È tornato il derby di Sheffield

Sia lo United che il Wedsnesday sono insieme in Championship, il che significa che vedremo di nuovo lo Steel City Derby.

Leggenda narra che Sheffield, «la più brutta città del mondo antico» secondo George Orwell, sia stata costruita su sette colli esattamente come Roma. Con la capitale d’Italia condivide però anche la miseria di gioie calcistiche, pur avendo dato all’Inghilterra due delle sue squadre più longeve. Il derby tra Sheffield United e Sheffield Wednesday non è e probabilmente mai sarà equiparabile a quello di Manchester o ad Arsenal-Tottenham in termini di ricaduta d’immagine, di capacità d’attrazione mediatica, di trofei in bacheca. Nella massima divisione, oltretutto, manca da quasi un quarto di secolo. Eppure questa rivalità, iniziata in tarda epoca vittoriana, è universalmente riconosciuta come una delle più accese d’Oltremanica. Una classica del football che rivive quest’anno grazie all’ascesa dello United in Championship e al fallito ritorno del Wednesday in Premier League.

Entrambe le tifoserie sono rimaste fedelissime nonostante la prolungata assenza dal campionato più ricco e teletrasmesso del creato: nell’ultima stagione è accorsa a Hillsborough una media di oltre 27mila spettatori, mentre a Bramall Lane si è sfiorata quota 22mila. E dire che le due squadre mettono assieme appena cinque titoli nazionali, l’ultimo dei quali nel lontano 1930. «Sheffield è una città insulare, la meno cosmopolita di tutte le grandi città britanniche, con molto poco in cui investire invidia o passione – a parte il calcio», scrisse il giornalista locale Jonathan Foster sull’Independent nel 1993, quando entrambe le squadre duellavano nell’allora neonata Premier League. Niente di cui stupirsi: parliamo di uno dei grandi centri industriali del Nord che contribuì alla diffusione del calcio e che ha dato i natali allo Sheffield Football Club, la squadra più antica al mondo.

Sheffield Wednesday v West Ham United - FA Cup 3rd Round

Quello della (fu) città dell’acciaio non è un derby dalle implicazioni politiche o religiose o una lotta di classe tra borghesia e proletariato: il tifo per l’una anziché l’altra si tramanda di padre in figlio e può dipendere dal quartiere in cui si abita o dalle amicizie frequentate. Abbraccia tutte le fasce sociali, inclusa la working class in passato massicciamente impiegata nell’industria dell’acciaio come suggerisce la trama di When Saturday Comes e del più celebre The Full Monty, entrambi girati a Sheffield. Il legame col comparto siderurgico è stato così indissolubile che il primo nomignolo affibbiato al Wednesday fu blades, poi passato a indicare lo United, e che i tifosi della squadra più vecchia apostrofarono gli ultimi arrivati con l’appellativo di pigs – in riferimento al pig iron, la ghisa, meno pregiata rispetto all’acciaio puro.

Seppur separate da un reciproco odio, le due rivali hanno un capostipite da spartire nel loro albero genealogico. Tutto ha avuto inizio all’oggi demolito Adelphi Hotel, nella centralissima Norfolk Street: qui sono stati fondati lo Sheffield United Cricket Club (1854) e la costola calcistica del Wednesday, così chiamato perché i suoi giocatori avevano il mercoledì come unico giorno libero (1867). L’avvento del professionismo in Inghilterra sul finire del secolo cambiò per sempre il corso della storia: il Wednesday, che aveva aderito per scongiurare la drammatica prospettiva di un esodo dei suoi calciatori più dotati, cercò un nuovo campo da gioco. Il comitato di gestione di Bramall Lane, lo stadio dello United che nel frattempo aveva aperto i battenti al calcio e perfino al baseball, pretendeva una percentuale esorbitante sugli incassi delle partite e rimase a mani vuote. I consiglieri intuirono che il solo cricket non sarebbe bastato a garantire introiti sufficienti e favoleggiarono di una squadra di calcio ex novo: ironia della sorte, uno dei più fervidi sostenitori dell’iniziativa fu Charles Clegg, il “Napoleone del football”, presidente dello United e in precedenza numero uno del Wednesday. Dopo l’inatteso successo di pubblico per una semifinale di FA Cup, nel 1889 vide definitivamente la luce lo Sheffield United Football Club: una delle prime mosse fu lo scippo agli antagonisti della stella Bill Mosforth e di Jack Hudson, nominato per giunta subito capitano – altro che l’affaire Bonucci e i mitizzati “valori” di un calcio che non esiste più.

