumendo contorni sempre più legati alla trasmissione del sapere. Al Fluminense era un punto di riferimento per i giovani, un esempio di professionalità e cura del dettaglio. Ogni intervento, ogni scelta, racconta un calcio pensato prima ancora che giocato. Thiago Silva non è più il difensore dominante di dieci anni fa, ma è diventato qualcosa di altrettanto prezioso: un maestro della difesa, capace di rendere migliori tutti quelli che gli giocano accanto.

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