Sheffield United fans react as one of th

Sheffield Wednesday v West Ham United - FA Cup 3rd Round

La rivalità fu feroce ancor prima che le squadre scendessero in campo per la prima volta il 15 dicembre 1890, in quella che fu un’amichevole soltanto su locandine e articoli di giornale. In città, tuttavia, qualcuno mise perfino in dubbio che Sheffield potesse permettersi due società professionistiche. Una perplessità tornata più volte in auge – negli anni Novanta i presidenti Mike McDonald e Dave Richards arrivarono alla folle proposta della fusione in unico, grande club – ma smentita dai numeri: 82 delle 112 sfide di campionato si sono svolte in First Division o Premier League. Il derby di Sheffield annovera naturalmente sfide incancellabili che hanno fatto epoca, come il Boxing Day Massacre. Il giorno di Santo Stefano del 1979 una folla oceanica si riversò a Hillsborough nonostante l’insolito orario d’inizio (le undici di mattina) e i trasporti pubblici a singhiozzo: mai più si sono visti 49.309 spettatori a una partita di Third Division, dove entrambe erano sprofondate al termine di un decennio buio anche per l’economia dell’intera regione. Sotto la guida di Jack Charlton il Wednesday, fin lì attardato in classifica rispetto allo United, strapazzò a sorpresa 4-0 gli avversari finendo per scavalcarli e passare di categoria a loro spese. Erano, addirittura, più di 75mila quelli che riempirono gli spalti di Wembley per il derby nella semifinale di FA Cup dell’aprile 1993, fissata a Londra proprio su pressione dei sostenitori per soddisfare la maggior domanda di biglietti.

Di quei gloriosi primi anni Novanta sono rimasti giusto i ricordi piacevoli, le strisce biancorosse e biancoblu delle maglie, la sconfinata passione dei tifosi. Il resto è stato stravolto. È cambiata Sheffield, che una volta uscita dalla depressione postindustriale si è aperta al mondo – le sue due università contano un totale di 60mila studenti da ogni dove – e vanta perfino il più alto numero di alberi per abitante di tutta l’Inghilterra. È cambiata la nazionalità dei proprietari dei club, non più in mani esclusivamente inglesi: il Wednesday è stato rilevato dal thailandese Dejphon Chansiri, che controlla il principale produttore mondiale di tonno in scatola, mentre l’immobiliarista Kevin McCabe condivide le quote dello United con il principe saudita Abdullah bin Musa’ed. È cambiata, inevitabilmente, la politica societaria: niente più ingaggi faraonici (le 40mila sterline a settimana percepite da James Beattie allo United), scellerate operazioni di mercato (la cessione di Paolo Di Canio al West Ham per un terzo di quanto era costato al Wednesday) o improbabili iniziative commerciali all’estero (i 19 milioni di sterline persi da McCabe nell’investimento sul club cinese Chengdu).

Sheffield Wednesday v West Ham United - FA Cup 3rd Round

Sheffield United v Fulham - FA Cup Fourth Round

Risale a cinque anni fa l’ultimo incrocio: finite nuovamente in terza serie, le acerrime rivali avevano sottoscritto per quella stagione un accordo inedito nel calcio inglese che prevedeva lo stesso sponsor sulle rispettive maglie da gioco. Quasi come nell’annata 1979/80, il Wednesday con un colpo di coda guadagnò la promozione diretta sul filo di lana, lo United – che nella volata finale dovette rinunciare al centravanti Chad Evans, condannato per violenza sessuale – si arrese solo ai rigori nella finale playoff contro l’Huddersfield Town. Lo stesso che, curiosamente, a maggio ha eliminato l’altra squadra di Sheffield dal dischetto in semifinale di Championship prima di fare rotta verso Wembley e la Premier League.

Al derby di andata in calendario a settembre si sfideranno avversarie con ambizioni e formazioni assai diverse. Il Wednesday punta senza mezzi termini a salire in Premier, dopo due qualificazioni consecutive ai playoff, e ha un profilo internazionale con un manager portoghese (Carlos Carvalhal), un capitano olandese (Glenn Lovens) e il compito di gonfiare le reti affidato a un italoargentino (l’ex enfant prodige genoano Fernando Forestieri) e a uno scozzese (Steven Fletcher). Più patriottica l’impronta dello United allenato da Chris Wilder, uno che ha ben conosciuto da giocatore l’aria di Bramall Lane: tra i tantissimi inglesi in rosa svetta il capitano Billy Sharp, nato proprio a Sheffield. E nella lista figurano pure due calciatori con trascorsi nel Wednesday – gli attaccanti Leon Clarke e Caolan Lavery. Nulla di nuovo, a ben pensarci, da quella sfida prenatalizia di 127 anni fa.

 

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